Il sette aprile, il New York Times (Bernice Dahn, “Yes, We Were Warned About Ebola”) ha fatto questa rivelazione: l’epidemia di Ebola in Liberia era stata adeguatamente annunciata, ma nessuno era giunto alla giusta conclusione e nessuno aveva agito di conseguenza perché le informazioni necessarie erano nascoste in un articolo a pagamento pubblicato da una rivista accademica. L’articolo, pubblicato su Annals of Virology, avvertiva nel 1982 che, già dalla sua scoperta alla metà degli anni settanta, il virus era ormai endemico nella Liberia nordoccidentale. Purtroppo, nessuno in Liberia ci fece caso perché scaricare l’articolo costava 45 dollari, circa mezza paga settimanale di un medico liberiano.
Aaron Swartz combatté coraggiosamente per liberare la ricerca accademica da questi recinti corporativi, e a causa dei suoi sforzi fu spinto al suicidio da un pubblico ministero bigotto ossessionato dal desiderio di aggiungere un’altra condanna di alto profilo al suo curriculum. Si può dire che questo fu un altro esempio di come la “proprietà intellettuale” uccide.
Come se non bastasse il contributo dato dal fatto di aver nascosto un articolo dietro un accesso a pagamento, l’epidemia di Ebola, che ha ucciso diecimila persone, è aggravata dal fatto che la distribuzione dei vaccini è impedita da una disputa sul brevetto. Anche se a possedere il brevetto è lo stato canadese, la società a cui è stato concessa la licenza ha impedito la distribuzione del vaccino per paura di perdere il controllo sul suo sviluppo.
Questo è solo l’ultimo esempio di una lotta in corso. Da anni la distribuzione di medicinali gratis, come quelli per l’aids, ha costituito materia di contenzioso tra i governi di paesi del terzo mondo e le compagnie farmaceutiche americane.
L’amministrazione Obama sta cercando, ostinatamente, di far passare regole globali sulla “proprietà intellettuale” che non farebbero altro che peggiorare il problema. L’Accordo Trans-Pacifico, è un accordo che ha come principale forza propulsiva le aziende americane, proprietarie di copyright e brevetti, che agiscono tramite i loro tirapiedi noti come Rappresentanti per il Commercio per gli Stati Uniti. Questo accordo rafforzerebbero le leggi internazionali sui farmaci brevettati, portandole al livello degli standard americani. Questo significa estendere la possibilità di rinnovo perpetuo dei brevetti, così che questi non scadrebbero mai. E molti farmaci generici salvavita, attualmente disponibili in molti paesi in via di sviluppo grazie a leggi locali, diventerebbero fuorilegge.
Al centro di questi cosiddetti “accordi di libero mercato” è l’imposizione, per conto dei colossi industriali che dipendono dalla “proprietà intellettuale” per i loro profitti, di una forma di protezionismo molto più costrittiva e dannosa dei dazi. La “proprietà intellettuale” ha la stessa funzione che avevano i dazi doganali un secolo fa, solo che oggi le aziende hanno dimensioni globali più che nazionali, e le barriere protezionistiche vengono erette attorno alle aziende più che attorno agli stati. In entrambi i casi, però, protezionismo significa il diritto di vendere certi beni in certi mercati in regime di monopolio.
I brevetti sui farmaci uccidono milioni di persone, e se i porci dell’Accordo Trans-Pacifico riusciranno nel loro intento, molti altri milioni saranno uccisi. Il recinto in cui è stata rinchiusa la conoscenza, con il suo sistema di pedaggi all’ingresso, impedisce la condivisione del sapere e la possibilità di ampliare la conoscenza. Tutto ciò distrugge l’ethos da pari a pari che è alla base della scienza, e che è simboleggiato dall’espressione “stare sulle spalle di un gigante”.
È necessario continuare la battaglia di Aaron Swartz a favore della libertà d’informazione. Bisognerebbe piratare gli articoli delle riviste accademiche per pubblicarli liberamente sui siti di condivisione. Dovremmo cogliere l’opportunità offerta dalla stampa tridimensionale di medicinali e dalla farmacologia open-source per produrre versioni piratate, a basso costo, di farmaci brevettati, il tutto agendo tramite piccole organizzazioni che siano così diffuse che le compagnie e lo stato non possano fare nulla per fermarle.
La “proprietà intellettuale”, assieme agli stati che la impongono, è nemica della conoscenza, del progresso e della stessa vita. La cosa migliore è far fuori entrambi.