La Proprietà è Violenza, Riduciamola al Minimo

Di Trevor Hauge. Originale pubblicato il 25 settembre 2023 con il titolo Property is Violence, So Let’s Keep It to a Minimum. Traduzione italiana di Enrico Sanna.

“Il monopolio della terra… non è che l’imposizione da parte dello stato di diritti di proprietà terriera che non si riferiscono a una occupazione o coltivazione della terra… le persone non dovrebbero ricevere protezione dai loro consimili se non quando occupano e coltivano personalmente la terra.” – Benjamin R. Tucker, State Socialism and Anarchism

Ironicamente, il principio di non aggressione di tanti libertari di destra può giustificare molti casi diversi di aggressione. Murray Rothbard diceva: “nessuno, da solo o con altri, può aggredire un’altra persona o la sua proprietà.” Detto così ricorda la posizione di Tucker contro le invasioni e le costrizioni, ma all’atto pratico non potrebbe essere più lontano. Se vogliamo capire perché dobbiamo prima formulare alcuni concetti base di proprietà, stato e anarchia. Cosa significano questi termini? Vediamolo.

La proprietà implica la possibilità che una persona si serva della violenza, letale o meno, per evitare che qualcun altro usi ciò che è di suo uso personale. Io uso la mia macchina per muovermi, e se qualcuno dovesse tentare di prendermela, pochi, forse i pacifisti più impressionabili, oserebbero negare il mio diritto di difendermi contro il ladro. Quanta violenza usare è opinabile. Per una macchina, sono lecite le fratture, i tagli, o addirittura la morte? Molti direbbero che la reazione dovrebbe avere una violenza proporzionale alla violenza di cui il ladro è disposto a servirsi per prendere la mia macchina. Pochi direbbero che fare violenza contro chi cerca di privarmi di qualcosa che mi serve per vivere è immorale. Possiamo quindi concludere che un sostrato di violenza nella società è accettabile.

Quanto allo stato, è una cricca elitaria che ha il potere esclusivo di imporre la propria volontà su un determinato territorio e, per estensione, sulla popolazione che vive in quel territorio. La violenza dello stato esiste senza bisogno di consenso. Lo stato è definito proprio da questa combinazione di violenza e élite. In altre parole, lo stato è il monopolio della violenza su una certa popolazione e in un certo territorio da parte di una cricca elitaria.

L’anarchismo, infine, è ciò che si oppone a quel monopolio della violenza che va sotto il nome di stato, ciò che si oppone all’autorità. Come dice Proudhon nel suo Idée générale de la révolution au XIXe siècle, “Alla base della Rivoluzione c’è semplicemente questo concetto: NESSUNA AUTORITÀ.” Dunque, se vogliamo liberarci dell’autorità statale dobbiamo liberarci del monopolio della violenza. E per liberarci del monopolio della violenza, dobbiamo per forza limitare al minimo assoluto la proprietà, così che lo stato non possa rinascere.

Io credo che dobbiamo smettere di menare il can per l’aia. Dobbiamo smettere di parlare di proprietà per chiamarla col suo vero nome: violenza. La proprietà implica di per sé la minaccia della violenza. Se tu mi prendi qualcosa, o invadi il mio spazio, io, i miei vicini o, se esiste, lo stato, farà violenza contro di te. La proprietà è e resterà sempre inseparabile dalla violenza. Più si diffonde la proprietà e più serve violenza per difendere la proprietà. Una singola persona non può fisicamente difendere ciò che va oltre una certa dimensione senza l’aiuto di altre persone. Deve pertanto ricorrere a qualche autorità che usi la violenza al posto loro. Può farlo direttamente tramite le tasse e la polizia di stato, o indirettamente pagando una società di sicurezza, non fa differenza.

Da qui la domanda: come può un anarchico, che per definizione è contrario al monopolio della violenza statale, accettare il monopolio della violenza individuale? Ancora: cos’è lo stato se non un gruppo elitario di individui che detiene il monopolio della violenza su altri individui? Se a definire lo stato è il suo monopolio della violenza, un singolo individuo o un’impresa con lo stesso monopolio diventa indistinguibile dallo stato. Stessa cosa con nome diverso.

Per questo un anarchico che approva la proprietà assenteista e allo stesso tempo dice di voler rispettare il principio di non aggressione è un’incoerenza logica. La proprietà assenteista è proprio ciò che permette a una persona o ad un gruppo limitato di persone di detenere il monopolio della violenza su un’altra persona o su un gruppo di persone. Permette all’individuo di estendere il proprio potere al di là delle proprie mani, consegnandolo nelle mani di scagnozzi armati di manganelli, pistole e taser. Se domani si dovesse abolire lo stato per sostituirlo con un regime diretto fatto di proprietà assenteiste acquisibili all’infinito, come vorrebbero i sedicenti capitalisti libertari, si creerebbe nella pratica una serie di stati di polizia privati di proprietà dei più ricchi. Avremmo una moltitudine di stati.

