Anche se forse senza rendersene conto, Amanda Knox, la cittadina americana condannata per omicidio dalle autorità italiane, ha fornito un esempio istruttivo sul significato del privilegio.
Nel 2009 la Knox fu accusata di aver ucciso Meredith Kercher, una studentessa britannica con cui condivideva l’alloggio durante gli studi all’estero. Nel 2011, prima dell’assoluzione in seguito ad appello, la corte costituzionale italiana ordinò il rifacimento del processo. In seguito a ciò, la Knox fu trovata nuovamente colpevole.
Fin dall’inizio, indagini e processo sono stati segnati dalla frenesia dei media. Generalmente parlando, ci sono due partiti opposti: Quelli che pensano che le indagini e il processo siano un’ingiustizia alimentata da anti-americanismo e misoginia, e quelli che pensano che l’oltraggio in sé sia una forma di sessismo al contrario che ignora le prove.
È lo stato italiano che ne fa una vittima e una zoccola? È il pubblico americano che la mette su un piedistallo e le tributa un trattamento speciale per il suo temperamento? È l’una e l’altra cosa?
C’è un’altra storia che non viene detta: Il privilegio influisce sulla giustizia non solo in America, ma particolarmente in America.
In un’intervista a The Guardian il giorno del verdetto, la Knox ha spiegato come dall’inizio del processo la sua vita sia cambiata e come questo abbia influito sulle sue certezze.
“Sono una persona marchiata. Chi non è marchiato non può capire. È come non sapere più dove sono. Qual è il mio ruolo nella società?”
La seconda frase è particolarmente importante. Cosa significa “non essere marchiato”? Questa è la condizione di chi è privilegiato.
Il privilegio si manifesta in diversi modi, ma l’esperienza che produce è sempre la stessa: non essere notati. È più o meno come non notare che non si ha un mal di testa o non notare che non si possiede una mano. In realtà, però, significa non notare il fatto che non si è discriminati, regolarmente, per qualcosa che non si può controllare.
Un altro aspetto del privilegio è la propensione a non credere nella sua esistenza. Chi solitamente non è discriminato, trova difficile credere che altri possano esserlo. Questo porta molti a mettere in questione l’onestà o la salute mentale di chi dice di essere discriminato sulla base del colore della pelle, il sesso, l’orientamento sessuale, l’espressione del proprio genere e altro. O mentono oppure hanno le fantasie.
Un articolo del Guardian del 2011 parla del sospetto che circonda le minoranze e di come la misoginia abbia influenzato il modo in cui la polizia italiana indagò sul caso. L’articolista spiega come gesti e azioni, come baciare il proprio ragazzo o mostrarsi felice, furono usati per determinare la sua colpevolezza. Dice:
“Alla radice del sessismo e del razzismo c’è la tendenza a ipersemplificare la mentalità e le ragioni dell’altro.”
Immaginare i pensieri e i sentimenti reali di una persona osservandola attraverso le lenti di un’opinione predeterminata è la definizione di pregiudizio. L’uso del pregiudizio nella giustizia criminale è chiaramente un problema, e un problema troppo diffuso.
Quello che la Knox sta vivendo è realtà quotidiana per molti negli Stati Uniti, il paese con il più alto tasso di detenzioni al mondo. Le denunce di violenza sessuale contro le donne sono regolarmente trattate con superficialità dalla polizia; uno studio di Human Rights Watch ha rivelato come il 40% delle denunce di stupro non sono oggetto di documentazioni o indagini adeguate. Le persone di colore finiscono dietro le sbarre in proporzione maggiore rispetto ai bianchi: rappresentano il 30% degli arresti ma il 60% della popolazione carceraria.
L’avvocato americano Alan Dershowitz è uno dei critici più duri del tifo sfrenato per Amanda Knox.
“Il sistema giudiziario americano tratta i poveri e le minoranze molto peggio di quanto non faccia l’Italia, perciò non abbiamo proprio alcuna ragione per elevarci e dire agli altri paesi che il loro sistema è ingiusto. Sulla base [delle prove contro la Knox], se non fosse una ragazza attraente – se fosse una persona ordinaria – accusata sulla base di queste prove, qui in America sarebbe stata condannata all’ergastolo o, peggio, alla pena di morte.”
Da notare che, se Dershowitz colpisce nel segno con la prima frase, con la seconda si contraddice. In un’altra intervista ha detto: “A conti fatti, è molto probabile che abbia commesso il fatto, ma non ci sono abbastanza elementi per provarlo oltre ogni ragionevole dubbio.” E si sentì anche in dovere di aggiungere che non avrebbe voluto che suo figlio uscisse con lei. Non è chiaro a chi stesse rispondendo.
La dannazione della Knox è arrivata per mano dello stato italiano. Negli Stati Uniti, se il razzismo è un problema radicato nella cultura e nei comportamenti, le sue manifestazioni sistematicamente più gravi passano attraverso il sistema giudiziario.
Chi dice di essere oltraggiato dal trattamento riservato ad Amanda Knox dovrebbe riflettere sulla natura del privilegio e sull’influenza e il controllo che questo esercita sul complesso industriale carcerario americano. C’è molto da fare.