National Public Radio (Npr) ha condotto il suo programma “La Settimana Politica” del dodici settembre con un’analisi del messaggio alla nazione in cui Obama ha parlato dello Stato Islamico. Giornalisti e mezzibusti hanno discusso i fondamenti del messaggio: È stato abbastanza duro? Riuscirà nel suo compito? Chi c’è dietro Isis? Ripensandoci, mi sono accorto che gli Stati Uniti bombardano l’Iraq, in un modo o nell’altro, da quando avevo sei anni. Oggi ne ho trenta. Questa tragica tradizione, lunga ormai un quarto di secolo, è portata avanti dall’attuale comandante in capo e premio nobel per la pace.
Durante tutto questo tempo, il governo degli Stati Uniti hanno portato avanti macchinazioni statuali e massacri nel mondo arabo. Nel suo messaggio, Obama ha detto: “Il nostro obiettivo è chiaro: Schiacciare e poi distruggere Isi[s] con una strategia antiterroristica totale e prolungata.” La prossima guerra con i droni è alle porte, e così anche la morte certa per altri innocenti. Già ora il governo americano in quella regione è responsabile della morte di centinaia di migliaia di persone, di un numero ancora più alto di profughi, e infine della distruzione totale su grande scala. I nuovi attacchi non si limitano all’Iraq. Nonostante l’opposizione della nazione dell’anno scorso, quando fu preso di mira il regime di Bashar al Assad, le bombe cadranno anche in Siria. Alla fine sono riusciti ad avere la loro maledetta guerra.
Isis rappresenta un regime terribile. Assoggetta e stupra le donne, uccide i bambini e decapita i prigionieri. Ma più interventismo non è la risposta. Questa nuova campagna militare non farà altro che inasprire, non placare, la loro ferocia.
Un video drammatico pubblicato su Huffington Post mostra un bambino siriano seppellito vivo sotto un edificio bombardato. La telecamera inquadra un gruppo di soccorritori che scavano freneticamente tra le macerie, tra il ferro contorto, per salvare il bambino. Le grida del bambino superano il chiasso della folla. Alla fine i soccorritori hanno successo e il bambino, terrorizzato, viene estratto vivo da sotto le rovine. Le urla di giubilo della folla significano ad un tempo gioia e dolore.
Gli attacchi con i droni ordinati da Barack Obama ricreeranno questa scena ogni giorno, senza sosta, fino alla fine degli attacchi.
Gli attacchi dei droni sono atti di terrorismo. La campagna contro il terrorismo è essa stessa una campagna di terrore senza fine. Gli Stati Uniti sono in uno stato di guerra permanente: la più grande forza repressiva al mondo. Ogni bomba significa un mondo meno sicuro, meno tranquillo. Per gli Stati Uniti, e ovviamente per chi vive entro i suoi confini, ogni bomba significa più solitudine, più isolamento dal resto del mondo.
Gli attacchi militari producono obiettivi politici nel breve termine, utili solo ai falchi di guerra. Le speranze di pace richiedono una strategia di lungo termine. Dove esiste il mercato esiste pace. Dove esiste pace esiste libertà. Va da sé che più libertà esiste nel mondo e meno oppressivi sono i regimi. Io non voglio l’Isis, non più di quanto non lo vogliano gli altri, ma la risposta non è il massacro di decine di migliaia di persone. Questa è la stessa mentalità imperialista che ha creato un tale regime brutale in primo luogo. Lo stato nazione, con questi massacri, è esso stesso un regime oppressivo, e non merita altro che di essere sconfitto con la libertà.