Quando si parla di droni, l’atteggiamento della maggior parte dei futuristi libertari è il pessimismo. I droni sono generalmente visti in un più ampio scenario tecno-fascista, come l’egemonia USA (fatta di laser orbitanti e robot soldato telecomandati dall’ONU) immaginata dallo scrittore Ken Macleod nella sua serie Rivoluzione d’Autunno.
La tentazione è comprensibile. Dopotutto i droni (combinati con operazioni mobili come l’assassinio di bin Laden a maggio 2011) sembrano aver dato agli Stati Uniti la possibilità di eliminare i capi della resistenza organizzata come al Qaeda in maniera molto più economica del vecchio modello rappresentato dalla controinsorgenza.
Estrapolando, non è difficile immaginare gli Stati Uniti che si evolvono in un regime tecno-fascista completo in grado di ritardare il collasso dello stato corporativo usando droni e soldati telecomandati per distruggere i server islandesi che ospitano Wikileaks o Mega, uccidere gli organizzatori di M15 e Syntagma (e gli organizzatori di Occupy a Oakland), radere al suolo i garage dove si clonano prodotti brevettati dalla General Electrics e altri, o semplicemente assassinare i dissidenti politici che intercettano informazioni da Fort Meade.
Anche John Robb, il mio autore preferito di libri sulla resistenza in rete e sulla guerra asimmetrica, sembra pessimista sugli effetti di lungo termine dei droni. Il vantaggio principale delle comunità resistenziali, questa è la sua opinione, è che sono troppo piccole, decentralizzate e radicali per rappresentare un obiettivo di alto profilo degli stati che si dibattono tra gli spasimi della morte.
Secondo me, questa opinione è troppo pessimistica. I successi spettacolari dei droni in Afghanistan, Pakistan e Yemen sono in realtà dovuti al fatto che questi aerei telecomandati danno un vantaggio temporaneo a chi li utilizza per primo. Noi non possiamo immaginare gli sviluppi della tecnologia quando i costi caleranno, così come non potevamo immaginare gli effetti della cibernetica e di internet sulle istituzioni quando alla fine degli anni quaranta comparvero i primi mastodontici computer a valvole.
È facile immaginare che droni assassini sempre più sofisticati e autonomi saranno soggetti ad un calo esponenziale dei costi di produzione secondo un modello paragonabile alla legge di Moore. Possiamo aspettarci, da qui a qualche anno, droni armati, telecomandati o autonomi, disponibili come tecnologia open-source pronta all’uso. I movimenti di resistenza potranno pilotarli con un computer economico dal garage di casa.
Quando questo accadrà, e la “Superpotenza Mondiale Unica Sopravvissuta” avrà perso il vantaggio del primo arrivato, la tecnologia dei droni andrà a vantaggio della parte con l’infrastruttura organizzativa più decentrata e diffusa, e con i punti di comando più dispersi e determinati. Questo colpirà sproporzionatamente la parte più centralizzata e organizzata gerarchicamente perché è un bersaglio più facile da individuare. Avete capito a quali parti corrispondono queste due descrizioni?
Immaginate, se volete, un mondo in cui ci si può procurare un drone facilmente e a buon prezzo. Ora fermatevi e pensate all’Impero e agli interessi corporativi serviti dall’Impero. Pensate a quanto sarebbe facile individuare come bersagli le case, le chiese e i campi da golf di manager e dirigenti delle compagnie aerospaziali che fabbricano i droni americani; i loro consigli di amministrazione, i centri di comando; le fabbriche; tutta la catena di comando dell’Asia meridionale, da CINC CENTCOM giù giù fino ai singoli battaglioni e i comandi di volo; e la catena logistica, compresi i punti delle basi aeree da cui si pilotano i droni. Capite dove voglio arrivare?
Anche allo stato attuale, il vantaggio americano in materia di droni è dovuto al fatto di avere un’esclusiva nel campo delle tecnologie a basso costo (come i missili Sunburn capaci di affondare una portaerei, le mine, e altro). All’interno delle cerchie di potere USA, la paura di perdere questa esclusiva è così forte che l’ultimo numero della Guida alla Difesa Americana punta sulla necessità di evitare che le capacità di espansione degli Stati Uniti siano sorpassate da semplici, economiche tecnologie: immaginate l’esercito più potente del ventunesimo secolo sconfitto da guerriglieri armati di trappole punji e unità logistiche in bicicletta.
Sarà per una questione di agilità, capacità di ripresa, azione/reazione, ma la società decentrata che sta emergendo comincia già ad assediare il dinosauro del vecchio stato corporativo gerarchico. Come ho detto tante volte, il ventesimo secolo è stato il secolo delle grandi istituzioni gerarchiche. Alla fine del ventunesimo secolo non sarà rimasto molto da seppellire.