Di Locusts and Wild Honey. Originale: There’s no Such Thing as Cancel Culture, pubblicato il 15 gennaio 2023. Tradotto da Enrico Sanna.
Alla sua sesta intervista in televisione (la decima contando i podcast), il milionario si lamenta: “Sono stato ostracizzato!” E questo per aver pubblicato su Twitter un insulto razzista “per scherzo”. “E la libertà di parola, allora?” strilla davanti a telecamera(e) e microfono(i) tutti per lui.
Io mi chiedo: come può essere “ostracizzato” uno che ha ancora accesso facile sia alla piazza fisica che a quella digitale? Come può essere “ostracizzata” una persona che viene addirittura pagata per sputare stronzate dall’alto? Voglio dire, J.K. Rowling resta pur sempre una scrittrice milionaria di successo, e Dave Chapelle un comico milionario famoso in tutto il mondo. E ci sarebbero tanti altri esempi.
“Una generazione con la puzza sotto al naso! Basta un nulla e ti ostracizzano!”
Davvero questa generazione si offende per un nulla, o sono gli emarginati ad avere più voce in pubblico? Questi ultimi decenni sono gli unici, nel corso della storia, in cui quasi tutti possono esprimere pubblicamente le loro idee. Mangiati il fegato, Gutenberg! Non che nell’Ottocento gli insulti razzisti non dessero fastidio. È che la società, legalmente, politicamente e culturalmente dominata dai bianchi, poteva semplicemente ignorare le proteste.
Già nel 1852 Frederick Douglas voleva “boicottare” la festa del quattro luglio perché razzista e ipocrita! Chissà quante persone avrebbero potuto esprimere la loro approvazione ma non avevano un luogo, non avevano carta e penna, oppure avevano le possibilità materiali ma gli mancava l’istruzione.
Certo, oggi capita che si esageri un po’ con questi nuovi poteri. Meglio non vantarsi in pubblico di certe storie di bullismo. Meglio non pubblicare la roba vagamente sessista detta dal nonno al cenone di Natale[1]. Ma questa è tutt’altra cosa rispetto all’uso prettamente politico dell’espressione “cultura dell’ostracismo”, riferita a situazioni che coinvolgono personaggi pubblici o più semplicemente persone che fanno in pubblico cose che riguardano il pubblico.
Certo, quando è il caso, si può passare dalla denuncia al dialogo. Sarebbe una ragionevolissima sovracompensazione in risposta all’incredibile ampliamento della libertà di espressione operata da internet. E qual è quel social o altro spazio pubblico di internet che non comporta conseguenze? Come l’aumento del 500% delle offese razzistiche. Grazie a Elon Musk.
“Ma state dicendo che la cultura dell’ostracismo non esiste o che fa parte del progresso?”
Io dico che l’idea in sé non significa nulla.
Molti paragonano la cultura dell’ostracismo a 1984 di Orwell (solitamente senza averlo letto). Ma proviamo a immaginare cosa avrebbe detto Orwell di questo “fenomeno” (una parola che odiava) moderno:
Francamente, credo che Orwell esageri nell’identificare l’espressione “parole senza senso” con tutto ciò che va oltre il senso più basilare (ma forse questo è l’atteggiamento difensivo di uno che usa massicciamente il gergo marxista), ma ha certamente ragione quando dice che molte parole che si usano oggi “non hanno alcun significato, nel senso che non solo non indicano un oggetto sensibile, ma il lettore non si aspetta neanche che lo indichino.”
E tra queste espressioni troviamo “cultura dell’ostracismo”, perché non denota qualcosa di reale ma semplicemente parte dal fatto che un insieme di persone vengono accusate di essere razziste, sessiste, omofobiche, transfobiche e così via[2] per dire che esiste un grande complotto che cerca di mettere il bavaglio a chi esce dai ranghi (del “marxismo culturale”). Ma non è un complotto, cari miei. È il vecchio “mercato delle idee” a caratteri cubitali e le vostre idee, i vostri scherzi, il vostro bigottume non solo sono esposti a critiche ma comportano anche conseguenze. È stato e sarà sempre così.
Dunque, a meno che non sia stato dichiarato il contrario a mia insaputa, la “cultura dell’ostracismo” resta il Patrick Bateman degli spauracchi politici: c’è l’idea ma non una vera cultura dell’ostracismo. Che semplicemente… non… esiste.
Note
1. Se non è pericoloso, basta parlargli.
2. Sicuramente qualcuno a destra dirà che si tratta di “parole senza senso”, anche se studi estesi sul soggetto evidenziano schemi di oppressione e violenza legali, politici e culturali molto reali.
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