Appena tre anni dopo aver ridotto la sua presenza in Iraq, gli Stati Uniti stanno mandando nuovamente le truppe. In risposta alle conquiste fatte dal gruppo jihadista Isis nella sua ultima offensiva, il presidente americano Barack Obama sta mandando in Iraq 275 soldati per “fornire supporto e sicurezza al personale e all’ambasciata americana di Bagdad.”
In un comunicato della Casa Bianca del 13 giugno, Obama evidenziava che “noi non manderemo nuovamente soldati a combattere.” Alcuni osservatori speravano che Obama evitasse gli errori commessi dal suo predecessore. Ma il lunedì seguente Obama, in una lettera allo speaker della camera John Boehner, annunciava: “stiamo spiegando questa forza, equipaggiata per combattere, con l’obiettivo di proteggere cittadini e beni americani” (corsivo aggiunto).
Parole evasive. L’Isis ha fatto capire che non si fermerà davanti a nulla, meno che mai davanti all’uccisione di 275 soldati americani, per prendere il controllo dell’Iraq. Il presidente lo sa. L’invio di truppe ha più probabilità di aggravare il conflitto che di attenuarlo. Obama sta mandando questi soldati a combattere, non importa cosa sostiene in pubblico. Se Obama vuole proprio difendere l’ambasciata americana a Bagdad, propongo che ci vada lui in persona.
Prenda un fucile e si metta davanti all’ambasciata, signor presidente.
Cosa è successo alla dichiarazione “non manderò truppe a combattere”? Sono bastati quattro giorni perché Obama cambiasse idea. Obama ha poi aggiunto: “Questa forza rimarrà in Iraq finché le condizioni della sicurezza non si evolveranno al punto che la sua presenza sarà superflua.” Come farà a capire che sarà superflua non l’ha specificato.
È improbabile che l’Isis smetta casualmente di fare violenza in tutto l’Iraq. Questo è un gruppo così estremista che è stato espulso dalla rete globale di al Qaeda. Cacciato via da al Qaeda! E ora sta sistematicamente e violentemente prendendo il controllo dell’Iraq, e il piano di Obama prevede l’invio di un contingente militare “finché le condizioni della sicurezza non si evolveranno al punto che la sua presenza sarà superflua”. Come se 275 soldati fossero sufficienti a fermare l’Isis. Come se l’Isis non fosse un’organizzazione irragionevole e assassina che continuerà i suoi attacchi alla faccia di quei 275 soldati.
Nessun calendario delle operazioni. Nessuna dichiarazione sulla missione. Nessuna strategia d’uscita. Vi ricorda qualcosa?
Spesso Obama parla come un presidente non-interventista. A volte parla come un leader che ama la pace. Ha anche ricevuto il premio Nobel per la pace. Ma le sue azioni dicono più delle sue parole. E le sue azioni sono semplicemente una rielaborazione delle politiche precedenti, dall’intensificazione degli attacchi con i droni ai colpi di mano in Afganistan alle scuse inventate per uccidere cittadini americani all’estero alle accresciute violazioni dell’intimità personale a casa con la scusa dell’antiterrorismo. Il secondo mandato di Obama è in realtà il quarto di Bush.
Invece di mandare quasi trecento soldati incontro al rischio secondo un “piano” malaccorto e miope, il presidente dovrebbe essere abbastanza coraggioso da andare lì di persona. Ehi, se le truppe hanno soltanto “compiti di supporto e sicurezza” (qualunque cosa significhi), come ha detto l’addetto stampa, qual è il problema?
Dopo la lettera di Obama a John Boehner, l’ufficio stampa ha rilasciato una dichiarazione che diceva: “l’ambasciata americana a Bagdad resta aperta, gran parte del personale resta sul posto e l’ufficio sarà equipaggiato con l’occorrente per la sua missione di sicurezza nazionale.”
Ma perché abbiamo un’ambasciata a Bagdad? Invece di mandare altre persone a proteggere l’ambasciata contro terroristi violenti, il presidente dovrebbe riportarle a casa, queste persone. Dovremmo chiudere l’ambasciata e smettere di ficcare il naso negli affari iracheni.
Meglio ancora, se si riportano a casa tutte le truppe e le si esonera dal servizio, e il complesso industriale militare viene drenato di tutte le risorse che ha rubato, l’imperialismo americano brutale e senza fine cesserebbe. Se la difesa fosse affidata ad associazioni volontarie e a ditte che operano sul mercato, tutte le inutili interferenze negli affari di altri paesi cesserebbero. Quando rispondono ai consumatori e ai loro proprietari, le organizzazioni, a differenza dello stato, non intervengono perché sarebbe troppo costoso e controproducente.
Venerdì tredici giugno, Obama giustamente ha detto: “in ultima istanza, spetta all’Iraq come nazione sovrana risolvere i suoi problemi.” Ora, se solo Obama ascoltasse l’Obama di venerdì.