Reddito di Base, Libertà e Giustizia

Come un reddito di base universale potrebbe creare libertà economica e giustizia sociale

[Di Vishal Wilde. Originale pubblicato su Center for a Stateless Society il 20 aprile 2017 con il titolo A UBI Can Create Economic Freedom and Social Justice. Traduzione di Enrico Sanna.]

Vista la richiesta sempre più forte di un reddito di base universale (RBU), è bene vedere quanto questa proposta si accordi con i principi di libertà e giustizia. La cosa crea opinioni discordanti e controversie in tutto lo spettro politico perché appare idealistica e destinata alla sconfitta. Un tempo ero contrario, ma sono arrivato a pensare che sia una cosa compatibile con la libertà politica, sociale ed economica.

Libertà dal Mercato del Lavoro

Siamo tutti d’accordo sul fatto che il lavoratore debba essere libero di influire sul suo salario, contrattando, negoziando, cambiando posto di lavoro. Si parla meno, però, del fatto che dovrebbe essere libero dal mercato del lavoro. Assieme alla libertà di lavorare, anche la libertà dal mercato del lavoro è importante. Perché una persona dovrebbe essere costretta a partecipare al mercato del lavoro semplicemente per sopravvivere? Perché mai dovremmo essere costretti a questa gara dei topi al servizio delle élite che estraggono plusvalore? Esistono possibilità, sia di lavoro manuale che intellettuale, oltre quello ordinario salariato nel mercato del lavoro. Qualcuno certo potrebbe obiettare che nessuno ci costringe a vivere nella società ma, all’atto pratico, è lì che siamo nati, abbiamo legami ed è difficilissimo vivere fuori.

In questo senso, concordo con un articolo recente di Chris Shaw scritto per C4SS:

“…l’idea che [il RBU] sia solo denaro gratis è l’esempio perfetto di quel genere di libertarismo volgare che infetta il discorso attuale, dove non si sa se viviamo in un mercato libero o manipolato… Un RBU rappresenterebbe un passo avanti verso la liberazione del  lavoratore e degli spiriti imprenditoriali di moltissime persone, favorirebbe la nascita di un mercato libero dalle costrizioni e dai controlli statali.”

Contro la ‘Divisione del Lavoro’ e l’obbligo della Specializzazione

Che la si veda in linea con le idee di Karl Marx o di Adam Smith, non si può negare che una caratteristica diffusa delle attuali economie miste è la divisione del lavoro e la conseguente specializzazione. In ogni società, le persone sono incoraggiate (praticamente costrette) a passare gran parte del tempo producendo particolari beni e servizi per sopravvivere.

Se ci rifiutiamo di specializzarci diventando parte del processo produttivo (nel quale di conseguenza dovremmo eccellere), è probabile che i nostri compensi finanziari, rispetto a quelli dei nostri pari, ne risentano (con le dovute eccezioni). Con un RBU, non serve specializzazione. E si ridurrebbe quella che Marx chiamava “alienazione”.

Innovazione, Imprenditoria e Formazione della Conoscenza

Attualmente, molti non riescono a dedicare energie allo sviluppo di prodotti e servizi a livello imprenditoriale perché legati ad un lavoro a tempo pieno. Devono guadagnarsi un reddito se vogliono sopravvivere o mantenere un particolare stile di vita. Questo dispendio di energie mentali e/o fisiche soffoca le nostre capacità creative. Un reddito di base permetterebbe alla persona di esercitare attività imprenditoriali mantenendo una salda rete di sicurezza, cosa che gli garantirebbe un ambiente di lavoro meno stressante.

I contrari sostengono che un RBU non potrebbe essere finanziato adeguatamente. Da un punto di vista classico, i quattro fattori di produzione sono: terra, capitale, capacità imprenditoriali e lavoro. Pur riconoscendo la necessità di liberare anche gli altri tre fattori, un RBU apre le porte alle capacità imprenditoriali, che sono uno strumento essenziale alla crescita del reddito. Questa crescita del reddito contribuirebbe ulteriormente al finanziamento del RBU, dando vita ad un circolo virtuoso: togliere le persone dalla povertà e incrementare progressivamente lo stile di vita.

