Di Logan Marie Glitterbomb. Originale: The Internet Offered Us Freedom, We Chose Corporate Rule, 13 ottobre 2020. Traduzione di Enrico Sanna.
A detta di cypherpunk e cripto-anarchici, una cosa è chiara: internet ci ha offerto la libertà. I movimenti open-source e peer-to-peer (p2p) prosperano ancora in qualche angolino di internet. Vero. Ma molti di noi preferiscono la servitù aziendale.
Le criptomonete, ad esempio, offrivano uno strumento di scambio possibilmente indipendente da Wall Street, le grandi banche e il temuto stato, ma molti preferiscono transazioni che chiedono di comunicare le proprie generalità allo stato, se non l’accesso al conto bancario, invece di utilizzare risorse come Local Bitcoin che permettono di fare transazioni anonime.
Il movimento p2p offriva un’idea di economia condivisa veramente paritaria, ma molti preferiscono le applicazioni aziendali che fanno da intermediario tra pari, impongono le regole, fanno la cresta ai profitti e in cambio offrono poco più di un’applicazione; che potrebbe essere facilmente spazzata via con il crowdfunding, diventare proprietà cooperativa di tutti e resa open-source utilizzabile liberamente da tutti. Siamo contenti di Uber, Lyft, AirBnB e così via, tanto che li consideriamo un esempio di “economia della condivisione”, e non vediamo le offerte di Cell 411 o Couchsurfing.org che operano in maniera davvero paritaria e antiaziendale.
Potevamo comunicare e avere social media decentrati e protetti e siamo confluiti in massa su Facebook, Twitter, Instagram, Discord e Tik Tok invece di optare per Mastodon, Minds, MeWe, Element, Signal e altri. Così lasciamo che i nostri dati vengano raccolti e utilizzati per profitto o passati a qualche istituzione governativa con la scusa della sicurezza. Potevamo facilmente avere la riservatezza e abbiamo scelto la “convenienza”, anche se io non so cosa ci sia di conveniente quando, nonostante le alternative esistano, lasciamo che altri invadano liberamente il nostro mondo. E poi, dopo aver dato volentieri tutto questo potere alle piattaforme big tech, c’è chi si sorprende e si sente tradito quando loro censurano e bloccano l’accesso sulla base di opinioni politiche o altri parametri decisi d’autorità da loro.
E poi ci sono l’open-source e/o i servizi criptati, come Linux, Gimp, Icedrive, CryptDrive, Open Office, CryptPad, Riseup, Protonmail e altri, ma molti ancora preferiscono Windows, Photoshop, Google Drive, Google Docs, Gmail e simili, riempiendo così i grassi portafogli aziendali e centralizzando ulteriormente il loro controllo di internet, invece di scegliere il decentramento e affidarsi ai piccoli e alle comunità per condividere e collaborare creando una molteplicità di ottime piattaforme.
E oggi che le videoconferenze sono tanto più necessarie, Zoom fa soldi a palate e continua a dire che della riservatezza del consumatore non le importa nulla, e poi ha la faccia tosta di offrire un servizio criptato, che poi si è scoperto essere falso, dietro pagamento. E tutto questo mentre esistono alternative veramente criptate come Jitsi e Agora.io, che però sono relativamente inutilizzate.
E anche noi di C4SS, che ci dichiariamo anarchici, non riusciamo a fare a meno del potere aziendale. Operiamo tramite Google Groups, correggiamo gli articoli su Google Docs, discutiamo su Zoom e vendiamo tramite Amazon… e sì che dovremmo aver imparato (per inciso, i nostri libri si possono acquistare sul nostro negozio online invece che su Amazon, non c’è alcun bisogno di ingrassare un’azienda che collabora con la polizia).
Internet ci offriva la libertà dal controllo aziendale e noi abbiamo rifiutato l’offerta e come sempre abbiamo continuato a leccare i piedi capitalisti. Molti dicono che lo fanno per convenienza, ma cosa c’è di conveniente quando si offrono tutte le proprie informazioni personali alle aziende big tech?
Internet ci offriva la libertà e noi abbiamo sprecato l’occasione. Ma l’offerta c’è ancora. È lì. Possiamo ancora sfruttarla e far diventare internet quel bastione della libertà profetizzato da cypherpunk e cripto-anarchici. Ci vorrà del tempo. La transizione non è né facilissima né pacifica. Occorre tempo e studio. Ma ne vale la pena. E allora mettiamoci all’opera e costruiamo l’internet che vogliamo.