Tutto questo parlare di terrorismo serve soltanto a mascherare l’impulso alla guerra con una retorica vittimistica. Vedete, la Francia non è “in guerra”, ma sta solo rispondendo ad attacchi “terroristici”. Quei vili, miserabili banditi non sono guerrieri o soldati, ma pazzi, cani sciolti del terrore.
Senza questo ragionamento, l’assalto agli uffici di Charlie Hebdo del sette gennaio dovrebbe essere considerato un’invasione, un attacco da parte di forze esterne a cui la Francia ha dichiarato guerra. Ma la guerra è troppo brutale per essere accettata nel ventunesimo secolo, un’epoca in cui la violenza sarebbe inevitabilmente in calo e la pace giusto dietro l’angolo se non fosse per gli atti di quattro cellule terroristiche.
Dire che questi eventi sono “terroristici” è solo un modo per alienare il concetto di guerra dalla popolazione. Un attacco nel territorio di una nazione occidentale è sempre terrorismo, è assolutamente immeritato, mai la conseguenza di un conflitto mondiale ma semplicemente il risultato dell’attività di pochi pazzi.
Non lasciatevi incantare da questa terminologia politicamente corretta. C’è una guerra, molte nazioni occidentali ne sono coinvolte, e gli attacchi sotto casa tua ne sono il risultato. Forse i neoconservatori sarebbero un po’ meno noiosi se la smettessero di mascherare la realtà. Se davvero ci si parlasse onestamente, forse la gente esiterebbe a scegliere di stare risolutamente da una parte e dire che gli altri sono semplicemente barbari impazziti. Questo servirebbe almeno a chiarire le intenzioni delle persone, e noi potremmo dare un giudizio più accurato sulla situazione.
Ogni atto di guerra comporta terrore. In guerra, l’orrore non è un prodotto secondario ma l’intenzione. Guerra e terrore non si possono separare più di quanto non si possano separare sesso e piacere. Trattare una delle parti in conflitto come il prodotto di un semplice scatto emotivo di una determinata costituente geopolitica rafforza il bigottismo della società, che così si convince di stare sempre dalla parte del diritto, e non vede che tutto il Medio Oriente è costantemente immerso in un ambiente terroristico creato dall’occidente.
Questa retorica vittimistica è forse un prodotto del mondo militare occidentale e dei media burattini perché loro conoscono la terribile verità: che i terroristi islamici sanno meglio degli altri come provocare un senso di impotenza. Se, da un lato, è bene non sottovalutare gli effetti psicologici delle guerre terroristiche occidentali sul mondo arabo (e oltre), non è difficile notare come la reazione degli occidentali agli attacchi sia molto più spaventata, e questo perché per tanto tempo sono stati protetti dagli effetti della guerra.
Questo non significa che il loro panico è ingiustificato. È perfettamente normale avere paura e diventare aggressivi quando si intuisce non esistono luoghi pubblici sicuri, che un qualunque gruppo estremistico potrebbe, in qualunque momento, decidere di trasformarli in un obiettivo dei loro programmi politici violenti. Ma poiché il loro è un atto di terrorismo e la nostra una guerra di difesa (o intervento umanitario, per usare un linguaggio più nauseante e distorto), noi come civiltà nei nostri discorsi non ci troviamo mai ad affrontare questa realtà tanto orribile.