Il Coma delle Illusioni

Di Kevin Carson. Articolo originale: Konstantin Kisin’s Delusions Are On Life Support, del 18 gennaio 2024. Traduzione italiana di Enrico Sanna.

Il 22 ottobre scorso Konstantin Kisin pubblica un articolo su The Free Press (una pubblicazione fondata da Bari Weiss e specializzata in scenate contro la cultura “woke”) che immediatamente fa il giro del web. Il grande successo riscosso da “The Day the Delusions Died” (Il giorno che le illusioni sono morte, ndt) presso la destra è confermato dal fatto che il giorno dopo spopolava su Twitter. Kisin attacca con lo stereotipo stanco dei conservatori che sarebbero “liberal che sono stati fregati”: “Una mia amica scherzando mi ha detto che il sette ottobre si è svegliata liberal ed è andata  a dormire che era una conservatrice sessantacinquenne.”

Detta la battuta, Kisin spiega che la conversione al conservatorismo della sua amica è merito di Thomas Sowell, la pseudo serietà incarnata preferita dalla destra, la più grande fonte di banalità finto profonde dopo William F. Buckley. E cita in particolare un sempreverde della destra: “la natura umana”.

Siamo in disaccordo in materia politica, dice Kirin, perché siamo in disaccordo riguardo la natura umana.

Chi vede il mondo con “sguardo ampio” pensa che l’uomo sia malleabile, perfezionabile. Crede che i mali sociali possano essere sconfitti attraverso un’azione collettiva che induca le persone a comportarsi meglio. Chi pensa così, crede che la povertà, il crimine, la disuguaglianza e la guerra non siano inevitabili. Sarebbero invece degli enigmi che possono essere risolti… Questa visione del mondo sta alla base della mentalità progressista.

Per contro, chi guarda al mondo con “sguardo ristretto” vede nella natura umana una costante universale. Nessuna ingegneria sociale può trasformare la pura realtà del fatto che l’uomo è egoista, o il fatto che empatia e socialità sono risorse inevitabilmente scarse…

La barbarie di Hamas, con il coro di dilucidazioni e celebrazioni che in occidente ha accompagnato la sua orgia di violenza, ha portato ad un esodo istantaneo dal campo “ampio” a quello “ristretto”.

Il sette ottobre molti si sono svegliati pieni di simpatie per l’ideologia woke salvo poi andare a letto riflettendo sul fatto di aver accettato una visione del mondo che non aveva niente da dire riguardo gli stupri e gli assassini di innocenti compiuti da terroristi.

Sowell, spiega Kisin, in materia d’immigrazione la pensa diversamente dai progressisti che credono che l’Occidente sia in grado di assorbire ondate migratorie all’infinito senza conseguenze sociali o culturali negative. Al contrario, gli occidentali stanno aprendo gli occhi davanti al fatto che gli immigrati non occidentali portano ogni genere di nefandezza, dal crimine comune al terrorismo: “noi non sappiamo se ci arriverà un pensionato ottantenne armeno o un terrorista jihadista che complotta un altro undici settembre.”

Dunque l’attentato terrorista di Hamas avrebbe aperto gli occhi a tanti “delusi” di sinistra, che finalmente hanno capito la verità: che la civiltà occidentale è fonte di molte tra le più interessanti scoperte scientifiche, tecnologiche, sociali e culturali della storia”, e che gli Stati Uniti e i paesi alleati sono “gli unici posti al mondo” in cui i valori liberali e progressisti “sono anche solo considerati valori”, e che l’Occidente è un baluardo contro “il caos e la barbarie”.

L’articolo di Kisin potrà anche impressionare chi conosce poco o per niente la storia delle nostre società. Ma non è altro che una dichiarazione delle sue illusioni campate in aria, che per quanto si rivolgano a persone ignoranti, non reggono a un’analisi.

Cominciamo da una scomoda (per Kisin) realtà: che il tasso di criminalità tra gli immigrati clandestini è la metà di quello di chi è nato negli Stati Uniti. E che per quanto i conservatori continuino a lanciare l’allarme sulla criminalità nelle “zone urbane” a maggioranza democratica, è immensamente più alto il tasso di criminalità nelle zone rurali a maggioranza bianca. Anche togliendo le grandi città “democratiche”, il gap tra stati democratici e repubblicani rimane. Nella classifica delle contee con più violenza con armi da fuoco, le prime venti sono nel sud rurale.

Gli stati della vecchia Confederazione hanno un alto tasso di criminalità che risale all’Ottocento, in gran parte dovuto ai valori culturali inculcati alla popolazione bianca. Così scrivono Jeff Asher, Ben Horwitz e Toni Monkovič:

Secondo un articolo del New York Times del 1998, esiste “un divario storico documentato” per cui “tutti gli stati ex schiavisti della vecchia Confederazione rientrano tra i primi venti per omicidi, a partire dalla Louisiana che nel 1996 aveva 17,5 omicidi ogni centomila abitanti.”

