Trattamento sanitario obbligatorio indica la capacità dello stato di ricoverare un malato di mente contro la sua volontà. Forse la legge più famosa al proposito è la Baker Act, approvata in Florida nel 1971, legge che autorizza il ricovero coatto di una persona che (a) potrebbe soffrire di disturbi mentali, e (b) potrebbe essere pericoloso per se stesso o per gli altri, o incapace di badare a se stesso. Il ricovero è in gran parte un’esperienza traumatica. Chi ci è passato dice che non è stato di alcun aiuto. Invece di aiutare le persone che hanno bisogno d’aiuto, lo stato le arresta e le obbliga a questa forma di detenzione per il semplice crimine di esistere. Il messaggio che emerge chiaro è che i malati di mente non sono esseri umani.
Il ricovero coatto è usato normalmente quando una persona intende suicidarsi. Ma nessuno stato americano ha leggi contro il tentativo di suicidio, non dagli anni novanta in poi. Il suicidio è un diritto. Così come esiste il diritto di vivere come si vuole purché non si faccia del male ad altri, allo stesso modo esiste il diritto di morire purché non si interferisca con l’integrità altrui. Ora, anche in assenza di leggi contro il suicidio, molti stati hanno emanato leggi che autorizzano il ricovero coatto di persone con tendenze suicide.
Invece di trattare il suicidio come un problema di salute pubblica, lo stato tratta i potenziali suicidi come criminali. Ho parlato con Alexis*, di New York, ricoverata a forza per aver espresso propositi suicidi con il suo terapista. Quest’ultimo ha ingannato i genitori di Alexis dicendo che era stata la figlia a chiedere il ricovero. Alexis è stata portata in ospedale con l’ambulanza, che poi ha mandato il conto alla famiglia. Alexis, una donna transgender, è stata trattenuta in ospedale e privata delle cure ormonali, mentre il personale si rivolgeva a lei usando i pronomi sbagliati e faceva domande invadenti riguardo i suoi genitali. Nonostante l’avessero rassicurata dicendo che poteva lasciare l’ospedale quando voleva, il personale ha minacciato di tenerla per un altro mese e sottoporla a trattamenti debilitanti forzati se le sue ragioni per andarsene fossero state in disaccordo con quelle del personale stesso. Alexis giudica l’esperienza traumatizzante e profondamente inutile. Per di più, ha dovuto pagare il conto del ricovero.
Ma lo stato tratta da criminale anche chi si fa ricoverare volontariamente. Ho parlato con Carla*, del Mississippi, che si è presentata spontaneamente nell’ufficio dello psicologo scolastico per chiedere informazioni riguardo il ricovero. Una volta dentro, a Carla non è stato più permesso uscire. È stata costretta ad andare all’ospedale, e prendere (e pagare) l’ambulanza nonostante avesse un amico disponibile per un passaggio. L’edificio dove era l’ufficio dello psicologo è circondato dagli alloggi degli studenti, così che quando l’ambulanza è arrivata ha attirato una fossa di curiosi, cosa che ha fatto della sua esperienza privata un fatto pubblico e umiliante. In ospedale, Carla si sentiva isolata e in trappola. Non aveva idea di quanto l’avrebbero trattenuta. Quello che all’inizio era una richiesta volontaria di aiuto si è trasformato in una detenzione traumatizzante.
Altri casi sono cominciati ancora peggio. Solitamente, chi viene prelevato da casa per essere sottoposto a trattamento obbligatorio subisce l’umiliazione dell’arresto davanti a famigliari e vicini e arriva in ospedale ammanettato. Come nel caso di Ben*, della Florida. La polizia è arrivata a casa sua mentre dormiva. Caricato a forza in auto, non è tornato prima di cinque giorni. Dopo una notte in ospedale per le ferite di un tentato suicidio, Alex*, dell’Arizona, si è vista minacciare il prolungamento del ricovero se non avesse accettato il ricovero “volontario” nel reparto psichiatrico. Anche dopo il miglioramento, il personale la minacciava dicendo che avrebbe avuto la polizia alle costole se non avesse obbedito. Alex racconta di essersi sentita come un pesce in una boccia di vetro: completamente sola ma continuamente osservata. Il personale le ha preso il cellulare e le ha proibito di vedere la madre. Alex definisce il ricovero coatto “il periodo più brutto della [sua] vita”.
