Di Jaimine Vaishnav. Originale pubblicato il 18 maggio 2021 con il titolo Social Statism Called Caste. Traduzione di Enrico Sanna.
Il valore di una vita umana è intrinsecamente legato al bisogno di autonomia, ad un’esistenza decente, che abbia rispetto di sé, libera. Questi sono importanti pilastri del vivere sociale e della crescita collettiva. In una società vitale è importante unire solidarietà e fratellanza a fattori costruttivi che favoriscano l’emancipazione. Nel contesto indiano c’è una forza che, visibilmente o no, ancora oggi determina l’atteggiamento della società verso l’individuo: la casta (jati o varna).
Il contesto
In testi come il Manusmriti, il Veda induista, lo jati è determinato dalla nascita. È quasi una sorta di “contratto sociale” applicato ai gruppi sociali senza il loro consenso. È sancito dalla religione al fine di controllare e mantenere quel “fascismo sociale” che poi porta all’elaborazione sistematica del varna in una comunità. Il varna è un lavoro di casta. In termini olistici, questa socializzazione ha generato un’iniquità livellante. L’unione di jati e varna ha lasciato pochissimo spazio all’osmosi comunitaria e alla mobilità interna. Lo shankaracharya di Puri ha paternalisticamente biasimato l’ignoranza delle élite indiane quando ha detto che “il varna, così come lo jati, è determinato dalla nascita”. E ha aggiunto: “molti dicono di credere nel varna, ma non nello jati. Chi dice così non conosce neanche il primo capitolo del Bhagavad Gita, uno dei testi sacri dell’induismo, verso 1.42.”
Chi appartiene ad una casta inferiore (Dalit o Bahujan) non può avere compiti “brahmanici”, in quanto la religione induista assegna i “compiti” in base alla “nascita”. Scuoiare una mucca o del bestiame, ad esempio, è compito dei Dalit, che però non possono essere sacerdoti di un tempio. Il sistema di casta in quanto “dittatura sociale” è responsabile dell’abuso sistematico delle caste inferiori e della loro assenza di libertà. Neanche il tentativo di legare tra loro i compiti di casta è servito a promuovere una certa sostenibilità sociale, dato che si tratta di concessioni simboliche.
Il sistema di casta si manifesta in forma di statalismo “sociale”, dottrina che vede nell’oppressione una violenza “legittima”. È la comunità ad imporre il sistema, non lo stato dall’alto, ma il risultato è ugualmente totalitario. Il sistema di casta tocca gli ambiti micro e medio della società indiana. È un sistema a un tempo religioso e culturale. Prendiamo ad esempio la “tassa sul seno”. “Mulakkaram” era una tassa imposta fino al 1924 nel regno di Tranvancore (attuale stato di Kerala) alle donne Dalit, appartenenti alla casta più bassa degli intoccabili, che volevano coprire il seno in pubblico. Gli esattori (induisti di casta superiore) andavano nelle case per riscuotere la tassa da tutte le donne che avevano superato la pubertà. L’esattore valutava l’entità della tassa sulla base delle dimensioni del seno.
Breve anatomia
La casta privilegiata, grande beneficiaria del capitalismo di casta, vede una versione diversa, apologetica, del sistema di casta, in cui le caste non privilegiate continuano le loro attività di casta, come lapulitura delle fogne e la cremazione. Come spiega il sociologo Satish Deshpande, “Convertendo il proprio capitale di casta in capitale moderno, le caste superiori possono oggi vantarsi di essere fuori dal sistema e accusare le caste inferiori di alimentare illecitamente il sistema di casta.”
La casta, intesa come una sorta di dispotismo sociale, è responsabile anche della violenza di casta e di genere. Secondo dati del 2019 del NCRB le donne delle caste inferiori (Dalit e Adivasi) sono le vittime principali di violenze e incidenti, indice del nesso tra stupri e caste. Ad alimentare la violenza contro le donne Dalit e Adivasi è l’atteggiamento religioso e la misoginia che alimentano quel sistema di gerarchie sociali (disuguaglianza di grado) chiamato sistema di casta. Secondo un rapporto del 2019 della American Civil Society Research, il 40% dei contenuti di piattaforme come Facebook, Twitter e altri contiene insulti di casta (rivolti soprattutto contro persone delle caste inferiori). Ecco un altro esempio di come il sistema di casta rafforza enormemente l’intolleranza, generando una cultura fatta di oppressione, assoggettamento, obbedienza e patriarcato.