Aggiungiamo che a guidare l’innovazione è la creazione, lo sviluppo e l’applicazione pratica della conoscenza. Attualmente, una quantità significativa di ricerca utile avviene in istituzioni accademiche e nei dipartimenti di ricerca di grandi aziende. Queste sono le uniche istituzioni in grado di finanziare adeguatamente queste attività a rischio inerente. Una persona da sola non può dedicare i suoi sforzi alla ricerca, che si tratti di interesse personale o di una possibile applicazione esterna, perché deve guadagnarsi da vivere.

Certo è vero che anche in quelle istituzioni che incoraggiano la ricerca e lo sviluppo ad essere premiate, con promozioni, compensi e altro, sono solo quelle ricerche che danno risultati ‘pratici’. Questa struttura incentivante significa che anche l’autonomia intellettuale delle istituzioni di ricerca specifica è ingabbiata. Le nostre capacità in termini di scoperte intellettuali sono limitate da una pluralità di élite oligarchiche della conoscenza. Il RBU permetterebbe a chiunque di far avanzare le frontiere della conoscenza, a prescindere dalle affiliazioni istituzionali.

Sfida ai Privilegi Acquisiti della ‘Unità Famigliare’ nella Società

Potrebbe sembrare che voglia ‘abolire’ la famiglia, ma non parlo come Platone e/o Socrate ne La Repubblica; il loro ideale di organizzazione sociale richiedeva l’abolizione della ‘famiglia’ o dei ‘legami e della fedeltà alla famiglia’: la persona doveva fedeltà solo alla società.

Quello che voglio dire è che, a differenza di un sistema basato sulla verifica del reddito mirato solo ai ‘poveri’, un RBU accorcerebbe le distanze tra individui poveri e ricchi, non solo tra famiglie. Dopo tutto, non è detto che una persona che vive in una casa ricca sia contenta di dipendere da altri membri della sua famiglia.

La fedeltà alla ‘unità famigliare’ all’interno della società è rafforzata artificialmente tramite diverse istituzioni (come le leggi sul matrimonio, la normalità biologica e altro) che tendono a favorire e/o ‘promuovere’ famiglie con determinate caratteristiche. Un RBU darebbe ad ognuno più possibilità di scegliere se vivere dentro o fuori dalla famiglia. La libertà, il ruolo e il contributo dell’individuo alla società non sarebbe più legato allo sfondo famigliare, che è una circostanza accidentale, arbitraria, di natura biologica e non il prodotto di una libera scelta.

RBU su Base Volontaria come Soluzione Ideale

Il problema principale della proposta di un reddito di base così come formulata attualmente è che sarebbe finanziato con le tasse e dunque basato sulla costrizione. Ryan Calhoun nel 2014 ha criticato il RBU in un articolo dal titolo “The UBI: Another Tool for Disciplining the Poor.

Se notiamo che tutti i servizi finanziati pubblicamente si basano sulla costrizione, l’ideale appare ovviamente un reddito finanziato volontariamente. Far sì che un reddito di base utilizzi meccanismi adatti che diano e migliorino la fiducia è compito poco attraente ma molto importante. Anche in caso di adozione di un RBU, resterebbe il compito difficile di convincere le persone ad adottare questi meccanismi.

Conclusione

Che piaccia o no, il reddito di base guadagna popolarità in molti ambiti, soprattutto a sinistra ma anche a destra. Un mio amico mi ha consigliato di vedere la posizione libertaria di sinistra di Philippe van Parijs in Real Freedom for All (anche se non ho mai trovato il tempo di farlo), che a suo dire l’ha convertito sulla materia.

In ogni caso, dobbiamo rivedere il potenziale del RBU e le sue basi teoriche: entrambe saranno oggetto di dibattiti accesi. Ma dobbiamo anche chiederci come un reddito di base universale rientri nel nostro concetto di libertà. Esiste una definizione universale, atemporale, rigida della libertà con cui il RBU inevitabilmente cozza? O ci sono aspetti della libertà regolarmente ignorati, anche se importanti, a cui il reddito di base cerca di rispondere, con ramificazioni che hanno poteri rivoluzionari che spaventano tanti? Io sono convinto che la verità stia nella seconda frase.

Anarchy and Democracy
Fighting Fascism
Markets Not Capitalism
The Anatomy of Escape
Organization Theory