Gli Stati Uniti hanno una storia variegata con l’ambientalismo. Gli americani sono sempre stati orgogliosi del loro retaggio ambientale. Il conservazionismo di fine ottocento, promosso da persone come John Muir, diede origine ad istituzioni civiche, pubbliche e private dedicate alla conservazione dell’ambiente. La rivoluzione industriale, però, accoppiata all’ascesa del capitalismo moderno, il New Deal e il boom del secondo dopoguerra, ha ingabbiato gli americani incatenandoli alla crescita economica. Questa storia variegata, di due americhe opposte, entrò in crisi nel decennio del cambiamento: gli anni sessanta. L’ambientalismo moderno nasce in quest’epoca.
L’ambientalismo moderno, alimentato dai movimenti anti-bellici, diede origine alla prima Giornata della Terra a livello nazionale il 22 aprile 1970. Quel giorno, venti milioni di americani occuparono strade, parchi, college e piazze per fondare un movimento sociale a favore della sostenibilità.
Il risultato è che la base della gabbia si è allargata. Il movimento a favore della sostenibilità ha dato origine all’Epa (l’ente americano per la protezione dell’ambiente) con le leggi sull’inquinamento dell’aria e dell’acqua e la protezione delle specie a rischio. Anche se è stato fatto del progresso e la base si è allargata, la gabbia è rimasta tale.
Il progresso può essere indifferentemente buono o cattivo. In natura come tra gli uomini è inevitabile. Dall’avvento del capitalismo industriale all’era neo-liberale reaganiana, il “progresso” è stato misurato in termini di una crescita della gabbia: Più strade e più auto, stato più grande e imprese più grandi, uno stato nazione più arrogante e un settore finanziario troppo grande per fallire. Le stesse istituzioni che l’ambientalismo ha aiutato a creare sono parte di questa gabbia. Non fraintendetemi: ci sono persone molto preoccupate, dedicate e intelligenti che lottano la buona lotta all’interno della struttura di potere ma, ahimè, i loro sforzi sono limitati dalla gabbia. Nonostante i passi fatti in direzione della salute pubblica e ambientale, gli stati nazione restano i più grandi distruttori del clima, dell’aria, la terra, le rocce, l’acqua, la flora e la fauna di tutti i tempi.
Come specie, però, sentiamo il bisogno di fare domande. In questa Giornata della Terra, e dopo, vorrei che la nostra natura inquisitiva fosse rivolta verso i finti confini politici. Perché la più grande minaccia all’ambiente è rappresentata dai grandi stati nazione militarizzati? Se siamo orgogliosi dei valori democratici, perché non riconosciamo che sono l’antitesi dell’autorità concentrata? Il concetto di crescita continua nel nome del “progresso” è sostenibile? O forse dobbiamo liberarci di questa gabbia e ridefinire il progresso?
Gli umani, come specie, hanno un’incredibile capacità di adattamento. Data la possibilità possiamo gettare, e getteremo, il seme della società futura che renderà la Terra degna di essere abitata per i nostri posteri. Possiamo liberare il lavoro dall’attuale sistema economico, decentrare le istituzioni, rispettare i confini naturali come le bio-regioni, e coltivare una società in cui ogni individuo potrà dire la sua genuinamente sulle decisioni che influenzano la sua vita. Questa è la lotta del ventunesimo secolo: liberarci della gabbia è reclamare il controllo democratico della società.
La prassi libertaria ultima è l’azione individuale esercitata sulle nostre istituzioni, sulla società, il lavoro, la proprietà e la persona. In una tale società noi saremmo liberi di proteggere le nostre tradizioni culturali e naturali, porre connessioni, imporre svolte, scegliere orizzonti e generare biodiversità. Le nostre abilità lavorative e la nostra disposizione alla libertà libereranno la società dall’economia centralizzata e dallo stato egemonico.
In questa Giornata della Terra mi auguro che possiamo capire che tutti i problemi complessi che l’umanità si trova di fronte – cambiamenti climatici, fame, guerra, colonialismo corporativo, estinzione, deprezzamento dell’ecosistema, eccetera – sono legati all’attuale esistenza dello stato. Mi auguro anche che possiamo trovare una risposta a questi problemi. E la risposta, come sempre, è libertà.