Oggi, ventunesimo secolo, le caste privilegiate vedono nel sistema di “categorie protette” una fonte di oppressione e sfruttamento. Chi vuole un’egemonia sociale basata su un sistema di casta che dura da 3000 anni inorridisce davanti all’ipotesi di una “discriminazione costruttiva” a vantaggio dei Dalit e Bahujan. In ambito politico e scolastico, le caste inferiori sono ancora sottorappresentate. Il grosso appartiene ai brahmani e, cosa peggiore, il governo Modi è intenzionato a ridurre la rappresentanza dei “Dalit” tramite misure capitaliste neoliberali.
Amara realtà
L’induismo in quanto tale non è una religione. Molti occidentali, in cosciente ignoranza, “confondono l’induismo con uno stile di vita”, sono incantati dal marketing dello yoga. Ma poco ne sanno. L’induismo non è che un aggregato di caste. Lo Yoga, così come concepito da Patanjali all’epoca dell’impero Shunga (una dinastia violentemente intollerante verso i monaci buddisti), era una sorta di esercizio spirituale (Yoga) riservato alla casta privilegiata. Oggi lo yoga è una scelta, ma il governo Modi lo ha reso obbligatorio nelle scuole pubbliche. Questo ha spinto certe scuole private ad alimentare un “effetto carovana”.
Il censimento del 2011 fornisce un’immagine sconsolante. I casi di esogamia (matrimonio tra caste diverse) non superano il 6% di 1,3 miliardi di indiani. Una delusione per chi spera in una qualche forma di socializzazione e mobilità. La scelta del compagno è basata sulla casta. Secondo un rapporto del 2018 della Lok Foundation, università di Oxford, gli indiani che vivono in città si sposano ancora come i loro nonni. Solo il 3% opta per il matrimonio inter-casta. Il matrimonio inter-casta (esogamia) è considerato un grande passo verso l’eliminazione del sentire e del privilegio di casta, ma non è detto che possa portare alla disintegrazione del sistema di casta. Quest’ultimo è diventato un fenomeno intersezionale, che riguarda i sessi, l’alimentazione e le abitudini di vita, e occorrerà un grande Thanos per distruggerlo con uno schioccare di dita!
In un paese eterogeneo come l’India, il sistema di casta significa rinnegare i principi alla base del laicismo e della fratellanza. La casta genera appiattimento e alimenta il “senso di appartenenza”. Il cognome conta più del nome. Certi paleolibertari e “anarco”-capitalisti del panorama politico indiano, che vedono il sistema di casta come semplice espressione della “libertà di associazione”, come spiegano il fatto che ci sono persone delle caste inferiori che vengono linciate, uccise, ostracizzate semplicemente per aver bevuto da una fontana pubblica, per essersi seduti su una sedia, aver cavalcato un certo cavallo, essersi fatti crescere i baffi, aver espresso opinioni e così via?
Il mostro esiste!
Gli induisti delle caste superiori starebbero esportando il sistema all’estero. Esemplare il caso degli Stati Uniti. Martedì (11 maggio 2021) alcuni lavoratori della BAPS (Bochasanwasi Akshar Purushottam Swaminarayan Sanstha) del New Jersey hanno sporto denuncia. Secondo la rivista Forbes, si parla di duecento lavoratori reclutati in India sotto false pretese, forniti di visti religiosi e spesso costretti a lavorare come edili più di dodici ore al giorno (oltre ottanta ore settimanali) presso un tempio affiliato alla BAPS a Robbinsville, nel New Jersey. Si parla anche di passaporti confiscati dopo l’arrivo negli Stati Uniti dei lavoratori, poi costretti a stare in un complesso recintato e rigidamente controllato, con il divieto di uscire dal tempio senza essere controllati. Gran parte dei lavoratori, fortemente sottopagati, appartengono alla comunità Dalit. L’Fbi sta indagando sul caso.
Gli stessi problemi, legati al sistema di casta, furono segnalati a luglio 2020, quando gli enti di controllo della California denunciarono la CISCO per aver tollerato nel posto di lavoro culture lavorative discriminatorie basate sulle caste. Si scoprì così che due induisti di casta superiore avevano un atteggiamento ingiusto nei confronti di lavoratori appartenenti alla comunità Dalit. In violazione della legge sui diritti civili del 1964.
