Di Siddharth Sthalekar. Originale: Memetic Propagation and Mediation: Tools for the Distributed Economy, 6 luglio 2020. Traduzione di Enrico Sanna.
L’ordine di stare a casa imposto durante la pandemia mi è tristemente famigliare. Mi ricorda il mese di coprifuoco durante le rivolte di Bombay, quando avevo undici anni.
La vita comunitaria dominava la nostra società indiana. Se lo stato funzionava secondo rigidi principi monopolistici sovietico-socialisti, la vita quotidiana era invece immersa in una genuina diversità culturale. Tutto attorno a me era vibrante di vita e multidimensionale, dall’arte al cibo alle filosofie. Parlavo cinque lingue (non dialetti) senza sapere che era una cosa insolita.
Le rivolte, però, rivelarono gli aspetti negativi della vita comunitaria. Sbirciavo dalla finestra, cosa che non dovevo fare, e vedevo gli adepti di una comunità religiosa che sfasciavano le case di un’altra comunità. Mi chiedevo cosa li spingesse, dopo generazioni di convivenza. Ci vedevo la vulnerabilità della fiducia reciproca.
Per l’India questi fatti furono una svolta. Negli anni novanta arrivò il tanto atteso ingresso nella globalizzazione. Si aprivano le frontiere al commercio, eravamo incoraggiati ad unirci alla tendenza neoliberale che stava conquistando il mondo. Il patto era semplice: abbandonare (o mettere a tacere) le nostre caotiche identità culturali e partecipare al flusso mondiale iperefficiente e senza frizioni di capitali e lavoro. Liberarci dai pericoli del tribalismo e unirci alla monocultura degli adoratori di Michael Jordan. Il mondo era piatto, e piatte erano anche le nostre identità.
Ma sapevamo anche che il patto era un imbroglio. E lo rivela il covid-19 che segna l’inevitabile collasso del neoliberalismo. Il confinamento nel mio alloggio di Singapore mi ricorda il coprifuoco a Bombay. Ma se le rivolte spingevano verso la centralizzazione, questa crisi sembra imporci il ritorno ad un’espressione culturale più genuina.
La possibilità di ricostruire un’organizzazione decentrata potrebbe essere contenuta nei principi del Gram Swaraj[1], un movimento creato da Gandhi durante la lotta per l’indipendenza.
Il movimento nacque quando si capì che chiedere agli imperialisti di lasciare l’India non era sufficiente alla realtà nascente. La colonizzazione era parte del cuore dell’industrializzazione, la sua forza omogeneizzante aveva un potenziale distruttivo per un paese edificato sulla diversità estrema. Se si vuole ricreare la capacità organizzativa decentrata occorre instillare un orgoglio genuino per le nostre identità senza però scadere nel tribalismo.
Il Modello Economico del Gram Swaraj
La forma iconica del charkha, o filatoio, potrebbe essere considerata la rappresentazione ideale del modello economico utilizzato dal movimento. Ogni comunità aveva accesso alle tecnologie a basso costo alla base del charkha, ognuno poteva copiarne lo schema di base, adattarlo alle proprie necessità tecniche o al tipo di cotone coltivato. Questa filosofia, unita ad una rete diffusa di “Satyagrahis”, servì a far rivivere le varie identità culturali del paese.
Il contrasto tra il charkha e l’industria tessile dava un’idea perfetta del contrasto tra il modello economico centralizzato e quello decentrato. Il modello industriale vive grazie alla sacralità del design, che serve a generare un flusso di introiti verso chi ne detiene la proprietà. I modelli decentrati considerano sacri i confini, mentre le tecnologie possono essere adattate al contesto.
In poche parole, passare dal centralismo al decentramento non basta se non c’è una teoria sottostante che sostenga le diversità culturali. La cultura unica è l’antitesi della rete diffusa. La diffusione dei meme è il fattore chiave di un design che funzioni per la comunità e che eviti che guardiani ne impediscano gli adattamenti.
I principi organizzativi di queste realtà possono essere così riassunti:
Economie Centralizzate: “App o Business”
Prodotto di Tecnologie Specifiche e Cultura Generica
Economie Decentrate: “Circondari”
Prodotto di Tecnologie Generiche e Cultura Specifica.
L’importanza della Formalizzazione
Come può una comunità costruire una cultura specifica senza cadere in uno schema socio-patriarcale tradizionale che spesso diventa tribalismo? L’opera dell’economista gandhiano JC Kumarappa illustra alcuni principi che servono a legittimare le varie forme di valore, in quanto capitale, usando un ampio spettro di valute. Parte di queste teorie sono state modificate da autori come EF Schumacher e, più di recente, da studi sugli schemi valutari come Metacurrency Project e Commons Engine.
Il gandhiano Rajni Bakshi’s in Bazaars, Conversations and Freedom articola la questione come se fosse un’estrazione delle forze di mercato dal tessuto sociale[2].
Forse è importante creare un linguaggio economico formale che unisca il tessuto sociale e che faccia da complemento al capitale monetario, o che sia in competizione con esso.
In altre parole, possiamo riprendere le nostre identità culturali se creiamo linguaggi economici formali che ci aiutino ad articolare il capitale sociale.
Simili schemi si possono ottenere amplificando l’utilizzo delle monete basate sulla reputazione (come proposto da organizzazioni come Sacred Capital). Queste monete sono tendenzialmente endogene, contestuali, relative, e a somma non zero e forniscono il tessuto più adatto al processo di cattura, ma anche mantenimento, della natura sfumata della cultura.
