In risposta a Gelderloos
Di William Gillis. Originale pubblicato il 26 novembre 2018 con il titolo The Megamachines Are False Specters – A Response To Gelderloos. Traduzione di Enrico Sanna.
Ritengo vergognoso il fatto che gli anarchici non si occupino più di geopolitica o del futuro. I più grandi successi di questi ultimi due secoli sono il prodotto della fantasia e della perspicacia. Per questo applaudo il recente tentativo di Peter Gelderloos, pubblicato in varie forme da Crimethinc, di analizzare il futuro.
Molte sono le cose della sua analisi che condivido, e plaudo allo sforzo, ma ci sono anche tante cose che mi appaiono storte.
Con più analisi del futuro delle forze geopolitiche e istituzionali si potrebbe fare di più. Spero che questo apra le porte a tanti anarchici, pur con il rischio di vedere il mondo in termini di grandi strutture perdendo di vista altre importanti dinamiche. Spesso si finisce per dare a tali strutture sociali troppa solidità, capacità d’integrazione o centralità. Io credo che l’analisi di Gelderloos caschi in questa trappola in fatto di capitalismo, fascismo e tecnologia. Definisce il capitalismo in termini molto marxisti, come sistema unificato volto alla conservazione di se stesso. Inquadra il fascismo in termini di istituzione dittatoriale e non come ideologia ipernazionalistica. E fatica a tenere assieme teorie datate sul sistema sociale globale tecnologicamente unificato.
Il punto in comune di tutto ciò è la parvenza di solidità di astrazioni in cui le macrostrutture istituzionali sono privilegiate in quanto forze causali d’importanza rilevante. Questo trascura le dinamiche di base dei singoli individui, le loro idee e i loro strumenti, ridotte al ruolo di semplici ingranaggi di “sistemi” più ampi.
Agli occhi di un anarchico, l’analisi del fascismo fatta da Gelderloos dovrebbe essere la questione più vistosa, visto che cerca di rompere il concetto inveterato e pressoché unanime di fascismo per rappresentarlo in termini di dittatura, ovvero come struttura di istituzioni, e non di ideologia.
Gelderloos ha ragione quando definisce i fascisti opportunisti ideologici. Non gli importa dei sistemi economici, ad esempio. Ma è profondamente sbagliato partire dall’assunto che il fascismo non abbia avuto una base ideologica stabile e coerente. Il fascismo è sempre ipernazionalismo, feticizzazione del potere puro, della “legge del più forte”, soffocamento di ogni empatia al di fuori della tribù, della comunità o di un “popolo” immaginario. Per queste cose non occorre un apparato centrale, tanto meno uno strutturato in termini dittatoriali. Le mutazioni avvenute in questi ultimi decenni dimostrano che possono esistere varianti democratiche o decentrate di fascismo (come l’“anarco-nazionalismo”). Queste anzi sono oggi forse le versioni più diffuse del fascismo, dal populismo della nuova destra europea ai Lupi di Vinland che fanno i sacrifici con le capre.
Gelderloos non capisce perché, per chiarezza concettuale, si vede il fascismo in termini ideologici e filosofici e non come istanza specifica storicamente passata. Prima di tutto, perché così si riesce a capire qualcosa delle loro fottute organizzazioni, o almeno dei loro discendenti. E poi perché, nonostante gli opportunismi di qualcuno, i fascisti si esprimono spesso con quella chiarezza che i liberal non possono permettersi di avere. I liberal sono un insieme di contraddizioni, mentre capitalismo e democrazia dal canto loro cercano disperatamente di distogliere la nostra (e la loro) attenzione dagli ingranaggi del sistema. Se i liberal sono un mucchio di bugie e distrazioni, il fascismo è tristemente famoso per l’assenza di distinzioni tra bugie, critiche e prevaricazioni. Il fascismo è l’espressione più esplicita e solida dell’ideologia del potere: la legge del più forte. Pensa solo a te stesso. Il fatto che esista una posizione filosofica diametralmente opposta a quella anarchistica è importante e chiarisce molte idee. Il fascismo rischiara l’aria. Così come l’anarchismo non è né uno schema rigido né un sistema, il fascismo non è un sistema ma un insieme di valori, con motivazioni e presa del potere in diretto contrasto con noi. Come l’etica anarchica, ha diverse espressioni. Alla fine, però, o stai col potere o sei contro, o stai con tutti o solo con qualcuno. La verità inevitabilmente tende a galla e tutti sono costretti, come nella rivoluzione spagnola, a scegliere tra anarchici e fascisti.
