Di Logan Marie Glitterbomb. Originale pubblicato il 5 aprile 2020 con il titolo Anarchism in Crisis: Dealing with Pandemics. Traduzione di Enrico Sanna.
Siamo alla fine del mondo, o almeno così pare. Con il Covid-19 che si diffonde rapidamente dappertutto, un misto di paura, precauzioni e opportunismi spinge gli stati a reagire in maniera prevedibilmente autoritaria. Funzionari che parlano di moratorie degli sfratti e blocco dei servizi, indennità di malattia, sostegni all’assistenza infantile, sanità pubblica per tutti, blocco delle espulsioni e del perseguimento di “reati” non violenti, scarcerazione di detenuti non violenti dalle carceri sovraffollate, aiuti ai lavoratori sotto forma di tagli fiscali e remissione del debito e tante altre riforme presumibilmente positive. Ma ben poco si fa. Gran parte delle reazioni consiste in divieti di muoversi e commerciare, controlli migratori, chiusura forzata di scuole e aziende, coprifuoco, salvataggi di aziende, barriere normative imposte all’indispensabile assistenza medica, controllo dei prezzi, crescita dello stato di sorveglianza, razionamento dell’assistenza secondo logiche abilistiche e quarantena. Alcune di queste misure possono essere efficaci, o anche necessarie. Ma tutte?
Molti pensano che una società anarchica avrebbe scarse possibilità di far fronte ad una pandemia perché mancherebbe degli strumenti per imporre una quarantena, vietare gli spostamenti e fare altro simile. Ma ci si chiede: queste cose sono davvero necessarie? L’Organizzazione Mondiale delle Sanità e altre autorità del campo se lo chiedono riguardo molte situazioni:
“Le restrizioni al movimento e al commercio assumono diverse forme. Con questo virus, gli stati sconsigliano i viaggi in Cina, e consigliano a chi già c’è di tornare; poi chiudono le frontiere e vietano gli spostamenti; poi vietano a chi è stato in Cina di tornare; poi impongono la quarantena a chi torna. Anche durante le passate epidemie gli stati hanno imposto restrizioni al commercio, come il bando della carne suina durante la pandemia dell’influenza suina nel 2009. Le restrizioni sono inefficaci e hanno costi elevati per tutti. Secondo le prime stime, le restrizioni statunitensi ai viaggi in Cina costeranno all’economia statunitente 10,3 miliardi. Ma ci sono anche altri svantaggi: si incentivano i paesi a tacere sui focolai, si ostacola la risposta, si violano i diritti umani e si alimenta la xenofobia…
“Il coronavirus viaggia nelle persone, quindi teoricamente tutto ciò che riduce i movimenti delle persone riduce la diffusione del virus. Nella pratica, le restrizioni al movimento si dimostrano inefficaci o perché arrivano troppo tardi o perché la gente le aggira. È perverso, ma il tempo potrebbe semplicemente spingere le autorità ad imporre restrizioni più in fretta. La gente spesso elude anche le restrizioni migratorie, ma questo non convince lo stato ad eliminare visti e permessi.
“Studi fatti su modelli dimostrano che le restrizioni possono rallentare, ma non impedire, un’epidemia. Ma le autorità potrebbero anche decidere che rallentare è meglio di niente.”
E allora, se imporre la quarantena ai malati potrebbe essere difficile in una società anarchica, e tecnicamente violerebbe la libertà di movimento, di fronte a certi eventi disastrosi non si può negare del tutto, soprattutto in una situazione come la nostra in cui l’obiettivo principale è la salute, quando a peggiorare la cosa c’è la disinformazione, la scarsa prevenzione e i ritardi della risposta, il fine è: “appiattire la curva”. Detto ciò, in una società astatuale chi deciderebbe quando serve la quarantena? Chi la imporrebbe? Come?
Sarebbe più realistico trasformare la libertà di associazione in un’arma protettiva. Forse non riusciremmo a mettere in quarantena tutti i malati, ma molti lo farebbero spontaneamente perché preoccupati per gli altri, e forse nascerebbero comunità volontarie simili a quelle dei lebbrosi. Cosa importante, però, libertà di associazione significa che potrebbe essere la comunità sana ad isolarsi rispetto ai malati. Invece di tenere dentro i malati, sembrerebbe molto più facile tenerli lontani dai sani.
