Pare che gli ultra-trentacinquenni non amino altro che sentirsi dire che internet, e il rapido sviluppo culturale sviluppatosi in parallelo, è stato un terribile sbaglio le cui ripercussioni ci perseguiteranno. E poi c’è il mare di scribacchini opportunisti, tutti allineati nel descrivere questo loro spasmo generazionale reazionario come la voce contraria della ragione.
Dicono che occorre un’élite, che chi parla di ingiustizie nelle comunità online è andato avanti per fin troppo tempo, che i sistemi decentrati sono troppo complessi e incomprensibili, che Chelsea Manning e quegli attivisti a cui sta a cuore la libertà su internet sono il paravento dei fratelli Koch, eccetera. Argomenti tanto assurdi quanto arroganti. Ma le recenti dichiarazioni di Jaron Lanier sulle pagine di Quartz meritano sicuramente la coppa.
Lanier, un temuto ex programmatore arricchitosi con la “proprietà intellettuale”, ora rastrella denaro dicendo agli yuppie elitisti che internet è stato una brutta idea. Nel suo ultimo pezzo sostiene che se il capitalismo si rifiuta di ridistribuire la ricchezza accumulata grazie all’automazione, e se con serragli come Facebook abbiamo subito la perdita del diritto alla riservatezza, la soluzione (come poteva essere altrimenti?) sta nel rafforzamento della “proprietà intellettuale”.
Secondo Lanier, se abbiamo perso la privacy è perché non abbiamo protetto la proprietà intellettuale. Al contrario, la causa di questa perdita sono proprio le leggi e gli strumenti a difesa della proprietà intellettuale. Pensate all’incredibile concentrazione di ricchezza, garantita dalla proprietà intellettuale, che ha avuto come conseguenza la nascita di serragli come Facebook e Google. Secondo Lanier, inoltre, la progressiva scomparsa degli intermediari nel flusso delle informazioni ha portato alla perdita per sempre di quei posti di lavoro che costituivano il grosso della classe media, e questo condanna al fallimento la classica democrazia americana.
Buon fallimento, allora. Essendo nato in una famiglia senza casa, non ho mai capito i richiami scandalizzati alla santità della classe media. Gli orrori di chi vive in povertà vengono prima. In un certo senso, però, anche se in maniera contorta, tutto questo ha un senso se quello che cerchi è la conservazione dell’attuale orribile società. Ovvero se la tua priorità massima è la conservazione di quel grosso blocco elettorale imbambolato che ha reso possibili i distopici anni cinquanta. Ovvero ancora se preferisci mantenere stabili le relazioni di potere invece di alleviare le sofferenze di coloro che sono impoveriti e tenuti in condizioni di arretratezza da restrizioni sistematiche e barriere all’informazione.
Eppure il richiamo di Lanier ad un sistema di classe di sessant’anni fa, che come obiettivo principale aveva la garanzia di un lavoro a tempo pieno piuttosto che una distribuzione razionale della ricchezza generata dal sistema, è così datato e marcio che stupisce che ci sia qualcuno disposto ad ascolarlo.
Il problema è che i drammatici avanzamenti in termini di efficienza non si traducono in lavoro part-time o in progetti che rendano più del lavoro a tempo pieno, e questo è dovuto alla ridicola concentrazione dei capitali che distorce il mercato e intrappola il profitto negli strati più alti della società. La proprietà intellettuale, assieme alle barriere sistematicamente imposte alla conoscenza, ha avuto un ruolo importante, se non determinante, nella creazione del nostro sistema oligarchico. La proposta di Lanier potrebbe, in un mondo privo di corruzione, assicurare un certo grado di stabilità aggiuntiva per pochi eletti, ma in genere significa gettare benzina sul fuoco dell’oligarchia che sta razziando la nostra economia.
Ognuno di noi è dotato di creatività intellettuale e, se gli diamo tempo e spazio per esprimersi, la sua creatività va a beneficio di tutti. Gli uomini sogneranno e scopriranno sempre nuovi concetti, forme artistiche e descrizioni matematiche. Invece di avere un’élite che persegue queste passioni a tempo pieno con mezzi scandalosi, dovremmo assicurarci un mondo di relazioni orizzontali in cui ognuno è pagato abbastanza per lavorare meno e avere più tempo e modo di sviluppare la propria creatività. E poi chi mai preferirebbe vivere come uno degli “intermediari” di Lanier? Chi vorrebbe svolgere un compito non necessario, diventare parassita di quel sistema basato sulla violenza, la censura e il controllo, e che fa da sfondo alla “proprietà intellettuale”?