“Osservazioni Critiche sul Comunismo”, di Laurance Labadie

Di Eric Fleischmann. Originale pubblicato il 17 giugno 2022 con il titolo Laurance Labadie’s “Objections to Communism”. Traduzione italiana di Enrico Sanna.

Osservazioni critiche sul comunismo

1. Mette sullo stesso livello capaci e incapaci, pigri e operosi, parsimoniosi e spendaccioni.

2. Quindi premia l’ozio e non incentiva l’operosità e la parsimonia.

3. Costringe chi non è sposato a contribuire a mantenere i figli dei suoi fratelli prolifici.

4. Distribuisce le responsabilità e soffoca l’iniziativa individuale.

5. Trascura il fatto che l’interesse personale è il motore primo della vita.

6. Ha fatto fallimento più volte nella pratica.

7. Necessità di un governo, se non di una dittatura, della maggioranza.

8. Non dà voce alle differenze d’opinione.

9. L’effetto ultimo che si ottiene quando si eleva il benessere degli inferiori a spese dei superiori è un graduale peggioramento della razza.

10. Avere capacità superiori non porta vantaggi ma solo lo svantaggio dello spreco della forza fisica e mentale riflesso sulla remunerazione.

11. Pertanto il comunismo si basa sul sacrificio.

12. Che atteggiamento positivo possono avere i meno capaci se accettano di vivere dell’elemosina dei più capaci?

13. Se il comunismo poggia sul sentire solidale, che solidarietà può provare chi si lascia derubare per sostenere gli altri?

14. Se il comunismo si basa sul sacrificio di sé, questo sacrificio vale anche per i questuanti?

15. È sbagliato dire che il comunismo attira gli inefficienti, i pigri e gli spreconi, chi è sfruttato dall’attuale sistema industriale e anche chi lascia che il cuore abbia il sopravvento sulla testa; ma, detto semplicemente, il comunismo è la morale dello “schiavo”.

16. Il comunismo ignora il rapporto naturale tra impegno e beneficio, nonché il rapporto naturale tra genitori e benessere dei figli: due leggi importanti senza le quali l’evoluzione naturale è impossibile.

17. Va contro tutte le tendenze osservabili delle persone che ci circondano.

18. L’uomo è di natura socievole, generosa e cortese, ma preferisce esserlo spontaneamente, senza essere costretto da obblighi.

19. Con quali trucchi un’amministrazione può trasformare l’attuale diffuso interesse di sé in altruismo e comunione d’intenti?

20. Se il comunismo nega a tutti la pari opportunità di usare le risorse naturali per il proprio bene, non può che essere dispotico.

21. Il comunismo è un regresso perché rispetto alla tendenza generale al progresso verso la libertà individuale rappresenta un passo indietro verso una condizione di classe con la comunità nella parte del padrone.

22. Il comunismo comporta una burocrazia tendente alla centralizzazione.

23. Efficienza e assenza di lusso devono essere imposte d’autorità.

24. Chi sostiene entusiasticamente il sistema di cui fa parte non può vederne i limiti e l’impossibilità.

25. La questione è: fino a che punto si può impedire a qualcuno di usare le proprie capacità per il proprio vantaggio per costringerlo ad usarle per il vantaggio altrui?[1]

26. La questione sociale può essere affrontata in due modi: dicendo che l’individuo ha dei doveri e costringendolo a adempierli; oppure dicendo che l’individuo non ha obblighi verso la società se non l’astensione da atti invasivi.

27. In quest’ultimo modo si garantisce il massimo della libertà di ognuno compatibilmente con l’eguale libertà di tutti gli altri, ognuno può agire in cooperazione con persone di sua scelta senza obblighi, tutto ciò che fa lo fa a proprie spese e le conseguenze dei suoi errori non sono condivise con la società.

28. Molti anarco-comunisti vogliono sicurezza ma senza perdere la libertà, e poiché non capiscono l’economia e i processi economici ma sanno che la libertà risolve i problemi economici di chi è in grado di mantenere se stesso, finiscono per approvare un sistema dittatoriale senza accorgersene. Il comunismo attira gli ingenui.

29. Molti anarco-comunisti sono seguaci di Kropotkin, per il quale l’aiuto reciproco era un fattore evolutivo e che, come Marx, cercò di concepire una società in cui l’aiuto reciproco fosse l’unico fattore del suo mantenimento, ma mentre Marx considerava inevitabile il dispotismo Kropotkin credeva che gli uomini avrebbero appianato le differenze tramite un accordo spontaneo volto a mantenere la regola “ognuno secondo le sue possibilità e ad ognuno secondo i suoi bisogni”. L’amabilità e l’umanità di Kropotkin gli hanno dato alla testa. Non essendo un economista e non capendo che è la libertà a risolvere i problemi economici, Kropotkin guardava alle teorie evoluzionistiche per concepire una società in cui tutti, anche i meno capaci, possono ricevere aiuto, ma invece di affidarsi alla spontanea volontà pensava che ciò dovesse essere un dovere.