Si potrebbe prendere spunto dai cittadini armati di Minalhaven, nel Maine, che hanno tagliato un albero e l’hanno messo di traverso sulla strada per impedire l’uso dell’auto e cercare di imporre la quarantena per il bene di tutti.
Una comunità potrebbe anche decidere autonomamente di limitare i raduni, l’immigrazione, gli spostamenti finché non passa la pandemia, imponendo le misure con pressioni sociali e l’allontanamento.
Ma, e se qualcuno si ammala in una comunità sana? Avrebbe la possibilità di andare a curarsi presso una comunità gestita dai malati stessi. Nel caso in cui venisse rifiutato, potrebbe essere allontanato dalla comunità per il bene degli altri.
Qualche beneficio potrebbe venire dalle limitazioni imposte agli spostamenti, ma i coprifuoco e altre misure simili sono del tutto inutili. Soprattutto perché il virus non ha orario e il coprifuoco, al contrario di quel che si pensa, non limita l’interazione sociale. Al contrario, costringe tutti ad uscire alla stessa ora aumentando le possibilità di contatto.
Coprifuoco, obblighi di chiusura e altre misure simili aumentano le probabilità di panico, con la conseguente crescita della domanda a cui spesso si accompagna la scarsità di beni di vario tipo. Le attività economiche possono rispondere o razionando i beni e vendendo solo a certe persone un tanto ogni giorno, oppure aumentando i prezzi per calmare la domanda. In quest’ultimo caso, però, non si calma la domanda ma si fa sì che siano i ricchi a poter soddisfare più facilmente i loro bisogni, mentre i poveri vengono lasciati a terra. Non a caso la pratica è spesso sinonimo di sciacallaggio, ed è per questo che molti lavoratori anarchici preferiscono il razionamento volontario e difendono i saccheggi fatti da chi ha bisogno.
Quanto al distanziamento sociale, è una pratica che molti sono disposti a mettere in atto volontariamente, come abbiamo visto, ma l’efficacia è limitata dallo stato e dal capitale. Vorremmo tenere le distanze, ma il datore di lavoro esige che noi lavoriamo comunque, il padrone di casa vuole l’affitto e i beni di base costano pur sempre denaro. Potendo, molti di noi sceglierebbero di stare a casa, ma il capitale ci obbliga a rischiare la salute se non vogliamo finire sulla strada affamati. E non parliamo dei senzatetto e dei detenuti a cui è negato l’isolamento sociale.
È per questo che i politici, nella caduta libera del capitale, si danno tanto da fare per salvare le persone con cerotti come il reddito di base universale, moratorie degli sfratti e mantenimento di servizi. È per questo che Ayanna Pressley e altri chiedono il rilascio dei detenuti non violenti. È per questo che occorrono politiche che diano priorità alla casa. Ma invece di salvare la gente, molti politici stanno salvando le aziende, come se questo servisse a salvare l’economia.
Si dovrebbero fare test medici, ma le autorità di controllo delle malattie (CDC) e dei farmaci (FDA) dei cosiddetti stati uniti impediscono alle persone di utilizzare i test già approvati in altri paesi, le restrizioni commerciali rendono difficile l’importazione di utili attrezzature mediche, e le aziende continuano a denunciare chiunque violi la proprietà intellettuale per creare versioni open-source delle apparecchiature mediche che servono. La dottoressa Helen Chu e altri, che hanno eseguito dei test andando contro le direttive dello stato e probabilmente salvando molte vite, ora rischiano conseguenze legali. Tra le cose positive, il fatto che la FDA abbia temporaneamente sospeso le restrizioni alla produzione di disinfettanti per le mani per venire incontro alle richieste.
Come verrebbe affrontata una pandemia in una società anarchica? Probabilmente, all’incirca come oggi. Biohacker collaborano al progetto CoroNope per lo sviluppo di vaccini faidatè, altri producono maschere N95con stampanti 3D (sulla cui efficacia ci sono dubbi, tanto che si raccomanda di farle a mano di tessuto). C’è chi fa apparecchiature mediche in garage. Ci sono volontari che cuciono a casa maschere per far fronte alle richieste degli ospedali. E poi genitori che praticano l’homeschooling e l’unschooling, mentre studenti rimasti bloccati si riuniscono per cercare un un alloggio last-minute e uno spazio in cui riporre le loro cose. Infine ci sono anarchici che mettono su reti di mutuo soccorso per garantire alimenti, forniture mediche e altre necessità.
