I leader cattolici, dal Cardinale Maradiaga allo stesso Papa Francesco, quest’anno hanno fatto notizia con le loro critiche alle presunte economie di libero mercato, paragonandole ad una forma di idolatria che sfrutta i poveri e nega loro l’accesso alle ricchezze. Partendo dal fatto che la dottrina sociale cattolica enfatizza l’assistenza e l’aiuto ai meno fortunati, sacerdoti come Maradiaga hanno preso di mira le “cause strutturali della povertà”.
I fulmini contro il libero mercato del cardinale diventano problematici quando si tratta di vedere quali sono queste cause. Difficilmente lo si può biasimare quando dice che qualcosa non va bene nelle relazioni tra ricchi e poveri, ma è nella sua fede nell’intervento esplicito dello stato che sta l’“inganno”. Ironicamente, il “libero mercato” che Maradiaga denuncia con tanta sincerità è esso stesso un prodotto di una profonda e sostenuta imposizione da parte dello stato le cui dimensioni raramente sono riconosciute come tali. Dunque, per non cadere nella trappola in cui è caduto Maradiaga, e cioè andare contro il libertarismo in principio senza capire davvero il sistema economico che sottintende, è bene specificare che l’espressione “libero mercato” viene interpretata in due modi diversi.
Per libero mercato non bisogna intendere la forma particolare di dominio corporativo mondiale che oggi vediamo tutto intorno a noi. C’era tutta una tradizione, quella anarchica e individualistica un tempo fiorente negli Stati Uniti, per la quale libero mercato significava semplicemente scambio volontario tra individui dotati di sovranità, pari diritti e libertà. Se si aderisce a questo sistema con coerenza, sostenevano questi anarchici, il risultato è una distribuzione della ricchezza e della proprietà più equa e con meno differenze, e questo porrebbe fine efficacemente allo sfruttamento dei poveri lavoratori.
Molti dei libertari di libero mercato di oggi continuano questa tradizione, sostengono che libertarismo non deve significare né difesa del capitalismo corporativo né un suo surrogato retorico ed eufemistico. Per noi, libero mercato significa un sistema in cui ogni individuo è lasciato libero di fare quello che può entro i limiti posti dalla pari libertà: ovvero, tutti gli individui stanno nella stessa posizione, sono liberi di agire, hanno la stessa possibilità di intraprendere un’attività, occupare una proprietà inutilizzata, vendere i propri servizi o i propri prodotti.
Un tale sistema, accoppiato all’assenza di aiuti alla grande industria, significherebbe enormi opportunità di esprimersi con i propri mezzi e abbondanza di lavoro autonomo, e questo porterebbe ad un cambiamento drammatico del potere contrattuale. Le grandi industrie non avrebbero più il diritto esclusivo di offrire una paga misera “prendere o lasciare”, perché un individuo libero potrebbe sommariamente decidere di “lasciare”. Con la disintegrazione del monopolio fondiario statale, con la possibilità per chiunque di emettere liberamente valute alternative, una volta abolite normative e licenze, nessuna attività economica potrebbe assumere dimensioni notevoli se non servendo fedelmente la clientela.
Questo è ciò che moltissimi di noi libertari intendono per libero mercato. Non siamo più innamorati del potere corporativo o del capitalismo di quanto non lo sia il cardinale Maradiaga o gli americani di sinistra; anzi, molti di noi sono molto più critici dell’attuale sistema economico di quanto non lo sia chiunque altro nella sinistra progressista tradizionale. Se c’è un problema che affligge l’attuale pensiero libertario, in realtà, è l’allontanamento dai principi di libero mercato, non la devozione “estrema” o “spietata”.
Ci sono pochi dubbi sul fatto che il cuore del cardinale Maradiaga stia dalla parte giusta, che la sua preoccupazione riguardo le differenze di ricchezza e la sua compassione per i bisognosi siano genuine. Ma l’opposizione libertaria all’aggressione in tutte le sue forme, comprese le azioni apparentemente legittime dello stato, non è del tutto antitetica a quelle preoccupazioni.
La povertà sistematica e lo sfruttamento sono il frutto dell’aggressione. I cattolici dovrebbero essere cauti davanti alla caratterizzazione del libertarismo fatta da Maradiaga, un libertarismo che giustifica avidità e miseria diffusa. Se davvero il libertarismo fosse così, anche molti libertari di mia conoscenza gli si opporrebbero.