Quelli che non hanno risposto alla richiesta di “registrazione biometrica”, che ha coinvolto circa 14 milioni di elettori in diverse città brasiliane, perderanno il diritto di voto, la possibilità di iscriversi ad un’istituzione scolastica pubblica, di godere di assistenza pubblica e di fare domanda per un lavoro pubblico. Non potranno neanche fare cose banali ed essenziali come aprire un conto in banca o richiedere un passaporto. Fortunatamente, il governo è stato così generoso da offrire ai ritardatari la possibilità di “regolarizzare” la loro posizione entro il 7 maggio “senza multe”. Rassicurante, vero?
Lo stato brasiliano vuole acquisire i dati biometrici di oltre 140 milioni di elettori in modo da rendere le prossime elezioni “sicure”. Per arrivare a ciò si pensa che sia necessario catalogare le impronte digitali di tutte le dita, la fotografia e la firma di ogni persona. Il nuovo certificato elettorale riflette queste informazioni. Senza questo certificato, lo stato non può imporre l’embargo economico contro l’individuo, che a questo punto non potrà più richiedere un passaporto per scappare dal paese.
Il certificato elettorale non è che uno dei tanti strumenti di identificazione e sorveglianza nelle mani del governo brasiliano: la carta d’identità (che tutti dovrebbero portare sempre con sé), il CPF (il codice fiscale brasiliano), la patente di guida, il certificato che attesta il servizio militare o l’esenzione (obbligatorio per gli uomini), il libretto di lavoro, il passaporto, il certificato di nascita, il certificato di matrimonio…
Uno pensa che il governo ha già abbastanza informazioni sui suoi soggetti ma, apparentemente, il bisogno di rendere “sicura” la “celebrazione della democrazia” vuole che la gente dia informazioni ancora più personali alle autorità. Se occorrono tutte queste informazioni per rendere il voto sicuro, non è che le elezioni passate erano una frode? Chissà.
Ovviamente è tutta una finzione, una cortina di fumo che serve a nascondere l’ennesimo passo verso la concentrazione del potere totalitario nelle mani dello stato. La scusa relativamente innocua delle elezioni sicure è solo un precedente messo su per garantire allo stato un potere di controllo della popolazione ancora più ampio e, più in là, chiedere ulteriori informazioni private.
Niente di tutto ciò è necessario. Neanche l’obbligo di voto è necessario. Lo stato continua a far finta che l’obiettivo sia garantire elezioni esenti da frodi quando, in realtà, potrebbe benissimo abolire l’obbligo di voto e smetterla di punire chi non vota. Senza l’obbligo di voto, le ragioni alla base della schedatura degli elettori sono irrilevanti.
La più grande ironia è che il Brasile avrà, teoricamente, un sistema di identificazione sicurissimo e, allo stesso tempo, un sistema di voto elettronico immune da contestazioni. È praticamente impossibile sapere se la macchinetta elettorale non è soggetta a frode, visto che non esiste un sistema indipendente di verifica e revisione, né esiste una ricevuta per l’elettore. La macchinetta è una scatola nera, contestata solo da frange estreme dell’élite, come Leonel Brizola, deriso e disprezzato ogni volta che sollevava dubbi al proposito.
Questo è il sistema elettorale perfetto per la classe di governo: Combina il massimo della sorveglianza, l’obbligo di voto che garantisce un’affluenza altissima, e nessuna possibilità di verifica e conteggio indipendenti. Legittimità totale dello stato, dunque, e nessun dubbio sul suo potere.
Il sogno del totalitarismo tropicale morbido.