E ci sono anarchici che aiutano la gente a sopravvivere ai guasti di questo sistema organizzando sindacati di inquilini e lavoratori, gruppi di mutuo soccorso, gruppi di affinità e cellule della libertà. Sulla scia di iniziative come Occupy Homes e simili, la gente si riunisce per fermare gli sfratti e procurare ai senzatetto un alloggio inutilizzato, mentre altri aiutano i lavoratori a lottare per i loro diritti in materia di salute.
Ci sarebbero poi anche le aziende. Pornhub offre Pornhub Premium gratis a chi vive in Italia e in altri posti in cui è in vigore la quarantena, e promette di donare una parte dei ricavati alla ricerca sul Covid-19. U-Hauloffre per un mese gratuitamente il proprio spazio agli studenti che vogliono usarlo per riporre le proprie cose. Domino’s Pizza offre servizio a domicilio senza contatto. Ambulanti e ristoranti di Portland, Pensacola e altre località offrono pasti gratis a chi ha problemi economici. Zoom offre gratis le sue strutture di videoconferenza agli studenti pre-superiori. La General Motors si è offerta di convertire le proprie fabbriche alla produzione di respiratori. Possiamo immaginare quante cose si potrebbero fare se le aziende fossero gestite in loco dai lavoratori, e non da amministratori professionisti lontanissimi dai problemi quotidiani dei lavoratori.
Certo, ci sono anche aziende che collaborano con il governo alla raccolta di dati presumibilmente anonimi degli utenti di smartphone con la speranza di aiutare a tracciare la diffusione del virus, ma una collaborazione del genere lascia molti dubbi sulla privacy. Alcuni dipartimenti di polizia a supporto dei controlli acquistano droni che, dotati di altoparlanti, possono diffondere bandi. Vista la crescente collaborazione tra pubblico e privato e la militarizzazione dell’imposizione del distanziamento sociale, il pericolo è l’aumento del potere statale e l’attacco contro le libertà civili.
Un grosso intralcio al contenimento di qualunque pandemia è rappresentato dagli scettici. Che si tratti di persone che negano l’esistenza della pandemia, o di ciarlatani che dicono che bisogna ingerire argento colloidale o varechina o di finti consiglieri medici, aiutano il diffondersi della pandemia.
Alla base di molte teorie del complotto c’è spesso la sfiducia verso lo stato e il capitale, inesistenti in una società anarchica. Più apertura e più informazioni potrebbero, in larga misura, spazzare queste teorie. Se non ci fossero le barriere all’informazione imposte dallo stato e dal capitale, la gente sarebbe generalmente più informata.
Quanto agli scettici che ancora potrebbero esistere, si può usare la libertà di associazione come arma a proprio vantaggio imponendo la vaccinazione a chiunque voglia accedere a certi ambiti della società come le scuole e gli spazi comunitari, così che chi mette a rischio la società con il suo comportamento verrebbe probabilmente esiliato.
Ma potrebbero esserci persone che vogliono usare una pandemia come arma per i loro propositi oppressivi, come quei suprematisti bianchi che volevano infettare gli ebrei e i le popolazioni non bianche per ucciderli secondo i loro fini. Nella cosiddetta america, purtroppo, l’Fbi ignora spesso le minacce dei suprematisti, a differenza degli antifascisti.
Ma non viviamo in una società anarchica e allora dobbiamo limitarci alla contingenza. Concentrarci su cose semplici. Lavarsi le mani, dormire abbastanza, mangiare sano, curare se stessi, praticare il distanziamento sociale volontario, evitare gruppi di dieci o più persone, assicurarsi che i vicini abbiano di che vivere, praticare il mutuo soccorso, organizzare un sindacato di inquilini che faccia lo sciopero dell’affitto, aiutare i senzatetto a prendere possesso di un alloggio inutilizzato e offrire loro protezione, fornire aiuto medico se se ne ha la capacità, partecipare a Food Not Bombs o a qualunque altro gruppo di aiuto reciproco locale, e infine aiutare le associaizoni di lavoratori che lottano per garantire la sopravvivenza in questa crisi economica.
Ah, un’ultima cosa molto importante: aiutate i compagni asiatici in lotta contro le falsità razzistiche.
Siamo tutti nella stessa barca.