Dal ventidue di giugno scorso, la camera dei deputati della California ospita una statua da 2,4 metri e 362 chili dell’ex governatore della California e ex presidente americano Ronald Reagan. Reagan era l’unico presidente a non essere immortalato con una statua nella sede della camera del suo stato di origine. La statua è stata finanziata con donazioni di privati e si affianca a quella di Cristoforo Colombo e della dea romana Minerva. Il monumento arriva proprio mentre comincia il clima elettorale. È sicuro che i candidati repubblicani citeranno ampiamente Reagan, visto che è l’unico presidente repubblicano che ammettano chiaramente di amare.
Il vecchio establishment repubblicano adora Reagan, ma pochi tra i giovani lo ricordano o lo ammirano. Questa adorazione è del tutto fuori luogo, soprattutto agli occhi di chi ha a cuore la libertà individuale, il libero mercato e lo stato minimo. In politica commerciale, Reagan fu protezionista fino al midollo. Presidiò l’aumento dei dazi, ad esempio, impose quote alle importazioni e spinse i giapponesi ad imporre quote all’esportazione di microchip e auto. Rafforzò anche una politica di sostegno dei prezzi (a grandi spese dei contribuenti) e impose quote produttive ai prodotti agricoli.
Il suo tanto decantato taglio delle tasse del 1981 fu ampiamente compensato da due aumenti due anni più tardi. Nonostante questo effettivo aumento delle tasse, la sua amministrazione riuscì a triplicare il debito pubblico grazie a spese militari incontrollate e orribili interventi all’estero. Reagan appoggiò numerose dittature in Guatemala, Colombia, Filippine e Argentina, per non parlare dell’Iraq di Saddam Hussein, dell’apartheid in Sudafrica, e delle squadre della morte in Angola, Nicaragua e El Salvador. È impressionante il numero di omicidi di massa, stupri, e altre violazioni dei diritti umani perpetrate dai regimi appoggiati da Reagan. Altrettanto atroce è l’immensa sofferenza provocata dalla ripresa ed espansione della strafallita lotta alla droga.
La sua amministrazione vendette segretamente armi ad uno stato nemico per finanziare azioni belliche segrete e illegali. A quanto si sa, furono indagati, rinviati a giudizio o condannati per attività criminali 138 membri della sua amministrazione infestata dagli scandali. Infine, abbracciò l’estrema destra religiosa, una delle fazioni più autoritarie e stataliste della politica americana, e nelle sue strategie politiche fu più che felice di servirsi dell’omofobia in termini incendiari.
La sua orribile eredità fa a pugni con ciò che una società genuinamente libera dovrebbe essere. In una società libera non ci sarebbero deficit rampanti, squadre della morte, dittature amiche, accordi segreti su armi e conflitti, proibizionismi paralizzanti, un fiorente complesso industriale-carcerario e altre disgustose creature. In questo senso, Reagan non fu diverso dagli altri presidenti della sua epoca o delle epoche seguenti. Nessuno dovrebbe essere glorificato. Quando una persona ha tra le sue mani il potere coercitivo e istituzionalizzato dello stato, tende a diventare un assassino di massa e un ladro.
La libertà è fatta di interazioni volontarie, non di dominio globale, guerre ideologiche o “valori famigliari” puritani. Basta far finta che elitisti brutali e prepotenti come Reagan incarnino la libertà individuale o lo stato minimo. Reagan usò il potere statale per i suoi scopi in maniera pressoché illimitata. Ma, a parte ciò, è bene che smettiamo di celebrare questi mostri autoritari e imperialisti erigendo loro enormi statue nei palazzi del potere. Oltre ad essere incivili e antiquate, sono anche semplicemente brutte.