Benjamin Tucker sull’anarco-capitalismo

Di Charles Johnson. Originale pubblicato il 26 agosto 2015 con il titolo Benjamin Tucker on Anarcho-Capitalism. Tradotto in italiano da Enrico Sanna.

Questo articolo è stato scritto da Charles Johnson e pubblicato sul suo sito personale Rad Geek People’s Daily il primo dicembre 2007.

Va da sé che Benjamin Tucker non poteva avere un’opinione diretta sull’“anarco-capitalismo” perché il termine è stato coniato molti anni dopo la sua morte, decenni dopo il suo abbandono della politica radicale. Aveva però molto da dire sulla relazione tra anarchismo, socialismo e capitalismo, e credo che valga la pena sentirlo.

La questione è interessante come curiosità storica, ma anche in parte perché può aiutare a capire un argomento che ha prodotto soprattutto diatribe. Ci sono anarchici anticapitalisti, perlopiù comunisti o collettivisti, che vanno su tutte le furie quando sentono che filocapitalisti antistatalisti come Murray Rothbard o David Friedman si definiscono “anarco-capitalisti”, o che semplicemente si riconoscono in una qualche forma di “anarchismo”, o ancora che considerano l’anarco-capitalismo parente stretto dell’anarchismo individualista di libero mercato di Benjamin Tucker, Lysander Spooner, Victor Yarros e così via. Oggetto tipico di queste imprecazioni internettiane sono ovviamente i capitoli F e G delle Anarchist FAQ “anarco-sociali”: il dibattito riguarda questi punti, o comunque li tocca spesso. Segue una discussione accesa sulla natura dell’anarco-capitalismo: è una variante dell’anarchismo, o è solo antistatalismo di destra mascherato da anarchismo? Tutto ruota attorno al concetto di tradizione anarchica. Le questioni sono due: 1) una posizione filocapitalista è coerente con gli elementi essenziali tradizionali dell’anarchismo? e 2) l’anarco-capitalismo è parte legittima dell’anarchismo o si tratta di un’ideologia indipendente, sostanzialmente aliena, che ha sgraffignato alcuni termini e slogan dall’anarchismo tradizionale? È qui che l’anarchico individualista viene trascinato nella diatriba.

Anarchici sociali e anarco-capitalisti si contendono l’eredita degli anarchici individualisti tra Ottocento e inizio Novecento. Gli anarco-capitalisti fanno notare come nella cerchia di Liberty si ponga spesso l’accento sul libero mercato, la libera concorrenza, la proprietà individuale e la lotta contro il comunismo. Gli anarchici sociali rispondono facendo notare che Tucker e altri si ritengono “socialisti”, criticano fortemente le classi capitaliste e latifondiste, parteggiano per forme nonviolente di militanza sindacale e vedono nel prestito a interesse, nella rendita terriera e nel prestito di capitale a profitto un privilegio inventato dallo stato a favore delle classi abbienti. Non voglio qui dilungarmi in discussioni esegetiche. Di questioni semantiche parlo altrove (1, 2, 3, etc.); Roderick ci ha scritto un paio di articoli eccellenti su Austro-Athenian Empire (2007-04-01): Against Anarchist Apartheid e più di recente su Austro-Athenian Empire (2007-11-11): Voltairine de Cleyre, Anarcho-capitalist? Per ora basti dire che entrambe le parti hanno sostanzialmente ragione e torto: molti anarco-capitalisi sono ferocemente selettivi, stravolgono gli individualisti così da nascondere o negare gli aspetti socialisti dei loro concetti di classe, privilegio e sfruttamento. Anche gli anarchici sociali, però, smussano le posizioni degli individualisti, così che Tucker, Spooner, Yarros, de Cleyre e altri appaiono più monolitici di quanto non fossero, molto meno proprietaristi e più in sintonia con il socialismo collettivista e comunista. D’altro canto, gli anarchici sociali danno un’interpretazione impietosa dell’anarco-capitalismo, molto lontana dalle interpretazioni di Karl Hess e Murray Rothbard ai tempi di Left and Right e Libertarian Forum, che francamente dovrebbero sentirsi in imbarazzo a presentarla pubblicamente.

Ad ogni modo, io che sono un anarchico individualista, e non un anarco-capitalista o un anarchico sociale, non prendo parte alla discussione se non per dire che è noioso vedere le due parti che battibeccano sulle tendenze individualiste all’interno del movimento come se si trattasse dell’eredità della nonna. Non abbiamo bisogno di anarco-capitalisti o di anarchici sociali che parlino per noi, possiamo ancora farlo noi. Interpretazioni a parte, ci sono due cose che gli anarchici sociali dicono a proposito della “tradizione anarchica” che è bene approfondire.

La prima è che escludere lo stato è indispensabile ma non sufficiente per arrivare a un anarchismo vero; la seconda è che tradizionalmente per un anarchico abolire lo stato non basta se non si combatte aspramente il capitalismo; l’anticapitalismo è parte essenziale di ogni vero anarchismo tradizionale tanto quanto l’antistatalismo. Da qui fiumi di inchiostro versati per rimarcare che Benjamin Tucker si definiva anarchico e socialista, che per gli individualisti il lavoratore salariato è sempre sfruttato dal datore di lavoro, che contro il latifondismo vale il diritto di appropriazione per occupazione (squatter), e che lo strapotere economico di capitalisti, latifondisti e baroni del denaro si fonda su privilegi governativi e in un vero mercato libero scomparirebbe (anche se non capisco come facciano a dire che tutto ciò è in contrasto con Karl Hess o con il Rothbard di Confiscation and the Homestead Principle). È certamente vero che Tucker e i suoi si consideravano socialisti individualisti con una forte enfasi sul socialismo. Ma quanto dell’anarchismo di questi anarchici storici coincideva con quello che gli attuali anarchici sociali definiscono anarchismo, quanto c’è delle caratteristiche essenziali della tradizione anarchica?

