La chiusura mentale ha diverse forme. Si vede dal modo in cui oggi alcuni progressisti reagiscono agli eventi di Burns, nell’Oregon, dove un gruppo di persone ha occupato una struttura dell’Ente Federale per la Gestione del Territorio per protestare contro la condanna al carcere dei rancher Dwight e Steve Hammond.
I due, padre e figlio, sono stati condannati con l’accusa di incendio intenzionale in terre federali sulla base di una legge draconiana antiterrorismo. Alle origini dell’accusa due incendi che i rancher hanno appiccato nella loro terra, incendi che si sono allargati alle terre circostanti, di cui il governo federale reclama la proprietà. Gli Hammond sostengono di aver appiccato il primo fuoco, nel 2001, per combattere una specie vegetale invasiva, e il secondo, del 2006, per limitare il rischio di ulteriori incendi causati dai fulmini. Il primo incendio fu spento da loro. Il secondo, invece, fu spento dal personale dell’antincendio, già sulla scena, personale che l’incendio avrebbe potuto mettere a rischio.
Dopo la condanna di Dwight a tre mesi e di Steve ad un anno e un giorno di galera, il governo federale ricorse in appello. Le sentenze definitive salirono così a cinque anni. Il governo insistette affinché la corte rispettasse la pena minima prevista legge. La quale legge, per inciso, viene usata spesso per imporre sofferenze senza ragione alle vittime della guerra alla droga.
Le persone che hanno occupato la struttura federale sono etichettate “terroristi bianchi”, e insultate sulla base della provenienza sociale e regionale. Uno dei capi dell’occupazione in passato ha promosso proteste contro i musulmani, mentre il padre di un altro ha cercato di fare apologia della schiavitù. Ma questo non pregiudica necessariamente tutti gli occupanti, e comunque non giustifica gli insulti pregiudiziali, che non sarebbero mai tollerati se mirati a persone con uno sfondo etnico o culturale diverso da quello di chi protesta. E poi, va detto, terrorista è chi minaccia violenza o aggredisce persone non combattenti al fine di mandare un messaggio politico, e non pare che gli occupanti di Burns abbiano fatto qualcosa del genere.
I progressisti sembrano sorvolare sull’ingiustizia della condanna minima. Non farebbero così se le vittime fossero persone a loro più vicine. Sui social media, persone che in altri contesti si oppongono alla brutalità della polizia e allo sciovinismo nazionalistico, qui etichettano i manifestanti come “traditori”, invitano a “sparare chi non si arrende”, e invocano l’ordine per “farli fuori senza pietà”.
Il carcere disumanizza la persona e serve da brutale strumento di vendetta. Un individuo non può essere privato a forza della libertà se non quando rappresenta un’attuale minaccia violenta. Non esistono ragioni per mandare in carcere gli Hammond, che per quanto se ne sa non hanno fatto violenza a nessuno, neanche a minacce. Se hanno danneggiato una proprietà acquisita onestamente, allora devono risarcire i danni più i costi associati (Gli Hammond sono stati multati per 400 dollari, non è chiaro se per risarcimento o punizione). Tra risarcimento e carcere c’è una bella differenza. Per inciso, se avessero appiccato il fuoco per nascondere atti di bracconaggio, certo gli Hammond avrebbero dovuto pagare i danni, e magari anche meritare la gogna mediatica, ma il carcere non sembra affatto una risposta appropriata.
Così come non è appropriato l’uso della forza contro gli occupanti invocato da qualcuno, dato il carattere disonesto con cui il governo federale reclama a sé le terre occupate e quelle interessate dagli incendi. Alla base della rivendicazione di quelle terre non c’è né un’occupazione originaria né un trasferimento volontario di proprietà, ma solo un’appropriazione per legge (e, in qualche caso, un furto da chi le possedeva onestamente). A rivendicare il diritto a priori a quelle terre potrebbero essere gli indiani Paiute del nord. Ma il governo non agisce per il loro bene.
Visto che la rivendicazione federale è debole, il governo ha poche ragioni per opporsi ad un’appropriazione originaria delle terre, come già avvenuto a periodi alterni nell’ottocento. Ogni stato monopolistico, che poi è un complotto per rubare e uccidere, non ha certo alcuna ragione per rivendicare la proprietà di alcunché. E se anche lo stato fosse innocente, mancherebbe comunque dell’autorità legittima per governare su chi non dà il proprio consenso, il che significa gran parte della popolazione.
Chi protesta, dunque, non viola alcun legittimo diritto di proprietà dello stato, e questo vale necessariamente anche per gli Hammond. Qualche critico difende l’Ente Federale per la Gestione del Territorio, sostenendo che quest’ultimo amministra una risorsa condivisa che non potrebbe essere gestita da singoli individui. Ma le terre reclamate dallo stato non necessitano di una gestione condivisa. E se anche così fosse, lo stato federale, privo di autorità legittima com’è, non avrebbe l’autorizzazione della maggioranza o di tutte le persone interessate dalla gestione del territorio.
Gli Hammond non sono un pericolo e non dovrebbero stare in carcere. Come i loro sostenitori, non dovrebbero subire ostracismi sulla base del profilo culturale. Se si devono rispettare i diritti preesistenti, questi beni dovrebbero essere lasciati a chi è in grado di renderli produttivi con il sudore della propria fronte, che si tratti delle strutture federali o delle terre acquisite dagli Hammond.
Basta con gli insulti. Dite no al carcere. E liberate gli Hammond.