Ideologie e filosofie sono cose importanti. Non sempre sono razionalizzazioni post facto di una realtà o di un sistema già esistente, ma spesso rappresentano fonti genuine. Il problema di una visuale drastica come quella geopolitica è che si finisce per valutare forme e funzioni delle istituzioni ignorando la base: le persone, la psicologia dei singoli, gli schemi relazionali.
Una delle peggiori tare ereditarie dell’anarchismo sta nel fatto di vedere il capitalismo come un moloc totalitario. Questo porta a immagini molto distorte, a farneticare di “mercificazione” (che spesso è solo una spiegazione perfezionata di certe considerazioni). Esiste un genere di marxismo pop che ha convinto molti che “mercificazione” e capitalismo sono magicamente indistinguibili. Soffri di mercificazione? C’è qualcuno che controlla? Caro mio, il tuo è un brutto caso di capitalismo, con tutti gli annessi e connessi, e chi se ne frega delle cause. Se compili un modulo dettagliato su un sito di proposte matrimoniali (“mercificazione dei sentimenti!”), ecco che la società diventa più classista e le gerarchie sul posto di lavoro si rafforzano. Lascia perdere le cause, pensa globale!
Questa visione di sinistra del capitalismo come una megamacchina monolitica unificata, con i suoi progetti e i suoi bisogni (e non come un insieme fatto di poteri contrastanti, di meccanismi perpendicolari e di pressioni corrosive che vengono dal basso) impedisce alla gente di vedere le possibilità attuali, spinge a rimandare i sogni a dopo qualche magica rivoluzione. Se questa astrazione viene vista come un insieme coesivo, se si trattano le istituzioni come se fossero gli unici agenti importanti e tutto il resto un ingranaggio, bé allora inutile sperare in qualcosa di sostanzialmente diverso se non tramite una rottura completa di qualche genere.
Per chi è terrorizzato da questo genere di idee di sinistra non resta che la disperazione, o una reificazione dei vecchi, stanchi rituali delle sottoculture. Quando il mondo viene vuotato degli esseri viventi e riempito di divinità come il “capitalismo” e la “civiltà”, ci sono poche speranze di salvarsi a meno di un intervento divino.
È così che si arriva a adorare feticci come La Rivoluzione, Il Collasso, Il Partito o l’Ordine Naturale.
A concentrare troppo l’attenzione su queste grandi astrazioni si finisce per perdere di vista la questione centrale della libertà. Date le nostre relazioni sociali, i nostri progetti, l’ambiente, la configurazione dei nostri corpi, cosa possiamo fare?
Purtroppo Genderloos scrive:
Cercano di spacciarci un mondo transumanistico in cui corpo e natura sono visti come limiti da trascendere. È la stessa, vecchia ideologia illuminista di cui gli anarchici si sono infatuati più e più volte[.]
Ci siamo “infatuati” del transumanesimo perché è maledettamente corretto. Il movimento anarchico non aspira a diventare il fottuto maggiordomo di un “ordine naturale” reazionario di qualche genere, ma il propugnatore di ottimistiche libertà, così da sviluppare tutti assieme le possibilità attuali, invece di rintanarci in schemi o in nicchie ecologiche. Chi vi dice che dovete adattarvi e accettare l’attuale configurazione non solo del mondo, ma anche del vostro corpo, è un reazionario al massimo livello.
Questa litania ripetuta all’infinito, che la tecnologia non è né metodo né schema e neanche un’infrastruttura in fieri (il che è sicuramente negli interessi del potere), ma è una sorta di sistema politico globale a maglie strette, in cui ogni componente tiene assieme il tutto e contiene il DNA che occorre a ricostruirlo, è una manovra retorica sempre più disperata. Se in alcuni casi la normalizzazione è controbilanciata da pressioni autoritarie, come certi boss occidentali che ti danno il cellulare così da poterti reperire sempre, è però vero che globalmente c’è un uso molto diversificato delle tecnologie che si sta imponendo dal basso.
