Di James C. Wilson. Originale pubblicato il 13 dicembre 2024 con il titolo What is a Tariff? Traduzione italiana di Enrico Sanna.
La risposta potrebbe stupire gli elettori di Trump.
I dazi secondo i sostenitori di Trump
Sono quasi dieci anni che Donald Trump propone i dazi come strumento che elimina i mali degli Stati Uniti. Li ha anche definiti “la migliore invenzione di sempre”. Ne ha fatto l’argomento economico centrale di tutta la sua carriera politica. Tanto che il suo vice, JD Vance, li ha definiti “il cuore del programma economico di Trump”.
Si sa che i suoi sostenitori stimano immensamente Trump, che considerano il salvatore. Praticamente, pendono dalle sue labbra. Uno pensa che il tipico sostenitore, avendo sentito le concioni di Trump per quasi un decennio, sia informatissimo sui dazi: cosa sono, come funzionano e su chi pesano.
Ho deciso di sondare alcuni sostenitori. Ho chiesto, semplicemente: “Cosa sono i dazi?” Come immaginavo, nessuno di loro ha la minima idea di come funzionano. Gran parte dei sostenitori di Trump non sa cosa sono i dazi. Certo i professionisti, quelli che appoggiano Trump sui media di destra, sanno cosa sono, ma hanno confuso e ingannato il loro pubblico fino all’incoerenza.
Le persone con cui ho parlato erano convinte che i dazi fossero tasse a carico di paesi esteri, soprattutto la Cina, come se il governo statunitense avesse il potere di tassare un altro stato. Credevano anche che il governo cinese per evitare i dazi avrebbe trasferito posti di lavoro negli Stati Uniti. Parlavano come se fosse una questione di accordi tra i governi dei due paesi senza il coinvolgimento di terze parti aziendali: gli Stati Uniti presentano il conto alla Cina, la Cina paga e tutto è finito. E tutto ciò avrebbe anche dovuto in qualche modo abbassare i conti della spesa.
Negli ultimi anni Trump ha imbottito i suoi sostenitori di teorie ingenue e semplicistiche, e a quanto pare pochi sono quelli che si son presi la briga di controllare anche solo su Google. Provate e vi accorgerete della loro disinformazione monumentale.
Cosa sono davvero i dazi
I dazi sono tasse che gravano sulle importazioni. Negli Stati Uniti queste tasse vengono pagate specificamente dagli americani che comprano i prodotti importati. Questo vale sia per le aziende che per i semplici cittadini. L’azienda paga i dazi di tasca propria (e subisce un calo del tasso di profitto) oppure passa il costo ai clienti rincarando i prezzi. Detto altrimenti, i dazi sono esattamente il contrario di quello che dice Trump.
I dazi vengono passati al cliente
Il governo degli Stati Uniti non può far pagare una tassa ad un paese straniero o alle aziende che si trovano là, pertanto alla fine sono gli americani a pagare. Anche se il governo degli Stati Uniti mandasse un conto da pagare al governo cinese, quest’ultimo lo passerebbe alle aziende che esportano, che lo passerebbero alle aziende d’importazione negli Stati Uniti, che a loro volta lo passerebbero a te, cliente americano, sotto forma di aumento dei prezzi.
Donald Trump propone dazi del 60 percento su tutti i beni che vengono dalla Cina e del 10-20 percento su quelli che vengono da altrove. In gran parte questi costi saranno trasferiti ai clienti. Guardate da dove vengono certi prodotti che comprate solitamente e chiedetevi se un rincaro tra il 10 e il 60 percento farebbe bene alle vostre tasche.
Non è tra i poteri di un governo stabilire chi paga il costo finale di un dazio. Questo costo viene trasferito a chi ha il minor potere contrattuale, a chi ha più bisogno di qualcosa. È teoricamente possibile accordarsi con l’esportatore su un prezzo più basso così da compensare il dazio, ma è più probabile che l’importatore americano abbia un bisogno disperato del prodotto importato e che sia più che disposto a pagare il costo extra. Se il suo cliente non ha lo stesso bisogno, il costo resta all’importatore. Se invece anche il cliente ha bisogno di quel prodotto, il costo del dazio ricade su di lui. Questo significa che se non puoi fare a meno di quel prodotto, sei tu a dover pagare il dazio fino all’ultimo centesimo.