È però del tutto coerente con la logica anarchica il fatto che una persona faccia ricorso alla violenza per far rispettare il suo possesso dell’unica casa in cui vive, o le cose che vi si trovano dentro, in virtù del principio dell’occupazione. Altrettanto coerentemente agisce una comunità quando ricorre alla forza per difendere il proprio diritto all’occupazione collettiva di un pezzo di terra, come nel caso dei neo-zapatisti che nel 1994 si opposero ad un tentativo di esproprio delle loro terre. Nel primo caso abbiamo un piccolissimo monopolio della violenza, dato dal possesso di non più di qualche ettaro di terra; il secondo caso è simile ma riguarda un gruppo di persone piuttosto che singoli individui. Tornando a Benjamin R. Tucker…

È un archista (sostenitore del potere) chiunque compia un’invasione, sia esso individuo o stato; è anarchico chiunque si opponga a un’invasione, che sia individuo o un’associazione spontanea. Un’associazione spontanea di persone che fa un atto di giustizia non è un invasore ma un difensore contro l’invasione, e tra le azioni difensive potrebbe comprendere la protezione degli occupanti di una terra. ~ Land Occupancy and its Conditions

Nessuno dei due casi citati comporta l’uso della violenza da parte di uno o più invasori mandati a difendere l’estrazione di ricchezza da parte di un proprietario terriero. Si fa ricorso alla violenza solo per assicurare la permanenza delle singole persone o dei gruppi di persone che risiedono in un certo territorio, non per impedire a chicchessia di andare a vivere in una casa disabitata o di appropriarsi di un pezzo di terra inutilizzato. In questo caso la violenza è rivolta contro chi vuole estrarre o espropriare ricchezza. Non è, insomma, una violenza di tipo “archista” o di stato.

Ma cosa succede quando qualcuno si arroga il monopolio della violenza su un’intera area, e dunque sulla popolazione che ci vive? O su una città intera? O una nazione? In questo caso, questo qualcuno rappresenta lo stato, inevitabilmente. Non importa se il territorio è stato acquisito a milionate o con i panzer. L’onnipresente minacciata violenza contro i poveracci è la stessa.

Pensateci la prossima volta che un locatore avanza pretese sulla casa data in affitto. Chiedetevi: qual è la vera natura delle relazioni tra due persone quando queste vengono private dei loro rispettivi titoli? L’inquilino con l’affitto paga la manutenzione della casa e almeno una parte del reddito del proprietario, e se paga in ritardo arriva la polizia. La relazione tra padrone di casa e inquilino non è forse una relazione tra invasore e vittima? Il padrone di casa, se ci fate caso, si comporta esattamente come lo stato quando esige le tasse, o come il picciotto che passa a riscuotere il pizzo.

Anarchico è dunque colui che lotta contro quei sistemi che si servono della violenza come strumento per invadere ed estrarre ricchezza, e non semplicemente per difendere ciò di cui una persona ha bisogno per vivere, o il luogo in cui vive, certi beni mobili o la vita dei suoi cari. Noi rifiutiamo l’idea che si possa usare la violenza per privare della casa e dei mezzi di produzione chi queste cose le usa. Noi odiamo la violenza che espropria e sfrutta. Pensiamo che l’unica violenza genuinamente compatibile coi principi di non aggressione, non costrizione, non invasione, o come volete chiamarli, sia la violenza diretta contro lo sfruttamento e l’esproprio.

Il principio di base è semplicissimo: il luogo in cui una persona vive o lavora rientra tra i suoi possessi. Rientra tra i suoi possessi di fatto anche l’azienda in cui lavora. Noi riconosciamo il diritto di usare la violenza in difesa di questi possessi quotidiani sulla base del principio che questi vengono utilizzati continuativamente. All’atto pratico, ciò limita al minimo assoluto il sostrato violento della società, ed evita l’emergere dello stato. In un simile regime non vedremmo più poliziotti che pestano gli scioperanti, che distruggono gli accampamenti dei senzatetto, o che armi in pugno sfrattano una donna incinta che non può pagare l’affitto. Questo genere di violenza invasiva cesserà di esistere.

Un ipotetico mondo anarchico sarebbe un regime in cui la possibilità di allungare le mani su qualcosa non riceverà il supporto di forze istituzionali, un regime in cui tutti condividono tutto, e l’unica violenza ammessa è la difesa personale di ciò che serve per vivere e nient’altro. Tutto il resto è, per definizione, una forma di statualità.

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