Di Kevin Carson. Originale pubblicato il 30 ottobre 2019 con il titolo Review: A DisCO Manifesto. Traduzione di Enrico Sanna.
Come dice Ruth Catlow nell’introduzione, i DisCO rappresentano un’alternativa alle organizzazioni autonome decentrate (DAO) sotto forma di cooperative distribuite aperte. Sono finanziati da soci intestitori invece che da capitali di terze parti, e organizzate attorno ad un’infrastruttura fatta di “contratti legali open-source interoperativi, con costi iniziali e gestionali prossimi a zero”. A differenza del modello predominante dei DAO (caratterizzati da “meccanismi astratti e pericolosamente necrotici di interazione con la contabilità”), i DisCO si basano sull’interazione in ambito locale di persone fisiche. Nel modello rappresentato dai DisCO, “i flussi economici sono solo una parte di un sistema che è in evoluzione continua…”
Contrariamente ai DAO, i DisCO operano attraverso un’organizzazione decentrata e non distribuita, le relazioni sono cooperative e non autonome, e comprendono “un insieme di strumenti e pratiche organizzative rivolte a gruppi di persone che intendono lavorare assieme in un sistema economico di tipo cooperativo, orientato ai beni comuni e ispirato ai principi del femminismo.” I quattro componenti principali sono: “i beni comuni e il rapporto paritario (p2p), il cooperativismo aperto, un rendiconto trasparente e un’economia di tipo femminista.”
I DAO sono stati il primo modello organizzativo nato per incorporare la blockchain e i contratti intelligenti, ma dalla loro nascita nel 2013 “hanno deluso aspettative”. Le applicazioni basate sulla blockchain sono scarsamente adottate, spesso i sistemi di identificazione richiedono enormi dispendi energetici. Le infrastrutture delle blockchain sono tutt’altro che economicamente alternative, i principali attori disposti ad investire pesantemente nell’alta tecnologia sono banche multinazionali come la HSBC e aziende tecnologiche come Facebook.
I DisCO preferiscono il termine “distribuito” a “decentrato”…
esplicitamente per sottolineare la questione del potere. Come dice David de Ugarte, spagnolo, teorico del cyberpunk, “Ogni architettura di rete nasconde una struttura di potere”. Le reti decentrate vantano la connettività tra i nodi, ma tacciono sulle dinamiche di potere e sull’influenza esercitata da certi singoli nodi. Bitcoin, ad esempio, favorisce chi per primo ha avuto accesso al protocollo e chi ha il privilegio economico di poter investire in fabbriche di server che vanno a energia sporca al fine di generare nuova moneta. Il risultato è che i Bitcoin hanno il disonore di avere un coefficiente Gini (diseguaglianza) superiore a gran parte delle attuali valute a corso forzoso. Tecnologia decentrata non significa risultati decentrati! Sì, teoricamente chiunque può partecipare alla rete, ma solo partendo da una posizione di forte privilegio e di potere: volendo, i guardiani di questo centro decentrato potrebbero mandare gambe all’aria l’intera rete. E gli altri che mangino le brioche (di Bitcoin)!
Questo conferma la mia scarsa stima verso il Bitcoin, che ritengo l’esempio meno convincente immaginabile di tecnologia blockchain. Sia il blockchain che le valute digitali hanno un grande potenziale, mentre Bitcoin in sé è uno strumento capitalista deflazionario che funge soprattutto da bene d’investimento in cui concentrare ricchezza, ed è pertanto adorato da libertari di destra ideologi della moneta sonante.
L’architettura distribuita dei DisCO si basa sul principio dell’equipotenziale, che favorisce l’equo accesso e la partecipazione da parte di tutti i nodi di una rete (contrariamente alla legge del potere che governa molte reti).
Quando diciamo che preferiamo “distribuito” a “decentrato”, intendiamo due cose. Primo, sono strutture di un potere distribuito tra individui all’interno di un’organizzazione, e tra i vari sottogruppi di tale organizzazione. Secondo, sono strutture di potere distribuito tra una data organizzazione e altri DisCO.
