[Di Kaile Hultner. Originale pubblicato su Center for a Stateless Society il 21 settembre 2016 con il titolo Free Chelsea Manning Today! Traduzione di Enrico Sanna.]
Fin dai primi giorni del primo mandato di Obama, gli Stati Uniti hanno messo in pratica un’accanimento legale nel punire gli informatori. Se qualcuno può essere identificato come fonte di una rivelazione, e se quel qualcuno è sotto la giurisdizione degli Stati Uniti o dei suoi tribunali militari, allora può essere perseguito per crimini contro lo stato e la “sicurezza nazionale”.
È in questa atmosfera che l’Associazione Americana per le Libertà Civili (ACLU) ha annunciato la richiesta della grazia, piena e incondizionata, per Edward Snowden, l’ex dipendente di una società d’appalto nello spionaggio che rivelò informazioni segrete, riguardanti le intercettazioni della National Security Agency e la raccolta di informazioni private, a Glenn Greenwald e ai quotidiani UK Guardian e Washington Post.
“Grazie all’atto di coscienza di Edward Snowden, abbiamo fatto enormi passi avanti nella lotta per la riforma dei sistemi di sorveglianza e per il miglioramento della sicurezza informatica,” ha detto la settimana scorsa il direttore della ACLU Anthony D. Romero. “È per questo che oggi, in anticipo sull’uscita del film ‘Snowden’ di Oliver Stone, annunciamo i nostri sforzi chiedendo al presidente Obama di graziare chi ha svelato le attività dell’NSA.”
Qualcuno è rimasto scontento della chiamata all’azione dell’ACLU, come la redazione del Washington Post, il giornale che ha contribuito a pubblicare le rivelazioni, che poi ha dichiarato lesive della sicurezza nazionale all’estero. Inutile dire che l’ACLU ha smosso le acque attorno al problema.
Stranamente, però, nel dibattito sulla grazia a Snowden non si parla della situazione di Chelsea Manning.
A luglio scorso, l’informatore ventottenne ha tentato il suicidio durante una condanna a 35 anni, da scontare nel carcere militare di Fort Leavenworth per aver violato la legge sullo spionaggio, la stessa legge di un secolo fa che gli Stati Uniti vogliono usare contro Snowden. All’inizio di settembre la Manning ha iniziato uno sciopero di protesta contro il suo trattamento, dichiarando di non ricevere trattamenti appropriati alla sua disforia di genere: tra l’altro, le hanno vietato di farsi crescere i capelli ed è soggetta a intimidazioni da parte del personale carcerario.
“Oggi ho deciso che non mi lascerò più impaurire da questo carcere, o da chicchessia nello stato americano,” ha detto la Manning. “Non chiedo altro che quella dignità e quel rispetto concessi ad ogni essere umano, atti che io credevo fossero garantiti.”
È questa la ragione per cui la Manning dovrebbe tornare in libertà; la ragione per cui tutti, in particolare questa persona, dovrebbero essere liberati. Finché starà in carcere, le negheranno la dignità e il rispetto che cerca. Lo stato le ha tolto dignità e rispetto apposta, per mandare un messaggio a chi volesse fare lo stesso.
Chelsea Manning è stata condannata per aver sfidato lo stato mentre era in corso un conflitto. In un certo senso, un senso strano e perverso, potrebbe considerarsi criminale di guerra. Ma ha solo aiutato le famiglie di due fotoreporter della Reuter trucidati, Saeed Chmagh e Namir Noor-Eldeen, a capire l’accaduto (i due furono uccisi nel 2007 con un attacco dall’alto), e ha aiutato americani e non di tutto il mondo a capire l’enormità delle disgraziate avventure militari americane in Afganistan e più in generale in Iraq.
L’accusa di essere un “criminale di guerra” è una boutade se pensiamo a personaggi come Henry Kissinger, che oltre ad essere il ganzo di Hillary Clinton è anche quello che sta dietro molte note atrocità come i campi di sterminio dei Khmer Rossi in Cambogia, il golpe e la dittatura di Augusto Pinochet in Cile, e praticamente tutto il lungo e sanguinoso conflitto in Vietnam. E che tuttora è a piede libero.
E però la Manning è costretta a pagare un debito che non le appartiene: anni della sua vita, la tranquillità, la possibilità di muoversi e di frequentare chi vuole. E questo perché ha avuto un cambio di coscienza mentre serviva una delle più grandi forze assassine e oppressive del pianeta.
La Manning ha sospeso lo sciopero della fame il 13 settembre, dopo aver appreso che i medici militari avevano approvato la sua richiesta di sottoporsi a cambiamento di sesso. Da allora, a parte il tweet in cui il fondatore di Wikileaks Julian Assange prometteva la sua costituzione se Obama avesse dato la grazia alla Manning, i media si sono chiusi nel silenzio.
Ora, se ci raccogliamo attorno ad Edward Snowden e cominciamo una campagna chiedendo la grazia per lui, è più che giusto che facciamo lo stesso per Chelsea Manning. Liberatela oggi, incondizionatamente!