Sulla scia della rivolta di Ferguson, Barack Obama ha chiesto centinaia di milioni di dollari per armare la polizia di videocamere da installare sulla divisa. Questo, pensa lui, è un modo di responsabilizzare la polizia. E ha ragione. Aumenta la “responsabilità” che già si vede nella giustizia locale. Rende la polizia responsabile agli occhi del sistema, che è ed è sempre stato a loro favore. E fa crescere la responsabilità dei cittadini agli occhi delle forze eteree addette alla sicurezza e alla criminalizzazione della vita di tutti i giorni.
A settembre, il dipartimento della giustizia ha pubblicato un rapporto sull’efficacia di queste videocamere. Lungi dall’avere un effetto disciplinante sugli agenti, le videocamere incentivano la prepotenza. Lo sceriffo Douglas Gillespie commenta così:
Durante l’esperimento [con le videocamere], alcuni poliziotti di carriera hanno voluto indossare le videocamere per provarle, e la loro reazione è stata molto positiva. Dicono cose come: “È incredibile come le persone rigano dritto quando gli dici che questa è una videocamera, anche quando sono ubriachi.” Sappiamo anche che la stragrande maggioranza dei nostri agenti fanno un buon lavoro, e le videocamere lo dimostrano. ~ Douglas Gillespie, Sceriffo, Dipartimento di Polizia Metropolitana di Las Vegas.
Secondo questa analisi, involontariamente foucaltiana, dal punto di vista dell’agente il cittadino “riga dritto” quando è sorvegliato.
Da notare l’espressione “dal punto di vista dell’agente”. Ciò che non viene preso in considerazione, mai, è il punto di vista del cittadino. Il cittadino esiste come persona soggetta al potere del punto di vista dell’agente, perché il punto di vista dell’agente è considerato, in primo luogo, giusto. È il cittadino che dev’essere sorvegliato e tassato. Questa mossa serve a sorvegliare noi. È un sistema che parte dal principio secondo cui le istituzioni rappresentano il bene, e il cittadino che disobbedisce si oppone sempre a queste istituzioni. Obbedire alla polizia: esiste una descrizione più banale, più semplice dell’applicazione della legge? Loro sono gli agenti della legge, l’istituzione evidente della giustizia penale.
Si informa il cittadino della registrazione, e con questo semplice fatto l’agente impone il suo punto di vista su tutti quelli che poi rivedranno la scena. Ma chi la vedrà? Sempre che non venga distrutta, sempre che non scompaia miracolosamente, sarà il sistema della giustizia penale a vederla. Un uomo in stato di ubriachezza sta già violando la legge. Già questo lo condanna per oltraggio a pubblico ufficiale. Ciò che viene fuori dal video non è una prova neutrale. Non esistono prove neutrali quando il sistema indaga su uno dei suoi agenti. Non osserviamo lo svolgersi dei fatti da un punto di vista obiettivo e neutrale. Altrimenti non sarebbe possibile determinare la giustizia in un senso o nell’altro. Al contrario, noi osserviamo i fatti attraverso il resoconto che ci viene dato. Quello che è aggressione per uno, è difesa della legge per un altro. L’autodifesa di uno diventa la resistenza all’arresto dell’altro.
Quando diciamo che questa sorveglianza porterà gli agenti a comportarsi entro i limiti delle procedure legali, dobbiamo aggiungere che porterà anche i cittadini a comportarsi entro i limiti del comportamento così come permesso dalle leggi. Questa tecnologia può essere usata, e sarà sicuramente usata, per condannare persone colpevoli di crimini senza vittime. Sarà usata per controllare il nostro comportamento. La videocamera vede le cose in una sola direzione, sospetta preventivamente di noi, ci invita a vedere i fatti attraverso gli occhi dell’agente. Gli occhi dell’agente sono quelli della legge. Purtroppo per il cittadino, ciò che limita la sua libertà è la massiccia, smisurata opera della legge. Ciò che limita la libertà dell’agente, invece, è l’indagine interna, il pubblico ministero amico, i giurati, e la convinzione che, come è stato spesso dimostrato, la vita di tutti i giorni è diventata un’attività in gran parte criminale. Tutti corriamo il rischio di infrangere la legge perché la legge riguarda una grossa parte del nostro comportamento e perché è codificata in una montagna di libri che non abbiamo né il tempo né la pazienza di leggere. Alla fine, tutto ciò ci porterà ad interiorizzare il punto di vista del poliziotto. Saremo coscienti non solo di essere osservati, ma anche di essere osservati da un sistema che ha dichiarato illegale gran parte della nostra vita.