La stragrande maggioranza di chi ha subito il trattamento obbligatorio dice mai più, neanche in caso di bisogno di aiuto. Una commentatrice anonima di un forum online ha scritto:
Meglio morire che esser costretta a tornare nell’ospedale psichiatrico. Per me il trattamento forzato è stato come rivivere lo stupro. Non è salvare la vita, è distruggerla. Sono stata costretta a spogliarmi davanti a tutti, cercavo di nascondere il mio corpo con le braccia, sono stata rinchiusa in una stanza con la porta metallica, ridotta a supplicare in ginocchio, sapendo che la mia voce non era neanche ascoltata. Stessa storia con criminali diversi. Mai e poi mai mi rivolgerò nuovamente ad un professionista medico sapendo che potrebbe farmi questo. Non ho commesso un crimine, non meritavo questo terrore. Già avevo i miei ricordi traumatici. Non me ne occorrevano altri.
Il trattamento obbligatorio sevizia chi è già vittima. Spesso fa rivivere il trauma personale, riduce la persona ad un criminale, la priva dei diritti che tutti gli esseri umani meritano. Il trattamento trasforma medici e pazienti in carcerieri e carcerati, punisce chi non ha fatto alcun male.
Dato che bastano poche giustificazioni, il trattamento obbligatorio promuove atroci abusi di potere. Nel 1927, negli Stati Uniti, Aurora d’Angelo fu costretta a trattamento per aver partecipato ad una dimostrazione in difesa degli anarchici Sacco e Vanzetti condannati a morte. Nel 1958, le autorità del Mississippi arrestarono e sottomisero a trattamento il pastore e attivista nero Clennon W. King Jr. Fu accusato di avere disturbi mentali per aver cercato di iscriversi alla University of Mississippi, riservata ai bianchi. Nel 2010 ci fu il caso dell’ex agente di polizia di New York Adrian Schoolcraft, sotto accusa per aver rivelato che la polizia falsificava le statistiche sul crimine. Pur di non indagare sulle accuse, la polizia lo mandò in un ospedale psichiatrico. Il ricovero coatto è stato usato, e continua ad essere usato, dallo stato come metodo per soffocare la libera espressione.
Gli abusi di potere negli ospedali psichiatrici sono fin troppo comuni. Un dipendente di un ospedale inglese ha stuprato una paziente sessanta volte dandole il valium di nascosto per renderla inoffensiva. Una unità psichiatrica di Brooklyn è stata recentemente messa sotto indagine perché era gestita più come un carcere che come un ospedale: il personale sedava i pazienti legandoli e usando psicofarmaci invece di utilizzare un trattamento personalizzato. La violenza sessuale tra pazienti con diversi gradi di malattia è diffusa e avviene tra l’indifferenza del personale. Gli schizofrenici vengono isolati e trattati in maniera traumatica, trattati come pericolosi criminali nonostante l’assenza di precedenti violenti.
Le ragioni dietro il trattamento obbligatorio sono in parte dovute all’associazione delle malattie mentali con la violenza. Ma molte di queste paure non hanno fondamento. La malattia mentale è diventata la scusa che giustifica gli atti criminali, e le persone più colpite sono i malati di mente. Ma la malattia mentale non è un crimine; è una condizione medica e come tale andrebbe trattata. Molti di quelli che soffrono di depressione, ansia, disordine bipolare, schizofrenia o altre malattie mentali sono persone adulte capaci e attive. Il concetto di malattia mentale è in gran parte una invenzione sociale. Facendo leva sulle stigmate associate alla malattia, lo stato può imprigionare un gran numero di persone senza che abbiano hanno commesso alcun crimine.
Il trattamento obbligatorio è traumatizzante, non aiuta e si presta facilmente agli abusi. Anche se sembra una distopia di un libro di fantascienza, la reclusione di persone con opinioni diverse è un fatto fin troppo reale. Privando i malati dei loro diritti, trattandoli come se fossero proprietà dello stato, quest’ultimo perpetua l’idea che siano esseri minori. Mi sembra strano doverlo dire, ma anche i malati di mente sono esseri umani.
*Sono stati nomi falsi per proteggere l’identità delle persone citate.