Di Kevin Carson. Originale pubblicato l’undici agosto 2021 con il titolo Saying the Quiet Part Out Loud. Traduzione di Enrico Sanna.
Solitamente, un libertario di destra si guarda bene dal dire apertamente che i lavoratori con un forte potere contrattuale vanno contro gli interessi del capitalismo, o che, viceversa, la loro debolezza è un bene per il capitalismo. Così come non ammetterebbe mai, a voce alta, che i fanatismi sono un fatto positivo quando diventano un’arma contro i lavoratori.
È pertanto un’encomiabile dimostrazione di onestà vedere Alex Nowrasteh e Benjamin Powell che dicono esattamente quello che pensano (“How Mass Immigration Stopped American Socialism,” Reasonnumero di agosto/settembre 2021).
Quello che dicono chiaramente è che per loro i sindacati sono una forza ostile al capitalismo, moralmente equivalenti al socialismo, e che tutto ciò che ne ostacola l’esistenza è un bene. “Il potere del governo statunitense era più limitato quando c’erano più immigrati, ai tempi dell’immigrazione di massa i sindacati avevano pochi iscritti.” I due elogiano esplicitamente la xenofobia che rafforzava le demagogie contro i “socialisti”, e il fatto che le barriere linguistiche fossero un ostacolo all’organizzazione sindacale.
Ironicamente, gli autori ammettono, senza volerlo, che le vecchie teorie della destra libertaria, secondo cui il capitalismo rappresenta un freno al razzismo, sono una sciocchezza. Addirittura citano l’autorità di Engels quando dicono che razzismo e xenofobia fanno gli interessi del capitalismo perché dividono i lavoratori.
Friedrich Engels diceva che negli Stati Uniti gli immigrati “sono divisi per nazionalità e non si capiscono tra loro così come, perlopiù, non capiscono la lingua del paese ospitante.” E poi: “la borghesia americana sa… come metterli gli uni contro gli altri: ebrei, italiani, boemi e altri contro tedeschi e irlandesi, ma anche a livello di singole persone.” Engels era del parere che una politica migratoria aperta avrebbe posto un freno alla rivoluzione socialista per molto tempo, perché la borghesia americana capiva che “‘di questi dannati olandesi, irlandesi, italiani, ebrei e ungheresi ce n’è molti di più di quanti non ne servano’; per non dire poi dei musi gialli che alle porte.”
L’industria delle carni e dell’acciaio a cavallo tra Ottocento e Novecento assumeva apposta lavoratori di etnia e razza diversa per impedire che si organizzassero in sindacati. La diversità faceva salire il costo di organizzarsi.
Il che conferma sostanzialmente quello che diceva il marxista Harry Braverman in Labor and Monopoly Capitalism, ovvero che la frammentazione, razziale o di altra natura, dei lavoratori aumenta il potere contrattuale del capitale a spese dei lavoratori colpendo il potere di solidarietà di questi ultimi.
Nowrasteh e Powell decantano anche il fanatismo anti-immigrati dei nativi perché uno degli effetti pratici è che indebolisce il richiamo del socialismo.
Negli Stati Uniti l’immigrazione contribuì alla diffusione del socialismo, ma rafforzò anche la percezione che il socialismo fosse un’ideologia straniera peculiarmente antiamericana.
Prima dell’ingresso degli Stati Uniti nella prima guerra mondiale, il partito socialista aveva le roccaforti elettorali in stati con pochi immigrati, come il Nevada, l’Oklahoma, il Montana e l’Arizona.
Anche secondo Reason, questo fatto era 1) stupido e 2) moralmente corrotto. Nowrasteh e Powell elogiano esplicitamente xenofobia e razzismo in quanto strategicamente utili nella lotta capitalista contro i lavoratori sul piano sia economico che politico.
Visto come nell’articolo appoggiano l’uso strategico del fanatismo, non dubito che gli autori avrebbero approvato anche le leggi razziali e il razzismo contro i neri degli stati del sud, se solo ciò fosse servito a, ad esempio, frammentare le associazioni dei mezzadri, o comunque rendere più difficile l’associazionismo.
È significativo in questo senso il fatto che citino l’atteggiamento fortemente xenofobico successivo all’ingresso nella seconda guerra mondiale. L’odio contro gli immigrati, alimentato dall’amministrazione di Wilson, fece sì che sindacati e socialismo fossero accusati di essere sediziose ideologie straniere. Dall’elogio della xenofobia perché indeboliva il supporto di sindacati e socialisti a sostenere l’autoritarismo del genere “Vecchia Gloria”, “Lealismo” o “Americanismo al 100%”, che parimenti equiparava il radicalismo all’influenza straniera, è un passo. Ma bisogna anche ricordare che l’ondata xenofobica che indebolì sindacati e socialisti portò con sé, al di là di “liberty cabbage”, anche all’incarcerazione di massa, con l’accusa di sedizione, di chiunque fosse contro la guerra o si opponesse all’arruolamento.
Sinceramente, non fatico a immaginare Nowrasteh e Powell che elogiano le camicie nere di Mussolini perché distruggevano l’occupazione delle fabbriche a Torino, o il KKK degli stati del sud o gli squadroni della morte in America Centrale per la loro lotta contro gli estremisti, o anche Hindenburg perché nominò Hitler cancelliere. Tanto meglio se non arrivano a tanto. Ma sarebbe un atteggiamento del tutto incoerente con i principi etici impliciti nel loro articolo.