Mercoledì 17 giugno, un uomo armato ha ucciso nove membri della Emanuel African Methodist Episcopal Church, storica chiesa nera di Charleston, nella Carolina del Sud. Dopo esser rimasto seduto in chiesa per quindici minuti, l’uomo ha urlato epiteti razzisti e poi ha aperto il fuoco. Dopo questo crimine così evidente, rivolto contro i neri in quanto tali, il presidente Obama ha commentato dicendo che “sono state uccise persone innocenti anche perché chi voleva fare del male non ha avuto difficoltà a procurarsi un’arma.” Obama, com’era da immaginarsi, ha diffuso la solita retorica, quella che salta alla ribalta ogni volta che negli Stati Uniti avviene una strage: le armi uccidono innocenti, dunque più controlli sulle armi servono a salvarli.
Per la comunità nera di Charleston è stato un anno triste. La prima tragedia è arrivata all’inizio dell’anno, quando un agente di polizia ha sparato otto colpi alla schiena contro un nero disarmato, Walter Scott, uccidendolo. L’avvenimento è stato ripreso da una telecamera e, fatto strano in questi casi, l’agente è sotto accusa per omicidio. La polizia uccide sproporzionalmente di più i neri, una realtà che dal 2014, quando fu ucciso Michael Brown a Ferguson, nel Missouri, è finita sulle prime pagine dei media popolari. Le recenti parole di Obama, che chiede controlli più stringenti sulle armi, suonano ironiche, quasi ridicole, alle orecchie di una comunità che è costantemente vittima del monopolio violento che lo stato ha delle armi. Le armi colpiscono i neri… sì, soprattutto nelle mani della polizia. Gli statalisti di sinistra di cui parlo sono persone che sembrano riconoscere il razzismo onnipresente e sistematico delle istituzioni di polizia, ma invece di andare alla radice del problema privando la polizia del potere, continuano a chiedere riforme che non fanno altro che accrescere il suo potere togliendolo dalle mani delle comunità nere.
La proibizione di un qualunque bene di consumo crea un mercato nero. Questo vale per la guerra americana alla droga e varrà anche per il divieto di portare armi. Ciò che è proibito per la gente qualunque non lo è per chi desidera procurarselo a tutti i costi ed è disposto a commettere un crimine. Non solo il controllo delle armi è inefficace nella prevenzione del crimine violento, ma priva i cittadini onesti della possibilità di proteggersi da chi è armato, ovvero i criminali e la polizia.
Ronald Reagan, acclamato come un eroe dalla Nra (l’associazione che difende il diritto a possedere un’arma, es), passò nel 1967 la Mulford Act, una legge che vietava il porto di un’arma carica in pubblico. L’intenzione della legge era il disarmo delle comunità nere della California. La Pantera Nera indisse al proposito una marcia di protesta nella capitale. Reagan sapeva allora quello che i liberal di oggi dimenticano: che il miglior modo per rendere impotenti le comunità nere consiste nel renderle impotenti di fronte alla violenza di stato. Il presidente Obama continua ad imporre condizioni su condizioni al possesso di un’arma, talvolta usando gli ordini esecutivi quando il Congresso non collabora. E davanti alla sparatoria di mercoledì anche Hillary Clinton ha chiesto norme più severe. La sinistra sembra dimenticare le origini conservatrici e razziste del controllo delle armi, ignorando le sue stesse parole riguardo l’uso della forza pubblica come soluzione ai problemi. La risposta è chiara: se si vuole proteggere la comunità nera dalla polizia, o dai razzisti, il miglior modo consiste nell’armarli, non il contrario.
I neri non possono confidare sulla polizia per ottenere protezione dai criminali. Questo è chiaro ogni volta che la polizia uccide un nero innocente. Questo è il mio messaggio per la sinistra statalista: Quando chiedete alla comunità nera di disarmarsi e confidare sulla polizia state semplicemente esprimendo l’essenza del privilegio dei bianchi.