Secondo studi condotti sui casellari giudiziali, tra il 1800 e il 1860 il tasso di omicidi della Carolina del Sud era il quadruplo del Massachusetts. Situazione molto simile nel 1996, oltre un secolo dopo. Ancora nel 2018 nella Carolina del Sud c’erano 7,7 omicidi ogni centomila abitanti contro i 2 del Massachusetts: quasi il quadruplo.

Nell’Ottocento, negli stati meridionali era più diffusa la “giustizia personale” e il “delitto d’onore”, per cui le offese personali sfociavano spesso in duelli mortali.

Un insieme di cose, tra cui il Secondo Grande Risveglio religioso, coloni e pattuglie schiavistiche e “cultura dell’onore” irlandese-scozzese, ha prodotto un’eredità tossica. Certo è difficile credere che quei tipi torvi con gli occhiali scuri e gli adesivi col teschio di Molon Labe sul lunotto di quei simboli fallici che sono i pickup siano proporzionalmente più inclini alla violenza irrazionale e insensata, ma tant’è.

Anche il concetto idealizzato che ha Kisin dell’Occidente e di Israele come di paesi culturalmente avanzati, con un rispetto unico della sacralità della vita, non regge davanti alla storia terroristica di Israele. La Nakba rappresenta l’atto fondativo di Israele, riassunto così da Mohammed Haddad: “Le forze militari sioniste espulsero non meno di 750 mila palestinesi dalle loro terre e dalle loro case, impadronendosi del 78 percento della Palestina storica.”

Tra il 1947 e il 1949 l’esercito sionista attaccò le principali città palestinesi e distrusse circa 530 villaggi. In una serie di atrocità di massa, tra cui decine di massacri, morirono circa 15 mila palestinesi.

Il nove aprile 1948 le forze sioniste compirono uno degli atti più feroci della guerra, il massacro del villaggio di Deir Yassin nell’hinterland occidentale di Gerusalemme. Poco prima della nascita dello stato di Israele, miliziani delle bande sioniste Irgun e Stern uccisero oltre 110 tra uomini, donne e bambini.

Come antidoto a tutta l’altisonante retorica israeliana che parla di “resistenza contro la barbarie” e dell’“esercito più etico della storia” guardate questo spezzone del film Tantura, dal nome di un villaggio costiero palestinese raso al suolo nel 1948, in cui anziani israeliani veterani della Nakba confessano i loro crimini contro l’umanità.

Per crimini della stessa specie e entità Milošević finì davanti al tribunale dell’Aia. Soprattutto i massacri compiuti dalle milizie sioniste come Irgun e dalla banda di Stern (come a Deir Yassin) dimostrano che Hamas non vanta nessun primato.

E non si tratta di qualche increscioso ma ormai irrilevante retaggio della fondazione di Israele, come dimostrano le azioni dei kahanisti e di altri squadroni della morte in Cisgiordania fino ai giorni nostri. Basta pensare agli attacchi fatti da terroristi coloni contro villaggi palestinesi in questi ultimi anni, in uno dei quali fu bruciato vivo un bambino palestinese con conseguente festeggiamento da parte dei coloni.

Oppure prendiamo il linguaggio genocida che dopo il massacro del sette ottobre ha invaso Israele. Come Ariel Kallner, il deputato della Knesset che ha invocato “una Nakba molto più grande di quella del ’48.” O Isaac Herzog, presidente israeliano, per il quale a Gaza non c’è differenza tra Hamas e civili innocenti, e ha dichiarato la responsabilità e la punizione collettiva. Amir Weitman, del pensatoio di estrema destra Misgav, ha scritto un vero e proprio documento programmatico che chiede “il trasferimento e l’inserimento in Egitto di tutta la popolazione di Gaza.” In seguito il tweet di Misgav è stato cancellato, ma si può trovare ancora presso Internet Archive (qui in traduzione inglese).

I tentativi di fare distinzione tra “l’esercito più etico del mondo” e “l’unica democrazia in Medio Oriente” da un lato e “le bestie umane” di Hamas dall’altro risulta particolarmente ipocrita, dal momento che Israele ha aiutato nascostamente Hamas quando era agli inizi, nella speranza di indebolire la causa palestinese e invalidare la soluzione a due stati contrapponendo una forza fondamentalista alle organizzazioni laiche di al-Fatah e Olp. Nonostante in pubblico usi parole di fuoco, Netanyahu con Hamas ha relazioni di collaborazione più che di sfida.

Lo stesso si può dire dell’Occidente in generale. Contrariamente a quello che afferma Kisin, per il quale l’Occidente si è trovato a subire dall’esterno una barbara carneficina non provocata, l’Occidente in Medio Oriente è causa di disordini fin dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Ha cominciato con l’accordo di Sykes-Picot che divideva le vecchie province arabe dell’impero ottomano in due mandati, britannico e francese, rompendo la promessa di T.E. Lawrence di uno stato arabo nella Grande Siria, mentre con la Dichiarazione di Balfour ha promosso, con intenti destabilizzanti, la colonizzazione di massa della Palestina ad opera di coloni sionisti. La Gran Bretagna dal canto suo ha favorito attivamente l’arricchimento della famiglia Saud in Arabia, iniziando la forte espansione dell’influenza ideologica e politica del fondamentalismo wahhabista (la setta di Al Qaeda e Isis) degli anni seguenti. Come Israele, anche gli Stati Uniti hanno appoggiato la Fratellanza Musulmana al fine di contrastare con una forza fondamentalista l’influsso laico di Nasser e dei baathisti. Hanno inoltre promosso la crescita di al Qaeda, destabilizzando l’Afganistan e fornendo aiuti ai guerriglieri Mujaheddin, e destabilizzando uno stato laico, non settario, come l’Iraq (atti senza i quali non sarebbero sorti al Qaeda in Iraq e Isis).

