Dan Friedman (“The MOOC Revolution That Wasn’t,” TechCrunch, 11 settembre) esprime non poco disappunto sul fatto che i corsi online dei college deludono le aspettative create qualche anno fa. In termini di completamento dei corsi e di frequenza delle lezioni, dice, “la rivoluzione ha fallito”. Ma se ha fallito una ragione c’è. Il modello predominante di corsi online non soddisfa le richieste delle persone a cui si rivolge.
C’è una marcata somiglianza tra l’istruzione online e la controversia che ha contrapposto Uber e Lyft ai taxi tradizionali. Il controverso servizio di condivisione delle corse offre qualche vantaggio competitivo rispetto ai vecchi taxi. Ma è solo un passettino, anche se nella direzione giusta; possiede ancora le stesse caratteristiche del sistema proprietario e monopolistico a cui cerca di fare concorrenza. Il controllo è ancora nelle mani di grosse aziende con sede fuori dalle città servite, aziende che, grazie ad applicazioni brevettate, fanno la cresta agli autisti e ai clienti che operano nel loro precinto. Il prossimo passo consiste nel liberare Uber e Lyft da questa prigione con sistemi cooperativi e di condivisione delle corse open-source.
L’istruzione online, con o senza profitto, rappresenta un miglioramento marginale rispetto alle tradizionali università. Ma come Uber e Lyft è bloccato tra due mondi, modellato sul sistema scolastico superiore tradizionale piuttosto che su un vero sistema di rete, open-source, ancora tutto da edificare.
Coursera coordina l’uso del materiale dei corsi con “istituzioni associate” (le università tradizionali) per offrire un curriculum più o meno tradizionale. Udacity adatta la sua offerta alle richieste, in termini di specializzazione, della “industria tecnologica” (ovvero, dei dipartimenti aziendali risorse umane). I principali corsi online non si spostano dal modello postbellico basato su una collaborazione tra grandi aziende, il mondo dell’istruzione tradizionale e lo stato. L’obiettivo centrale è la formazione delle risorse umane così da adattarle ai bisogni delle grandi aziende in termini di capacità tecniche e predisposizione al lavoro. Milioni di persone vengono così dirette a soddisfare le richieste delle aziende di Fortune 500 (le 500 più grosse aziende d’America, es), inflazionando il mercato delle credenziali (e il debito dei laureati) necessarie ad ottenere un lavoro. Questo produce una sovrabbondanza di offerta di lavoro vocazionale-tecnico in quei settori in cui c’è più richiesta, producendo così un calo dei salari. Il risultato è che chi ha studiato per acquisire quelle capacità lavorative si ritrova ad avere poco potere contrattuale davanti alle grandi aziende.
Una libera istruzione, se vuole essere genuina, deve smettere di versare il vino nuovo nelle botti vecchie, che si tratti di preparare materiale corsistico che si adatti al modello universitario convenzionale, o di preparare curriculum che rispecchiano le richieste delle grandi aziende. Queste ultime, assieme ai loro dipartimenti per la gestione delle risorse umane, fanno parte di un mondo economico morente. Alcune potrebbero sopravvivere per qualche decennio ancora, sfruttando aiuti e normative protezionistiche fornite da uno stato sempre più fallimentare e vuoto. Ma sono obsolete, in attesa del decesso, e col passare degli anni avranno sempre meno importanza nel mondo economico.
Il futuro dell’impiego passa dal lavoro autonomo, dalle piccole imprese cooperative (microimprese da garage, hackerspace e permacultura), dall’informazione p2p e dal lavoro a progetto. In quest’ultimo caso, dove le capacità personali e il capitale umano rappresentano la fonte principale di valore aggiunto, e dove gli strumenti fisici, un settore economico in crescita, sono alla portata di tutti, i lavoratori precari potrebbero unirsi e formare una versione cooperativa delle attuali agenzie capitaliste di lavoro interinale; o unioni di professionisti; o gilde in grado di offrire protezione, certificare la professionalità dei lavoratori e negoziare le condizioni con i datori di lavoro.
Serve un nuovo modello di istruzione basato su un sistema volontario, ad hoc, di credenziali cumulabili, un sistema slegato dallo stato, guidato dai bisogni delle piccole cooperative e dei lavoratori associati destinati a dominare la nuova economia.
Ovviamente, laddove il materiale dei corsi è protetto gli operatori dell’istruzione open-source dovranno rimuovere le protezioni Drm che bloccano l’accesso ai video e ai libri di testo.
Quello che abbiamo oggi è un sistema universitario morente, creato da uno stato morente per servire gli interessi di un’economia corporativa morente. Lasciate che i morti seppelliscano i loro morti.