Di Gary Chartier. Originale: Making Room for Social Experimentation Should Be a Priority for the Left, dell’undici maggio 2022. Traduzione di Enrico Sanna.
Chi a sinistra contesta l’autoritarismo delle politiche sanitarie potrebbe spostarsi verso l’estremismo. Speriamo.
Chi contesta la mano politica pesante sulla pandemia giustamente evidenzia una serie di questioni. La chiusura delle scuole rischia di danneggiare gli studenti più vulnerabili per decenni. La chiusura delle attività colpisce lavoratori e datori di lavoro, i quali ultimi però possono ripiegare massicciamente sul telelavoro con costi minimi. Gli obblighi vaccinali hanno riempito le tasche delle aziende meglio intrallazzate: gli introiti della Pfizer sono passati da 40 a 100 miliardi in un anno. Le autorizzazioni emergenziali e l’impiego dei vaccini hanno subito pericolose pressioni politiche. Infine, molte politiche restrittive non erano sostenute da studi randomizzati sugli interventi e le terapie.
Ovviamente, l’intervento dello stato ha fatto sì che a pagare fossero i più deboli a tutto vantaggio degli ammanicati. Un potere decisionale centralizzato ha fatto sì che la politica sostituisse la scienza amplificando drasticamente i tanti errori. Tutti questi problemi stanno alla base delle questioni evidenziate dai contestatori. Pur essendone al corrente, però, spesso si finisce per accettare le soluzioni dall’alto.
L’Accademia delle Scienze della California, in realtà un museo della scienza di San Francisco, ha annunciato che d’ora in poi i bambini tra i cinque e gli undici anni dovranno dimostrare di aver fatto i richiami per poter entrare. Vinay Prasad, docente presso la facoltà di medicina dell’Università della California di San Francisco, e il fisico Zubin Damania, hanno prima evidenziato l’assenza di prove scientifiche alla base delle scelte politiche per poi esprimere preoccupazione per il fatto che un museo utilizzi un potere “costrittivo” per imporre autonomamente scelte in materia di sanità. Assieme ai loro colleghi Rutgers e Jacob Hale Russel, docenti di diritto, vorrebbero che in materia di richiami a decidere, con politiche uniformi dall’alto, fosse lo stato.
Ma la decisione del museo non può essere definita costrittiva. La Cal Academy ha semplicemente deciso di escludere certi visitatori. Si potrà dire che è una scelta sciocca, o anche deplorevole, ma non che la scelta di un privato di escludere certe persone è costrittiva, ovvero che si tratta di un uso iniquo della forza.
C’è qualcosa di bizzarro nel sostenere una politica uniforme dall’alto, come fanno Prasad, Damania e Russel, e giudicare sbagliata la decisione della Cal Academy basata su dati scientifici.
Dopotutto, è stata proprio una politica uniforme dall’alto a creare quei problemi che giustamente preoccupano chi, nella sinistra tradizionale, osserva la politica sanitaria. È stata proprio questa politica a incanalare risorse verso le industrie protette. Una politica prevedibilmente distorta dal fatto che i politici non volevano il disastro mentre loro erano in carica (Dopo di me il diluvio!), oltre che dalle pressioni della loro base elettorale che li spingeva a fare qualcosa, qualunque cosa, in risposta alla crisi. Una politica che ha evidenziato le difficoltà insite nel confidare sugli esperti che caratterizza gran parte della politica di sinistra fin dai primi del novecento.
Un confidare per molti versi problematico. Il ricorso all’opinione degli esperti è pratica sociale, inevitabilmente generata non solo dalla ricerca di una verità ma anche da tutto un insieme di cose, che vanno dalla disponibilità di fondi al desiderio di essere riconosciuti professionalmente e socialmente nel proprio ambiente. Molti esperti, quando vengono chiamati ad esprimere un’opinione o a prendere una decisione, sono spesso spinti a dare più certezze di quanto i numeri possano consigliare semplicemente per ripagare la fiducia che viene riposta in loro. Questo non significa che non abbiamo molto da apprendere dagli specialisti. Ma ci sono ragioni per credere che non bisogna per forza convertire ogni loro opinione in regole da imporre sulle persone.
Anche quando ci troviamo di fronte a conclusioni scientifiche che si possono accogliere con fiducia, raramente queste necessitano di particolari scelte politiche. Questo perché quasi tutte le scelte comportano un insieme di effetti. Effetti qualitativamente diversi, a cui è normale e perfettamente ragionevole dare un valore diverso.
Pratiche decentrate permettono a persone diverse di mettere in pratica le raccomandazioni degli esperti in modi diversi, e quindi di adottare e consigliare percorsi personali e istituzionali diversi alla luce di tali raccomandazioni. Alcuni di questi percorsi, come quello intrapreso dalla Cal Academy, possono essere sbagliati. Ma tutti apprendiamo meglio quando la gente è libera di cercare alternative, sperimentarne i risultati e mostrarli agli altri così che questi possano decidere se copiare o meno, e non quando intere città, regioni o anche nazioni vengono assoggettate a regole uniformi. Certo un esperimento può fallire. Si possono fare errori. Ma questi sono probabilmente molto meno pericolosi degli errori imposti su un’intera popolazione.
Una buona istituzione rende più probabile una buona politica. Una certa flessibilità a livello di base permette di sperimentare e poi vagliare pratiche sociali, agendo secondo priorità. Questa flessibilità può aiutarci a non danneggiare i deboli, a non destinare risorse a gruppi elitari e ad ignorare le pressioni politiche e sociali degli esperti. Prendere in seria considerazione le preoccupazioni della sinistra per la politica sanitaria significa dunque fare spazio alla sperimentazione sociale.