Il problema dei DAO è stato illustrato da Primavera de Filippi specificamente a proposito di Ethereum: “raggiungono l’autosufficienza facendo pagare agli utenti i servizi offerti sulla base di ciò che serve per pagare le risorse occorrenti (come l’ampiezza di banda e la potenza di calcolo).”
Così commenta DisCO Manifesto:
Loro guadagnano i loro soldi, fanno contratti e pagano i servizi; possono creare e utilizzare il loro potere economico. Autonomo, autosufficiente, decentrato… L’aspetto positivo dei DAO è che possono ridurre drasticamente i costi della collaborazione sociale orizzontale, tagliare i costi burocratici e automatizzare procedimenti noiosi, ma possono anche essere impiegati dalle attuali strutture di potere per cementare il potere egemonico esistente trasformandolo in un inevitabile potere cibernetico.
Questo significa, spiega la de Filippi, che i DAO “potrebbero portare ad una società totalitaria che funziona (quasi esclusivamente) sulla base di contratti che si autoimpongono e che stabiliscono regole a cui tutti devono adeguarsi senza limiti costituzionali.”
Per contro, il DisCO immagina un’alternativa in cui “si può iniziare a mettere su organizzazioni di natura cooperativa e distribuita. Organizzazioni le cui infrastrutture legali e tecnologiche si basano sull’assunto secondo cui gli esseri umani hanno una natura cooperativa…”
I DisCO, e le interconnessioni a rete tra loro, sono pensati per favorire la nascita di una controeconomia interamente postcapitalista negli interstizi dell’attuale economia capitalista.
…se le cooperative sono isole in un mare di capitalismo, ciò che ci occorre è una flotta di catamarani, ponti, linee di dati che le pongano in comunicazione tra loro e con le altre economie trasformative. Il nostro concetto di cooperazione in questo contesto comprende le collaborazioni che fanno un buon uso del salvabile della [contabilità distribuita] ma anche della cultura dei beni comuni e dei movimenti cooperativi… Pensiamo che un approccio accomodante alla macchina sia ciò che ci permette di captarne i benefici fornendo allo stesso tempo la necessaria critica e punti di riferimento contro la strumentalizzazione cieca dei DAO a fini speculativi, tecnocratici e capitalisti, con tutti i prevedibili danni socio-ambientali che ne derivano.
Noi proponiamo i DisCO come risorse per mettere a buon uso la potenza della contabilità distribuita e le tecnologie paritarie (p2p) ponendo come priorità il vantaggio per l’uomo. I DisCO sono l’idea perfettamente realizzabile e affermativa di nuove forme di governance, imprenditoria, proprietà e finanziamento volte a lottare contro le pervasive disuguaglianze economiche. Puntiamo anche ad accumulare sinergie tra settori correlati ma spesso isolati che hanno bisogno di edificare migliori alleanze strategiche e così sviluppare soluzioni creative e inclusive.
I succitati “settori isolati” sono i quattro principali componenti integrati nel modello DisCO:
*Beni Comuni e P2p: I beni comuni sono sistemi guidati e organizzati comunitariamente al fine di gestire risorse, e spesso nascono nello spazio tra il mercato e lo stato. Paritario o p2p indica relazioni sociali agerarchiche e non costrittive tra reti spesso potenziate da infrastrutture tecnologiche. Il p2p fornisce un’infrastruttura di supporto alla gestione comune. Gli esempi vanno dalle aree boschive gestite in cooperativa alle reti d’acqua potabile e per l’irrigazione, alle valute sociali, il software libero e open-source, gli spazi urbani autoorganizzati, le reti manifatturiere distribuite e tanto altro.