Di recente, Roderick ha pubblicato un buon pezzo sull’atteggiamento di Voltairine de Cleyre nel suo primo periodo anarchico individualista. (La de Cleyre in seguito cambiò posizione facendo capire di essersene allontanata, una fase interpretata come conversione anarchico-comunista dagli anarchici sociali. In realtà, adottò una forma di panarchismo economico in cui comunità individualiste e comuniste potevano convivere.). In un articolo pubblicato su Liberty nel 1890, poi ristampato su Instead of a Book, Tucker risponde ad un tentativo di definire il socialismo e l’anarchismo fatto sul periodico radicale The Twentieth Century di Hugh Pentecost. Il grassetto è mio.

Vediamo come Twentieth Century definisce l’anarchismo. Cito a memoria dato che non ho davanti a me il numero in questione. In sostanza, pensa che la cooperazione sia un tratto essenziale dell’Anarchismo, il che è un’interpretazione sbagliata del Socialismo. La cooperazione non è meno essenziale all’Anarchismo di quanto non sia la forza per il Socialismo. Il fatto che la maggior parte degli Anarchici credano nella cooperazione non è ciò che li rende, appunto, Anarchici, così come il fatto che la maggior parte dei Socialisti credano nella forza non è ciò che li rende Socialisti. Il Socialismo non è né a favore né contro la libertà. L’Anarchismo è per la libertà mentre per tutto il resto non è né a favore né contro. L’Anarchia è la madre della cooperazione… così come la libertà è la madre dell’ordine; ma in termini definitori la libertà non è ordine né l’Anarchismo cooperazione.

Io definisco l’Anarchismo la fede nella massima libertà compatibilmente con un’equa libertà; ovvero, la fede in una libertà assoluta che escluda la libertà di invadere.

Secondo Twentieth Century, il Socialismo esclude l’Anarchismo, mentre secondo Liberty un Socialista può o non può essere Anarchico e un Anarchico può o non può essere Socialista. Con meno rigore scientifico possiamo dire, brevemente e a grandi linee, che il Socialismo è la lotta contro l’usura e l’Anarchismo è la lotta contro il potere. Questi due eserciti, Socialismo e Anarchismo, non sono la stessa cosa né si escludono: semplicemente hanno dei punti in comune. La destra dell’uno è la sinistra dell’altro. Il pregio e la superiorità del Socialista Anarchico, o Anarchico Socialista come egli si definisce, sta nel fatto di lottare in quell’ambito comune alle due parti. Per certi versi, gli Anarchici sono anche Socialisti, se pensiamo che l’usura necessita del potere, e che distruggere l’una significa distruggere anche l’altro. Ma non pare appropriato definire Socialista una persona che è tale inconsciamente, senza volerlo. ~ Benjamin Tucker, Armies that Overlap, Instead of a Book. ¶¶ 10–12.

Tucker era notoriamente restio anche all’uso del termine “anarchico”. Persone dichiaratamente comuniste antistataliste come Johann Most, dei martiri di Haymarket, in realtà non erano anarchici, diceva, ma solo alterstatalisti che avevano usurpato il termine dai sostenitori della proprietà individuale e del libero mercato. È interessante notare qui come Tucker, pur ponendosi nell’ambito socialista, considera esplicitamente “anarchico” chiunque si opponga allo stato anche se rifiuta il socialismo e tollera o approva l’“usura” capitalista. Apparentemente, Tucker riconosce come giustamente anarchico l’anarco-capitalismo ma non numerose varianti dell’anarchismo sociale. Se fosse l’individualista ottocentesco che divide le pecore dalle capre, e non un pugno di anarchici sociali dell’ultim’ora che pretende di fare la divisione per loro evitando le trame anarco-capitaliste, il panteon anarchico sarebbe molto diverso: dei due Murray, Rothbard starebbe probabilmente dentro e Bookchin fuori.

Un risultato interessante. E non perché Tucker avrebbe avuto ragione: il fatto che Tucker usasse quel termine allora non significa che altrettanto facessero gli altri, o che tutti debbano fare così oggi. Dopotutto, io sicuramente non ho problemi a dire che Most o Albert Parsons o Kropotkin sono anarchici, anche se su certi punti Tucker è nel giusto e loro nel torto. Credo però che, quando ci si richiama alla tradizione anarchica, sia importante verificare che ogni discorso sulla continuità e le caratteristiche essenziali sia confermato da ciò che gli anarchici tradizionali dicevano di se stessi, e non sia invece una proiezione di ciò che si pensa debbano essere le loro caratteristiche essenziali. Visto come Tucker definiva l’anarchismo e gli anarchici, non credo che le discussioni degli anarchici sociali gli abbiano fatto un gran bene, almeno per quanto riguarda gli individualisti che facevano capo a Liberty.

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