L’argomento forte di Carly Fiorina, come candidato repubblicano alla presidenza per il 2016, è che lei è esterna alla politica. Atteggiandosi a vero sfidante di Hillary Clinton, la Fiorina non perde occasione per accusarla di essere un politico di carriera. E ha ragione. Durante una recente apparizione su Fox News, ha citato un sondaggio secondo cui l’ottanta percento degli americani crede che esista una “classe di politici professionisti”. È confortante vedere che gli americani stanno aprendo gli occhi davanti alla realtà di una élite politica familista e inamovibile, ma è anche sconfortante vedere che la Fiorina non considera allo stesso modo se stessa e i dirigenti aziendali come lei.
Alle origini del problema è il fatto che non si ammette l’unione, chiamata anche capitalismo, tra stato e aziende. La Fiorina, e molti altri presunti sostenitori del libero mercato della destra, fa distinzione netta tra settore pubblico e impresa privata. Una distinzione illusoria. Prendiamo ad esempio la Hewlett-Packard, che la Fiorina cerca di far passare come suo punto forte essendone stata l’amministratore delegato dal 1999 al 2005. Come altri mostri aziendali, la HP è un’inutile parassita che deriva gran parte dei suoi profitti, direttamente o indirettamente, dalla mangiatoia di stato.
Il fatto che la HP da tanto tempo vada a letto con il governo degli Stati Uniti e del resto del mondo colloca il suo ex amministratore delegato Fiorina esattamente in quella classe di politici professionisti che lei condanna aspramente.
In un articolo del 1995 intitolato Dove Tagliare la Spesa, Walter Williams notava come il Congresso avesse dato quasi mezzo miliardo di dollari a due colossi aziendali, HP e Eastman Kodak, per produrre nuovi sistemi di immagazzinamento. Questo è fascismo economico, non un’attività privata. E la HP ci campa da tanto.
Carly Fiorina non era esente da corruzione e regalie pubbliche (forse una tautologia). Da amministratore delegato, ha accumulato una montagna di sanzioni del dipartimento della giustizia. Visto che dà tanta importanza al suo ex lavoro, non sembra che abbia avuto tanto successo nel gioco di aiuti reciproci stato-impresa. Finalmente, dopo aver fatto perdere 28.000 posti di lavoro con la fusione tra HP e Compaq, è stata fatta fuori. Nel 2010, durante la corsa per il senato californiano, la Fiorina ha visto i forzieri della HP aprirsi per i democratici, e paradossalmente il suo avversario Barbara Boxer è diventata sua complice criminale.
La HP era culo e camicia con lo stato molto prima dell’arrivo della Fiorina, e tale è rimasta anche dopo. Alle elezioni del 2012, il partito Samajawadi di Uttar Pradesh è arrivato al potere promettendo un laptop gratis per tutti. Come ha potuto mantenere la promessa? Ordinando un milione e mezzo di pezzi dalla HP a spese dei contribuenti. Il fatto ha beneficiato enormemente la HP, la cui quota di mercato in India è salita del 7% in appena pochi mesi.
Nel 2013, la HP ha battuto il record del contratto unico di forniture informatiche allo stato: 3,5 miliardi di dollari per un sistema di comunicazioni della marina militare americana. Questo pone la HP nell’elenco di imprese clientelari dell’apparato industriale militare, fianco a fianco con la Lockheed Martin, la Boeing e la Raytheon, che non vogliono altro che spennare i contribuenti americani in cambio della prossima grande arma di distruzione di massa.
Nel 2014 la HP ha ammesso di aver corrotto i pubblici ministeri al fine di mantenere un contratto di forniture tecnologiche con la Russia. Perciò la Sec le ha imposto una sanzione di 58,7 milioni di dollari. Il caso faceva parte di uno scandalo più vasto, per il quale la HP ha pagato 108 milioni in sanzioni varie, per casi di corruzione in paesi come il Messico e la Polonia.
Viene da chiedersi se la HP abbia una qualche attività economica legittima. Apparentemente no. Certo i suoi prodotti non rientrano nella serie. Sul suo sito, si vanta di avere “un paniere di brevetti tra i più grandi al mondo”. Come per tutte le grandi imprese protette dallo stato, il successo della HP deriva in gran parte dalla scarsità artificiale garantita dallo stato tramite i diritti di proprietà intellettuale.
Se alle prossime elezioni la Fiorina vorrà vantare le sue qualità di manager, dovrà almeno riconoscere il suo ruolo all’interno della HP e includere se stessa tra i politici di professione che tanto biasima.