Il grande H. L. Mencken definì il puritanesimo “la paura oppressiva che qualcuno da qualche parte si stia divertendo.” Io non vado nella New York di Michael Bloomberg da più di un decennio, ma se dovessi mai atterrare domani all’aeroporto LaGuardia non mi sorprenderei se ad accogliermi ci fossero poliziotti usciti dal quadro di Tompkins Harrison Matteson, “Il Processo per Stregoneria a George Jacobs di Salem”.
Quando non sono impegnati a bandire il tabacco stanno bandendo i grassi transgenici. Quando non bandiscono i grassi transgenici lo fanno con le bibite in formato maxi. E se bocciano il bando delle bibite, il loro prossimo obiettivo sono le sigarette elettroniche. “Per la salute pubblica!” è la forma moderna di “Ho visto Sarah Good con il demonio! Ho visto Good Osburn con il demonio! Ho visto Bridget Bishop con il demonio!”
Se non credete a me, credete ai politici che hanno votato l’estensione del bando del fumo fino a farlo diventare “non fuma, ma sembra che fumi se sei proprio, proprio, proprio stupido”.
Il portavoce del consiglio cittadino Christine Quinn non cita preoccupazioni vere e proprie per la salute quando spiega il suo supporto al bando delle sigarette elettroniche. Semplicemente asserisce, invece, che sarà più difficile applicare il divieto di fumare se non è al tempo stesso illegale fare qualcosa che un poliziotto cieco, sordo e mentalmente ritardato, che in quel momento è fatto di crack, potrebbe scambiare per fumo.
Poiché questa giustificazione è chiaramente abborracciata, svela la ragione vera: “Pochissime persone si sentono a disagio quando dici che non possono fumare in pubblico. Noi su questo non vogliamo indietreggiare.” In altre parole, se non mettono al bando le sigarette elettroniche i newyorchesi potrebbero ricredersi sulla possibilità che Christine Quinn gestisca la loro vita. Attenzione, Will Robinson! Attenzione!
Il consigliere James Gennaro e il membro della “commissione salute” Thomas A. Farley parlano dell’assenza di un bando delle esalazioni di vapore contenente un quinto del potenziale tossico del “fumo di seconda mano” come di una scappatoia. “Vediamo che queste sigarette (sic) stanno cominciando a diffondersi, e questo è inaccettabile,” dice Gennaro. Mi dicono di persone che fumano queste sigarette (sic – non sono sigarette, e non vengono ‘fumate’, quello che vuole dire davvero è ‘Mi dicono di persone che vivono la loro vita senza consultarmi e genuflettersi davanti a me’) nelle biblioteche pubbliche. Di sicuro si stanno diffondendo nei ristoranti e nei bar.”
Ovviamente non è giusto attribuire tutto ciò unicamente ai complessi di onnipotenza di sociopatici come Quinn, Gennaro e Farley. Di mezzo ci sono anche i soldi. Molti soldi: 1,50 dollari in tasse per ogni pacchetto di sigarette “vere” vendute legalmente (circa il 60% delle sigarette sono contrabbandate per schivare i più che entusiasti passatori della città: i politici), più tutto quello che lo stato riesce a convogliare dai 4,35 dollari a pacchetto verso le tasche di Quinn, Gennaro e compagni.
È una questione di controllo. È una questione di soldi. Quel che è più che certo è che non ha niente a che vedere con la “salute pubblica”.
Questo non significa che le sigarette elettroniche sono senza rischi. È probabile di no: i pochi studi fatti finora suggeriscono che potrebbero esserci rischi minori (un intero ordine di grandezza meno severi di quelli associati alle sigarette “reali”).
Ma è fuori da ogni ragionevole dubbio che le sigarette elettroniche siano più sicure del tabacco. Così come non c’è dubbio che le sigarette elettroniche siano tra gli strumenti più efficaci per uscire dal vizio. Questo è un colpo duro ai fondi neri di Quinn e Gennaro: 1,50 dollari in meno per ogni pacchetto non fumato. Significa che il guinzaglio che Quinn e Gennaro e Co. hanno faticato tanto a mettere al collo dei newyorchesi si allenterà un po’, almeno fino al prossimo bando.
I newyorchesi hanno tutto da perdere dalla messa al bando delle sigarette elettroniche. E tutto da guadagnare dalla scomparsa dei “loro” amministratori cittadini.