Isobel Wilkerson nel suo libro Caste: The Origins of Our Discontent fa un ritratto potente di un fenomeno prima sconosciuto in America; racconta storie di persone vere in modo avvincente e ben documentato, spiega come oggi e in passato gli Stati Uniti siano stati forgiati da un sistema di casta occulto, una rigida piramide umana. Connettendo tra loro i sistemi di casta americano, indiano e nazista, la Wilkerson illustra gli otto pilastri che reggono i sistemi di casta delle varie civiltà: il volere divino, la consenguineità, lo stigma e così via. Attraverso la storia di persone come Martin Luther King Jr., il giocatore di baseball Satchel Paige, padre singolo con un figlio piccolo, la stessa Wilkerson, oltre a tanti altri, spiega come viene quotidianamente vissuta questa insidiosa piovra che è il sistema di casta. Spiega come i nazisti studiarono il sistema razziale negli Stati Uniti prima di pianificare l’allontanamento degli ebrei; spiega inoltre perché la logica crudele di casta richieda l’esistenza di una casta inferiore contro cui le classi medie possano misurarsi; e descrive gli incredibili costi sanitari in termini di depressione e aspettativa di vita, nonché gli effetti delle strutture piramidali sulla nostra cultura e sulla politica.
La necessità di un metodo Phule-Ambedkar
Ambedkar, architetto della costituzione indiana, era uno strenuo sostenitore dell’abolizione delle caste. Vedeva “il sistema di casta non solo come divisione del lavoro, ma anche come divisione dei lavoratori”. Scrisse opere di grande valore come Caste in India (1917), Annihilation of Caste (1936), Who were the untouchables? (1946) e The Untouchables (1948), libri che tutti, a cominciare dalle “scuole”, dovrebbero leggere se si vuole smantellare e rinnegare il sistema. Meglio tardi che mai. Ambedkar guidò movimenti rivoluzionari come il Mahad Satyagraha (1927), che aiutò a risvegliare la coscienza critica delle caste inferiori. Il Mahad Satyagraha era un movimento di resistenza nonviolento fondato da lui. Un caso: alla comunità Dalit fu vietato attingere acqua alla fontana pubblica: Ad agosto del 1923 l’organo legislativo di Bombay passò una risoluzione che permetteva a persone di classi povere di accedere ai luoghi costruiti e gestiti dal governo. A gennaio 1924, la città di Mahad, nella provincia di Bombay, passò la risoluzione e applicò la legge. Ma non riuscì a farla rispettare date le proteste degli induisti sostenitori delle caste.
Amdedkar, dopo aver bevuto alla fontana pubblica, fece un discorso indirizzato alle donne Dalit durante il Satyagraha. Chiese di abbandonare le vecchie usanze che imponevano l’uso di segni di riconoscimento per gli intoccabili, e le invitò a indossare il sari alla maniera delle donne delle caste superiori. Prima di allora, alle donne Dalit non era permesso indossare il sari. Dopo il discorso di Mahad, le donne Dalit decisero di farlo.
Secondo i testi dell’induismo, Ambedkar apparteneva alla casta degli “intoccabili”. Si sa che screditò il “Mahatma” Gandhi, padre dell’India moderna, per il suo sostegno al sistema di casta e per aver detto che la pulizia della fogne era un’attività di casta. Quando chiese un elettorato separato per i Dalit (intoccabili), Gandhi iniziò un “digiuno ad oltranza”, usandolo come forma di ricatto indiretto contro Ambedkar per il suo tentativo di mantenere l’integrità politica delle caste inferiori nel sistema gerarchico induista (vedi il Patto di Poona del 1930).
Jyotirao Phule, riformatore, appartenente ad una casta inferiore, nel 1873 scrisse Slavery, opera che sottolinea le origini antropologiche del sistema di casta. Istruì sua moglia Savitribai e fondò scuole per gli intoccabili, cosa che gli valse l’isolamento e l’ostracismo. Solo le caste privilegiate avevano accesso all’istruzione come strumento, non le donne, e neanche i Dalit.
Insomma, il sistema di casta svilisce vita e libertà delle caste inferiori Dalit e Bahujan. Nascosta com’è dietro un “velo d’ignoranza”, è improbabile che la casta dominante ammetta i propri privilegi e lo sfruttamento di casta. Un sistema di casta non può essere cambiato dall’interno perché è socialmente genetico. Peggio ancora, la scuola non sensibilizza sul problema. Questo difetto, presente anche nella formazione aziendale, permette agli apologeti delle caste di perpetuare l’intolleranza.
Ambedkar, eclettico figlio della “casta degli intoccabili”, agli inizi degli anni cinquanta pensava che la liberazione dall’induismo fosse la soluzione finale contro il sistema di casta. Come l’attivista anti-casta Lyothee Thass, anche lui arrivò alla conclusione che non fosse possibile riformare l’induismo, neanche trasformandosi in “uomini bomba”, e per questo fondò la setta del “Buddismo Navayana” contro l’oppressione sociale. Il suo motto, che ancora spinge, seppur lentamente, molti movimenti politico-sociali indiani, è “Istruite, Organizzate, Sensibilizzate”.