*Cooperativismo Aperto: Si tratta di cooperative locali, orientate ai beni comuni e collegate in rete a livello transnazionale, specializzate in opere sociali e ambientali. Possiamo considerarle il lato sperimentale del cooperativismo di piattaforma, con l’intento di esplorare punti di convergenza tra beni comuni e movimenti paritari assieme al mondo delle cooperative e l’economia sociale solidale. Tra gli esempi possiamo citare Enspiral, Fairmondo, L’Atelier Paysan, AnyShare e la rete Mutual Aid.
*Rendicontazione Open Value: Forma di rendicontazione per cui un dato contributo ad un progetto condiviso viene registrato al fine di permettere un’analisi retrospettiva della suddivisione del contributo e del lavoro e permettere così una migliore e più equa distribuzione del reddito. Questa forma di rendicontazione garantisce la sovranità del valore, ovvero un bene comune regola da sé le sue relazioni di mercato così che gli aspetti di fondo della ricchezza comune e delle relazioni sociali rimangono inalienabili. Tra gli esempi: Sensorica, Backfeed, CoMakery e MetaMaps. Questa forma di rendicontazione accentua anche il lavoro invisibile, il che ci porta alla…
*Economia Femminista: Questa scuola di pensiero economico dichiara la sovranità del valore anche sfidando nozioni normative di astrazione economica, un aspetto duramente persistente nell’ambito delle blockchain. L’Economia Femminista propone un approccio più olistico al concetto tradizionale di “economia”, portando nella teoria economica fattori spesso invisibili e non retribuiti come l’assistenza, il contatto umano, l’interdipendenza e l’affettività. Gli esempi abbondano ma spesso sono nascosti.
Oltre a sintetizzare queste componenti, in passato troppo spesso messe da parte, i DisCO pongono una serie di principi organizzativi di base intesi a determinare il carattere del più ampio sistema formato dai collegamenti tra i vari DisCO stessi. Questi sono orientati al valore, e non agnostici, finché sono guidati da priorità sociali e ambientali. Sono governati da una pluralità di parti interessate. Sono volti a sostenere ed espandere i beni comuni. Pur agendo localmente secondo i principi del Cosmolocalismo o del “Progetta localmente, produci globalmente”, condividono “risorse e flussi di valore” globalmente con nodi affini. Si basano sul “lavoro assistenziale”, sia per quanto riguarda la gestione del DisCO in sé in quanto entità che ha bisogno di assistenza, che per quanto riguarda l’attenzione da dedicare ai bisogni dei membri. Si servono di un sistema di tracciamento del valore che traccia il valore gratuito o il valore che genera beni comuni oltre al valore generato dall’assistenza che tiene in piedi il collettivo dall’interno, e il “valore di sostentamento” che porta reddito dall’esterno. Infine, perseguono una logica federativa che promuove la cristallizzazione in un sistema gestionale distribuito.
DisCO utilizza l’architettura blockchain, ma la pone in secondo piano rispetto ai valori citati e al loro servizio. Una delle applicazioni pratiche è la piattaforma Community Algorithmic Trust (CAT), che effettua il tracciamento del valore in un dato nodo.
DisCO non rappresenta un modello monolitico, uguale per tutti. È aperto alla collaborazione con organizzazioni dell’ecosistema Social Solidarity Economy, che però preferisce altri modelli organizzativi.
DisCO mi ricorda vagamente il modello della phyle, in quanto come quest’ultimo (il cui ideale teorico è ispirato alla pratica dell’organizzazione prototipica, la phyle Las Indias) è stato sperimentato per la prima volta dal Guerrilla Translation/Media Collective. La Guerrilla Translation, nata nel 2013, è stata riorganizzata attorno al modello DisCO nel 2018. Come già Las Indias, anche Guerrilla Translation/Media Collective sta gradualmente diventando una rete ad ombrello man mano che scorpora nodi con funzioni differenziate. Uno di questi nodi, Guerrilla Agitprop, dirige Commons Transition. Alcune grosse organizzazioni, come Smart Coop con i suoi 35.000 membri, stanno esaminando la possibilità di adottare il modello DisCO.
Su YouTube si trova un rapido sommario delle idee di base del modello DisCO.