Questo è possibile grazie alla graduale ascesa di tecnologie agentocentriche (un piccolo sottoinsieme dei sistemi a contabilità distribuita) come Holochain. Qui ogni utente mantiene la propria invariabile versione personale di contabilità, e questo fa sì che non ci sia bisogno di registrare la “verità” in qualche luogo universale. Si possono così assemblare pezzi di realtà fortemente contestuali e, cosa più importante, dare la capacità ad ognuno di intervenire sul proprio registro.
Il bassissimo costo di mantenimento di questi registri comporta la capacità di formalizzare non solo ciò che è monetariamente importante, ma anche ciò che è contestualmente critico.
Due sono gli strumenti che permettono di rivitalizzare i temi principali del Gram Swaraj:
Propagazione Memetica:
La natura agentocentrica di queste tecnologie dà la possibilità di “duplicare” molti strumenti tecnici al fine di adattarli ad un’ampia varietà di contesti. Iniziative come Holo-REA, Value-Flows, Sacred Capital, tutte sotto l’egida di Economikit, offrono questa possibilità. Questo significa che ogni comunità può articolare una propria cultura invece di essere costretta ad operare sotto una globale generic culture imposta da imperi tecnologici in nome di tecnologie di facile utilizzo.
Tradizionalmente, le economie centralizzate utilizzano un sistema misto monetario e normativo al fine di articolare la cultura, e agevolarne la diffusione all’interno del loro ecosistema. Al contrario, le tecnologie agentocentriche democratizzano la possibilità di articolare formalmente la reputazione e di controllare il potere interpretativo all’interno di qualunque comunità, a prescindere dalle sue dimensioni. L’utilizzo di un tessuto reputazionale permette la propagazione per risonanza, e non basata sulla ricerca di una rendita, a causa della sua natura a somma non zero. Poiché idee e meme sono creati dalla comunità, la loro diffusione avviene attraverso un processo di propagazione memetica simile al processo evolutivo del DNA. Progetti e conversazioni sviluppate da Microsolidarity ne sono un esempio.
Mediazione Memetica
Le tecnologie agentocentriche permettono ai singoli utilizzatori di esportare i propri dati reputazionali in tutto l’ecosistema attraverso il consenso. Questo significa che ogni individuo si affaccia alle nuove reti o comunità non da straniero, ma con un importante contesto alle spalle.
Attraverso il processo della mediazione, possiamo immaginare ponti funzionali contestuali che si allungano tra comunità prima escluse da tali possibilità. (Progetti come “Neighbourhoods” e Reputation Vault giocano qui un ruolo chiave). Alla lunga, questo facilita l’uscita dal tribalismo, man mano che le comunità sviluppano meccanismi di feedback che permettono la collaborazione e la comunicazione reciproca. Da qualche decennio, il ponte per eccellenza tra le tribù del pianeta è rappresentato dal “commercio”. Dato il calo di questi ultimi due anni, c’è la possibilità che nasca un altro ponte basato su un processo di mediazione e evoluzione culturale condivisa.
L’acquisizione della capacità di padroneggiare l’arte della mediazione e della propagazione memetica, che avverrà nel decennio a venire, non solo offrirà soluzioni al problema dell’organizzazione e della condivisione delle conoscenze, ma potrebbe anche aiutare a porre paletti al flusso dei capitali, dei contenuti e del lavoro nel lungo termine.
Esportare capacità può finalmente servire a creare reti di intelligenza sociale che guidino il coinvolgimento e le interazioni all’interno di una comunità e tra una comunità e l’altra. Questa potrebbe essere un’alternativa, incentrata sull’agente e decentrata, alla nostra dipendenza dal coinvolgimento algoritmico centralizzato. L’attrattiva che esercita l’efficienza dell’intelligenza artificiale alla luce della pandemia, dei cambiamenti climatici e degli choc monetari è forte, pur essendo proprio questa forma di pensiero ad inasprire i problemi. Man mano che cresce la percentuale dei profitti aziendali generati dalle grosse aziende, le nazioni più popolose del pianeta pongono seriamente in dubbio il ruolo dell’agenzia umana, e si chiedono se dare potere all’imprenditorialità sia davvero la strada che porta alla ricchezza economica di una nazione. È dunque importante generare nuovi cicli di feedback che articolino e amplifichino nuove dimensioni di valore se si vuole creare una visione che migliori le sorti di un’ampia fetta della popolazione.
Note
1. Gram (n): villaggio, comunità; Swaraj (n): Auto-sovranità che emerge dall’agenzia. Il Gram Swaraj, concetto creato dal Mahatma Gandhi e poi sviluppato da Vinoba, promuove la trasformazione di ogni villaggio in un’entità autonoma autosufficiente in cui sono disponibili tutti i sistemi e le strutture atte a vivere degnamente. L’ideologia gandhiana ha insegnato ad unire la felicità con la crescita sostenibile. Swaraj è l’autogoverno che tende continuamente verso l’indipendenza e l’autosufficienza. Il Gram Swaraj, o autogoverno del villaggio, è decentrato, umanocentrico e ripudia lo sfruttamento. Favorisce la tendenza ad una semplice economia di villaggio e all’autosufficienza.
2. Le transazioni economiche hanno sempre fatto parte della società ma erano inserite nel tessuto sociale (si contrattava anche aggressivamente ma l’attività era limitata alle stesse persone all’interno della comunità). Con l’ascesa del commercio mondiale, invece, i mercati sono separati dalla società e questo ha generato una forza omogeneizzante che domina su tutto.