Se Dobbiamo Legalizzare il Lavoro Minorile…

Di Logan Marie Glitterbomb. Articolo originale pubblicato il 24 giugno 2024 con il titolo Maybe We Should Legalize Child Labor After All. Traduzione di Enrico Sanna.

In questi ultimi tempi si è diffusa in molti stati la paura per la legalizzazione del lavoro minorile. Ma legalizzare è positivo? Dopotutto, i movimenti sindacali si sono battuti duramente e a lungo per vietare il lavoro minorile e proteggere così i più giovani dallo sfruttamento. A contestare questa visione però oggi c’è tutto un insieme di “liberazionisti” giovanili.

Leggiamo su NPR:

Alcuni stati, come l’Iowa, il Missouri, l’Ohio e l’Arkansas hanno approvato o stanno per approvare leggi che permettono alle aziende di assumere giovani senza lavoro o di prolungare l’orario di lavoro o ancora di farli lavorare in condizioni pericolose in cantieri, impianti per la lavorazione delle carni e fabbriche di automobili.

Intanto l’amministrazione di Biden fatica a far rispettare le attuali norme federali sul lavoro minorile.

Secondo il dipartimento del lavoro, dal 2018 il numero di minori che lavorano in nero è cresciuto del 69 percento.

Il timore di condizioni di lavoro pericolose è reale e riguarda tutti i lavoratori di tutte le età. Legalizzare il lavoro minorile significa più possibilità di ricorso legale per i giovanissimi che lavorano in condizioni pericolose, più controlli da parte dello stato e soprattutto da parte dei sindacati.

Ma perché è così importante legalizzare il lavoro minorile? Lo spiega la National Youth Rights Association (NYRA, associazione nazionale per i diritti dei giovani, NdT):

“…il lavoro minorile è vietato per legge, punto. I giovani pertanto dipendono finanziariamente dai genitori, pur essendo costretti a svolgere un lavoro gratis: la scuola.

“Le leggi sul lavoro minorile sono state adottate per impedire che datori di lavoro o genitori sfruttino i minori, ma allo stesso tempo impediscono a questi ultimi di procurarsi il denaro senza l’aiuto dei genitori. Si dà per scontato che, lasciati liberi di procurarsi un lavoro, i giovani finirebbero intrappolati in qualche fabbrica a lavorare in condizioni disumane, come avveniva agli inizi del secolo scorso. Ma la causa allora era l’autorità dei genitori, i quali letteralmente vendevano i propri figli alla fabbrica per poi appropriarsi della loro paga. I figli non avevano voce in capitolo. D’altro canto, nelle aziende di famiglia, dove i giovani sotto i sedici anni possono lavorare, a sfruttarli sono i genitori che li trattano come capitale.

“Se ai giovani fossero riconosciuti per legge diritti propri, al potere dei genitori di costringere i figli a fare lavori pesanti o pericolosi si opporrebbe la possibilità dei figli di cercare lavoro altrove, o più semplicemente di rifiutarsi un lavoro. Se i giovani avessero gli stessi diritti degli adulti, avrebbero più possibilità di migliorare le proprie condizioni. In una società in cui le credenziali date dall’istruzione e dalla carriera sono viste in modo flessibile e aperto, i giovani potrebbero vivere del proprio stipendio senza subire le costrizioni e le rigidità dell’attuale sistema. Potrebbero scegliere autonomamente un lavoro e non verrebbero sfruttati più di quanto non lo sia un lavoratore adulto…

“Anche quando ai giovani è permesso lavorare, le ore lavorative sono limitate. Questo rende difficile guadagnare abbastanza da poter essere indipendenti.”

Va da sé che la disoccupazione colpisce soprattutto i più giovani. Ancora la NYRA: “A differenza dei lavoratori adulti, che hanno anni di risparmi o che possono beneficiare dello stato sociale, i giovani hanno molte meno difese sia personali che istituzionali.

Ovviamente, perché un minorenne abbia quell’autonomia di cui parla la NYRA bisogna abrogare i lacci legislativi: leggi che vietano di avere un conto in banca autonomo, di prendere o dare in affitto una casa, di vivere per conto proprio e di vivere dove si vuole, leggi che vietano le assenze ingiustificate e così via. Occorre insomma lasciarli liberi di decidere dove vivere e con chi. Questo significa libertà di lasciare la casa dove subiscono violenze o dove c’è chi li costringe a fare lavori duri per intascarne i soldi. Qualcuno finirà comunque a lavorare per la famiglia, ma ci sarebbero più possibilità di scelta. I minorenni che lavorano subiscono discriminazioni non solo legali ma anche sociali.

Citiamo ancora dalla NYRA:

“La difficoltà di trovare un lavoro non è solo un problema del mondo del lavoro, ma è in parte anche colpa della discriminazione subita dai lavoratori minorenni. Il “passing”, il voler passare per quello che non si è, è un problema che si osserva spesso in contesti razziali, di genere o di altri gruppi sociali: un membro di una minoranza oppressa cambia aspetto o atteggiamento così da “passare” per membro di un gruppo sociale privilegiato. Quando riguarda certi gruppi sociali, il passing è considerato degradante, sintomo di forte discriminazione. Nel caso dei giovanissimi, invece, passare per adulti è considerato normale, sensato. Il ragazzo che si presenta ad un colloquio per un lavoro indossa gli occhiali, si fa crescere la barba, cambia il proprio aspetto o comunque cerca di apparire più grande di quello che è. Essere giovani è chiaramente uno svantaggio quando si cerca un lavoro, ed è per questo che gli interessati fanno di tutto per non apparire giovani. Passing e disoccupazione giovanile sono un effetto della discriminazione in base all’età diffusa sul luogo di lavoro, e questo è un problema serio del nostro paese…

“I giovani lavoratori hanno spesso la carriera bloccata, hanno meno incarichi di responsabilità e sono trattati con sufficienza a causa dell’età. Questa discriminazione basata sull’età produce effetti tangibili: può creare un luogo di lavoro ostile che allontana i giovani lavoratori.”