Io credo che il dipartimento della giustizia abbia visto correttamente. Le videocamere porteranno i cittadini all’obbedienza. Quei cittadini terrorizzati all’idea di infrangere la legge. Cosa accadrà ai video in cui sono ripresi gli atti violenti della polizia quando questi saranno resi pubblici? Accadrà che diventeranno parte del sistema, e da quest’ultimo saranno controllati e mediati. Diventeranno una nuova forma di spettacolo. Mostreranno cosa può accaderci in qualunque momento se non facciamo il nostro dovere. Man mano che la polizia sarà sempre più esonerata dalla necessità di fornire prove filmate, la gente capirà qual è il proprio ruolo: quello del sospettato, della minaccia, della prova.
Il mio non è un discorso contro la sorveglianza. È un discorso a favore della distruzione delle istituzioni che ci sorvegliano, e a favore di istituzioni nostre, di un nostro punto di vista. È la polizia che dev’essere sorvegliata: per chi fa parte del nostro movimento, niente potrebbe essere più chiaro. L’assassinio di Eric Garner, documentato da un cittadino giornalista, sollevò questioni diffuse su un inaccettabile abuso di potere. Non ci fu un filtro. Non come negli altri casi, almeno. Non fu affidato ai pubblici ministeri, ai giudici e altri sociopatici istituzionali, ma alla discussione pubblica. Il risultato fu la messa in discussione non solo del comportamento dell’agente, ma anche delle leggi meschine usate per giustificare l’aggressione. Certo i giurati sono protetti dall’influenza del pubblico perché il sistema vuole imporre solo il suo punto di vista. In teoria ci sarebbero due punti di vista, e qualcuno dovrebbe difendere i cittadini dagli agenti spietati. In pratica non è quasi mai così. Il sistema non ammette il sospetto che ci siano leggi considerate ingiuste nella vita reale. In un tribunale, la legge ha valore assoluto, almeno quando usata contro i cittadini.
Dobbiamo abbattere questa mediazione avvelenata. Le videocamere non lo fanno. Appartengono al dipartimento di polizia, e ciò che ritraggono è passato al setaccio di una versione dei fatti accuratamente di parte. Dobbiamo togliere potere alla polizia. Le videocamere non lo fanno. Queste servono solo a togliere il potere a chi disobbedisce, o si sospetta che possa disobbedire, alla legge. Dobbiamo sempre fare in modo che sia presentata la nostra versione dei fatti. Le videocamere non lo fanno. La nostra voce è ignorata, considerata ostile da un sistema giudiziario criminale, per il quale questa è l’unica cosa logica da fare.
Dobbiamo armare i cittadini di videocamere, di piattaforme proprie per la diffusione dei video, di argomenti critici che sfidino il potere dello stato. Queste risorse le abbiamo già. Sarebbe un errore dare milioni alla polizia per queste videocamere, che poi loro useranno per assolvere se stessi mentre ci controllano e ci impongono la loro disciplina. Che lo stato compri pure le videocamere, ma non pensate che siano uno strumento neutro. La legge non conosce neutralità. Puntate le vostre videocamere contro di loro. Puntate i vostri punti di vista contro di loro. Ora avete il potere di combattere lo stato di polizia, di sfidarlo secondo i vostri termini.