Nota

1. Il testo originale termina con un punto. Un punto interrogativo sembra più appropriato.

Commento di Eric Fleischmann

L’ho già detto e lo ripeto che “le opinioni di Labadie non sono le mie”, prima o poi in questa raccolta avrei trovato qualcosa che cozza fortemente con i miei ideali. Voglio che sia chiaro che questo pezzo, scritto probabilmente agli inizi degli anni trenta e archiviato presso la Joseph A. Labadie Collection della biblioteca dell’università del Michigan, è forse, perlomeno tra quelli che ho letto finora, il testo di Labadie che meno condivido. Anch’io sono critico nei confronti del comunismo, almeno in termini amichevoli, soprattutto per quanto riguarda l’azione collettiva e il calcolo economico, pertanto posso concordare con Labadie quando lamenta che “Il comunismo comporta una burocrazia tendente alla centralizzazione”, e che almeno in certe forme rappresenta “un regresso perché rispetto alla tendenza generale al progresso verso la libertà individuale rappresenta un passo indietro verso una condizione di classe con la comunità nella parte del padrone”. Potrei anche essere vagamente d’accordo, almeno superficialmente, quando dice che sotto il comunismo chi non è sposato deve mantenere le persone prolifiche, che i produttivi devono mantenere gli improduttivi, e che il comunismo impedisce all’individuo “di usare le proprie capacità per il proprio vantaggio” costringendolo “ad usarle per il vantaggio altrui”, ma credo che una (kropotkiniana) rete di mutuo soccorso fondata sull’etica de dono (il “comunismo di tutti i giorni” di David Graeber) emergerebbe da quelle che Labadie chiama “ragioni di volontà”. È invece questo parlare, implicito e esplicito, di persone superiori e inferiori che mi infastidisce e che rivela un aspetto ripugnante del pensiero di Labadie.

Un linguaggio che sembra scaturire dall’influenza di Nietzsche, qui evidenziata molto esplicitamente dalla frase “il comunismo è la morale dello ‘schiavo’.” Friedrich Nietzsche spera in un superamento di questa morale dello schiavo (specificamente quella cristiana) con l’emergere dell’übermensch, una creatura che non guida né segue bensì sta al di sopra dell’uomo delle epoche precedenti con la sua capacità di definire il proprio significato e la propria morale. Credo che questo pensiero stia al cuore di certe espressioni di Labadie come: “L’effetto ultimo che si ottiene quando si eleva il benessere degli inferiori a spese dei superiori è un graduale peggioramento della razza” e “Avere capacità superiori [in un mondo comunista] non porta un vantaggio ma solo lo svantaggio dello spreco della forza fisica e mentale riflesso sulla remunerazione.” Purtroppo il risultato finale somiglia al pensiero di Ayn Rand, che, come spiega Chris Matthew Sciabarra, fu certamente influenzata da Nietzsche (e odiava Labadie)[1].

Una delle principali critiche randiane contro le ideologie collettivistiche come il comunismo è che costringono i “migliori” (solitamente i capitalisti, talvolta gli artisti) a reprimere la propria individualità per diventare ostaggio di un’umanità presunta parassitica che non ha né capacità né capitali propri. La Rand scrive: “Secoli fa qualcuno ha fatto i suoi primi passi e ha percorso nuove strade armato unicamente della propria volontà”[2]. In Atlas Shrugged questa personificazione portata agli estremi è rappresentata da John Galt e altri capitalisti che abbandonano (con un bel po’ di soldi e capitali) l’economia per non (essere costretti a) condividerla. L’idea di base è che questi uomini rappresentano i migliori, e che il progresso non viene dallo sforzo collettivo dei lavoratori ma scaturisce dalle menti e dalle tasche della classe proprietaria. Questa economica ‘teoria del grande uomo’ è la solita retorica del capitalismo aziendale, discende dal pensiero aristocratico e monarchico, e Labadie nella sua critica anticapitalista del comunismo sostiene qualcosa di molto simile con inquietante facilità. In un altro pezzo, sempre tratto dal Laurance Labadie Archival Project, Labadie accusa la Rand di “rubare a man bassa le idee di [Max] Stirner riguardo l’interesse di sé”, e nota: “se dal suo pensiero togliamo questo ‘puro’ stirnerismo, nulla rimane se non il pensiero economico reazionario dei tempi passati.” Io non voglio dire che Labadie ruba gli ideali da Nietzsche, ma se togliamo gli elementi nietzschiani da questo pezzo, intravvediamo la retorica “reazionaria” dei “tempi passati”.

Note

1. Vedi Sciabarra, Ayn Rand: The Russian Radical.

2. Vedi For the New Intellectual: The Philosophy of Ayn Rand.

Anarchy and Democracy
Fighting Fascism
Markets Not Capitalism
The Anatomy of Escape
Organization Theory