Anche il nazionalismo etnico che incendia molti conflitti mediorientali è un’ideologia importata dall’Occidente. Il senso di affinità verso persone della stessa etnia, lingua e cultura, e per converso il senso di ostilità verso tutti gli altri, in Occidente è pressoché universale. L’idea che lo stato sia lo Stato di un determinato popolo, e che ogni popolo debba vivere in uno stato siffatto, è quasi interamente creazione della Rivoluzione Francese e degli avvenimenti successivi. Il regime rivoluzionario del 1789 elevava la nazione a divinità. Fu così che il dialetto parlato nell’Île de France diventò “il francese”, ovvero la lingua ufficiale del “popolo francese”, concetto che comprendeva non solo i parlanti di questo dialetto della langue d’oil ma anche i provenzali, i bretoni e altre popolazioni di nazionalità diversa. A questa ideologia seguì in tutta l’Europa un’ondata di nazionalismi dello stesso genere, tra cui il Sionismo di Herzl, fino a toccare le popolazioni arabe dell’Impero Ottomano.

Chi ha bisogno di prendere lezioni di “natura umana” è proprio Kisin, invece. I fatti recenti di Gaza e Israele possono fare lezione, ma Kisin non li vede. Se non altro, l’attacco di Hamas dimostra che una pluridecennale oppressione senza vie d’uscita può trasformare un popolo oppresso in una mostruosità. In un’intervista rilasciata nel 2002, lo psichiatra palestinese Eyad El Sarraj citava studi ed esperienze cliniche proprie che dimostravano come le persone adulte che compiono attentati suicidi provenissero da un’infanzia caratterizzata da violenze e umiliazioni inflitte dalle forze di occupazione israeliane.

Voglio innanzitutto dire che a compiere attentati suicidi in questa intifada sono i bambini della prima intifada, persone che hanno subito traumi fortissimi da piccoli. Crescendo, la loro identità si è fusa con l’identità nazionale dell’umiliazione e della sconfitta, che essi poi vendicano a livello personale e nazionale.

… Secondo studi condotti durante la prima intifada, il 55 percento dei bambini aveva visto i propri genitori subire umiliazioni o pestaggi da parte di soldati israeliani. L’impatto psicologico è enorme. Il padre, che normalmente rappresenta l’autorità, è visto come una persona inerme, incapace di proteggere non solo i figli, ma anche se stesso. I figli assumono così un atteggiamento più militante, più violento. Ognuno è il prodotto dell’ambiente in cui cresce. Un bambino che testimonia una grande disumanità, ovvero in sostanza la politica d’occupazione israeliana, inevitabilmente crescendo reagisce in modo altrettanto disumano. È così che bisogna leggere il fenomeno degli attentatori suicidi.

… Gli attentati suicidi e tutta la violenza di quel genere… sono solo sintomi, la reazione ad un processo cronico, sistematico, che consiste nell’umiliare le persone al fine di distruggere le loro speranze e la loro dignità. … Prima di lasciare Gaza quest’ultima volta, uno degli psichiatri infantili della clinica mi ha raccontato quello che gli avevano confidato i bambini in cura riguardo un loro passatempo: non giocavano ma cercavano di fabbricare un mortaio, cercavano di capire come farne uno artigianalmente.

Parallelamente, come spiegavo prima riguardo il comportamento dei coloni israeliani, gli oppressori diventano essi stessi mostri. Chi non è sociopatico, può tollerare il logorio psichico causato dal fatto di essere un oppressore solo isolando il proprio comportamento e disumanizzando le vittime.

E poi come si fa a parlare con una faccia seria di valori “progressisti” e “liberali” dell’Occidente contrapposti alla “barbarie” del sud del mondo, visti gli enormi crimini mostruosi commessi dall’Occidente contro le popolazioni sottomesse durante l’era coloniale e dopo. Basta pensare alle atrocità commessse in Congo dal governo di Re Leopoldo, e poi dopo l’indipendenza da Moise Tsombe con l’aiuto del Belgio. Pensiamo ai massacri e le torture attuate dai britannici durante la rivolta dei Mau-Mau in Kenya, o a quello che hanno fatto i francesi in Algeria. Pensiamo ai milioni uccisi dai colpi di stato e dagli squadroni della morte col sostegno degli Stati Uniti a partire dal 1945. Il tutto moltiplicato diverse volte.

Per concludere, se cercate un esempio di “natura umana” corrotta, guardate Kisin che, pur se inavvertitamente, fa capire fino a che punto ci si può spingere nel legittimare le atrocità dei potenti.

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