Dazi e posti di lavoro: rendere tutto più caro
I dazi possono riportare i posti di lavoro negli Stati Uniti, come promette Trump, solo se i prodotti importati vengono resi così costosi che gli equivalenti americani, già cari di per sé, diventano relativamente più convenienti. Affinché le aziende paghino di più i lavoratori americani per fare un prodotto che altrimenti sarebbe importato, i prezzi devono salire. Visto che i lavoratori americani in genere hanno salari più alti di quelli dei paesi in via di sviluppo, i loro prodotti devono essere proporzionalmente più cari di quelli importati.
L’abbiamo visto nel 2018, quando l’amministrazione Trump impose dazi tra il 20 e il 50 percento sulle lavatrici. Secondo il Wall Street Journal il risultato fu un aumento del prezzo sia delle lavatrici importate che di quelle prodotte negli Stati Uniti, dato che i produttori nazionali si accodarono agli aumenti. Rincararono anche le asciugatrici, visto che di norma si comprano con le lavatrici. I dazi effettivamente incentivarono la produzione nazionale di lavatrici, creando così nuovi posti di lavoro nel settore, ma ad un costo che, secondo il Wall Street Journal, fu di 1,5 miliardi l’anno in prezzi più alti. 815.000 dollari per ogni nuovo posto di lavoro. In sostanza, i clienti pagarono centinaia di migliaia di dollari per ogni nuovo lavoratore, il quale incassava poche decine di migliaia di dollari. Il risultato netto fu dunque una perdita di posti di lavoro.
E tutto ciò potrebbe andar bene a quella piccola percentuale di persone che fanno lavatrici e asciugatrici, ma non per tutti gli altri. In fin dei conti, rendere tutto più caro azzoppa l’economia: gli americani hanno meno da spendere per tutti gli altri beni e servizi e questo porta ad una diminuzione dei posti di lavoro in generale. Secondo la Tax Foundation, la politica daziaria di Trump e la loro continuazione sotto Biden è stata “uno dei più grossi aumenti delle tasse degli ultimi decenni”, ed è costata 142 mila posti di lavoro. Secondo le stime, i dazi proposti da Trump per il suo secondo mandato costeranno altri 684 mila posti di lavoro a tempo pieno. Secondo una ricerca della Peterson Foundation, la famiglia media si ritroverà a pagare 2.600 dollari in più all’anno, in aumento rispetto ai precedenti dazi di Trump, costati 1.700 dollari l’anno per famiglia.
Dazi e controdazi
C’è poi la possibilità che dazi aggressivi come quelli proposti da Trump provochino per rappresaglia un’ondata di dazi che, a loro volta, peserebbero sugli abitanti dei paesi colpiti. Questo non farebbe che aggravare la situazione delle aziende americane, destabilizzerebbe ulteriormente l’economia e genererebbe conflitti all’estero.
I dazi della precedente amministrazione Trump, ad esempio, hanno causato dazi di ritorsione che hanno fatto calare di oltre dieci miliardi (da 19,5 a 9 miliardi) le vendite di prodotti agricoli alla Cina tra il 2017 e il 2019. Il risultato è stato un aumento del 20 percento dei fallimenti tra le imprese agricole e una spesa di 16 miliardi in aiuti finanziari nel 2019, che sommati ai 12 miliardi dell’anno precedente fanno un totale di 28 miliardi in due anni.
Conclusione
Lo studio dell’economia è diviso in tante scuole di pensiero in contrasto tra loro su quasi tutto, tranne curiosamente sui dazi. Sinistra, destra o centro, quasi tutti sono contro i dazi perché colpiscono l’economia con prezzi più alti e minore crescita, perché impegnano lavoratori in lavori che è meglio fare altrove e più in generale perché tendono a fare più male che bene.
Stranamente, questo non arriva ai sostenitori di Trump, che sono stati indotti a credere il contrario. Ripeto, i sostenitori di Trump in genere non sanno cosa sono i dazi. Si discute da anni sulle bugie e le false rappresentazioni di Trump, ma stranamente questo argomento viene trascurato, pur essendo facilmente dimostrabile da molti suoi sostenitori. Il che ovviamente non fa che rimarcare come il trumpismo non sia altro che la fede in un governo autoritario, forte e intrusivo spinta da ignoranza e adorazione provincialistica del leader, come tendenzialmente tutti i movimenti.