Questo significa lottare per cambiare anche il modo in cui sono visti i giovani. Una lotta contro le barriere sociali e legali che è solo l’inizio, perché la discriminazione si presenta in tante forme.

Cito sempre la NYRA:

“I giovani che lavorano sono dichiaratamente discriminati sia dalle leggi che dalle politiche aziendali. Spesso la prima forma di discriminazione è il salario minimo. Il salario minimo nasce cento anni fa anche per combattere lo sfruttamento dei giovani lavoratori. Oggi, il salario minimo prevede deroghe al ribasso per i giovani. I giovani sono infatti l’eccezione del salario minimo federale di 7,25 dollari l’ora. A parità di incarico, il lavoratore sotto i vent’anni può ricevere un salario di appena 4,25 dollari l’ora. Mentre il salario minimo è cresciuto significativamente nel tempo, questo “minimo nel minimo” non cambia dal 1996. Non è neanche aggiornato all’inflazione.”

Pur mantenendo l’opinione che il salario minimo sia da abolire, è però vero che la differenza di salario è un’evidente discriminazione che impedisce l’autonomia dei giovani dalla famiglia, e che rende difficile evadere da un ambiente fatto di violenza, incuria o comunque una vita indesiderabile. Secondo la NYRA questa differenza di salario, oltre che insensata dal punto di vista del mercato, produce effetti dannosi anche per gli altri lavoratori.

“Di solito un lavoratore giovanissimo, data l’inesperienza, parte con un livello produttivo relativamente basso, ma il suo valore per l’azienda sale rapidamente. Il lavoratore raggiunge rapidamente un alto livello produttivo, che resta stabile per gran parte della vita lavorativa. Ad una certa età però la produttività comincia a calare. Se è legato al valore prodotto per l’azienda, il salario cala proporzionalmente. Ma tutti i lavoratori passano da un’iniziale paga bassa ad una sempre più alta, arrivando anche a prendere più di quello che producono in certi casi. Il risultato è che i lavoratori anziani sono pagati più della produttività a spese dei più giovani. Questa è una discriminazione ingiusta…

“Noi crediamo che queste diffuse differenze salariali siano un male non solo per i lavoratori giovani, ma anche per i più anziani e addirittura per i datori di lavoro. Tutti danno per scontato che all’inizio la paga debba essere bassa per poi crescere col tempo, ma non c’è una ragione valida che giustifichi la cosa. Molti studi dimostrano che i giovani sono pagati meno di quanto producono e gli anziani di più. Spesso questo aggiustamento temporale del salario è considerato un modo di conquistare la fiducia e incrementare la produttività del lavoratore, ma noi pensiamo che si tratti di qualcosa che non sta al passo con i cambiamenti del mondo del lavoro e che sia semplicemente discriminatorio.

“Oggi un lavoratore difficilmente lavora per lo stesso datore per tutta la vita. L’aggiustamento del salario mal si concilia con l’evoluzione delle aspettative e delle norme. Si tratta di una struttura salariale inadeguata, più rigida della forza lavoro che vorrebbe premiare. Poiché i lavoratori anziani sono pagati più di quanto non contribuiscano all’azienda, data la mobilità hanno meno probabilità di trovare un lavoro. E quando si devono tagliare i costi, sono i primi a farne le spese. E, considerato il loro alto valore in termini di esperienza, si tratta di un danno per tutti.

“Le aziende che adottano una struttura salariale più piatta ed equa hanno salari più in sintonia con la produttività dei lavoratori, oltre che migliori possibilità di competere per l’assunzione di giovani di talento, e inoltre non sono incentivate a non assumere lavoratori anziani. Sistemi del genere danno il meglio sia ai lavoratori giovani che agli anziani ma anche alle stesse aziende.”

Se vogliamo combattere queste discriminazioni, non basta abolire le leggi che colpiscono i giovani lavoratori: dobbiamo anche lottare per la sindacalizzazione del posto di lavoro. I sindacati hanno la possibilità di negoziare migliori condizioni e migliori salari per i lavoratori di tutte le età, con guadagni in termini di equità e sicurezza per i più giovani. La legalizzazione del lavoro minorile non riporta i bambini nelle miniere, è invece un primo passo verso il loro affrancamento. Perché se la lotta si ferma, allora sì, l’incubo dello sfruttamento durerà ancora molti anni.

Le nostre traduzioni sono finanziate interamente da donazioni. Se vi piace quello che scriviamo, siete invitati a contribuire. Trovate le istruzioni su come fare nella pagina Sostieni C4SS: https://c4ss.org/sostieni-c4ss.

Anarchy and Democracy
Fighting Fascism
Markets Not Capitalism
The Anatomy of Escape
Organization Theory