Qual è il valore concettuale di una “tecnologia” intesa come sistema unificato opposta ad una intesa come ecosistema o come vasto spazio di complessi conflitti? Certo, mettere assieme una serie di meccanismi e dire che sono un tutto compatto, la somma delle diverse parti, una megamacchina, è in un certo senso rassicurante. La semplicità del pensiero totalitario ha sempre attirato, ma ciò non significa che sia giusto o che sia un punto di vista adatto al pensiero anarchico.
Un pensiero di questo genere può spingerci a vedere l’insieme e non gli interstizi, le cause, i vari modi in cui il tutto può essere riconfigurato (nel bene o nel male).
I pericoli e le costrizioni dell’analisi geopolitica, il fatto di pensare in termini di istituzioni macroscopiche, sono nel rischio di diventare stupidi, di avere una visuale limitata. Si vede la realtà solo in termini di macrostrutture solide e non si vede la libertà alla base, che fluisce e spinge in direzione spesso contraria alle macrostrutture. Le istituzioni sembrano invulnerabili, dotate di una capacità infinita di appropriazione e cooptazione… finché improvvisamente non crollano.
Credo che Gelderloos, con il suo categorizzare, farebbe meglio a mettere il transumanesimo a sinistra e non sotto il fascismo e la dittatura. Ma lui lo vede in termini di flussi tecnocratici tra le classi di potere e non come una vera ideologia che parte dal basso. È per questo che non vede le tendenze fortemente anarchiche della libertà morfologica.
Questa non è altro che un’attenzione miope per l’ordine neoliberale, per gli attuali sistemi ed istituzioni, come fa scelleratamente Glenn Greenwald che respinge la minaccia fascio-nazionalista e al contempo spinge per un ritorno ai soliti capitalismi e imperialismi.
C’è ovviamente il rischio serio che il neoliberalismo trionfi ancora e che usi il fascismo come spauracchio per inculcare meglio la sua democrazia tecnocratica, ma c’è anche il rischio che prevalga la minaccia nazionalista, e questo è peggio. Un fascismo esplicito, che non si chiude nell’offuscamento e nell’illusione, può essere goffamente sfacciato, ma può anche intuire il lungo termine come i liberal raramente riescono a fare.
L’arma principale di noi anarchici è che sappiamo cosa sta alla base. La nostra è una lunga guerra tra potere e libertà. I liberal, rappresentando l’ideologia dell’ordine e delle istituzioni esistenti, non possono permettersi di riconoscere la base. Dunque è solo nella base, nelle masse ribelli che stanno sotto le strutture istituzionali, che troviamo quelle possibilità che i liberal non vedono e su cui non fanno programmi. È qui che avvengono i colpi di scena, le riconfigurazioni, le botte impreviste di libertà, di quelli che i liberal (e i marxisti) vedono come semplici ingranaggi.
Scrive Gelderloos:
Il capitalismo ha invaso ogni nicchia della nostra vita, ponendoci in guerra contro noi stessi. Il potere dello stato è cresciuto in modo esponenziale e già tante volte ci ha sconfitto.
Ma siamo ancora qui. E non da spettatori marginali la cui unica arma, la rivolta, è sempre più spuntata. Abbiamo attraversato le vene di questo sistema, fatto cambiamenti e pressioni di ogni genere. Decisivo per il nostro successo è stato il riconoscimento delle capacità nascoste sotto i piedi dei giganti e dell’importanza di questo conflitto millenario.
Purtroppo è proprio l’insistere della sinistra tradizionale sulle macrostrutture, reificandole in giganteschi mostri onnipotenti, che porta a due strade ugualmente impercorribili: riformismo e rivoluzione. Magari tenendo in piedi i mostri, o facendo qualche improvviso accordo con loro. Ma così l’estrema sinistra resta intrappolata in un ciclo mentale depressivo.
L’anarchismo deve rompere questa gabbia della sinistra, per vedere le cose nei termini più diffusi, atomizzati e dinamici dell’erosione del potere e dell’insurrezione.
Non esistono magiche macchine olistiche, solo ecologie complesse e sistemi meteorologici caotici. La storia non è fatta di gigantesche, drammatiche tempeste, ma di farfalle che battono le nostre ali.