Immaginate questa scena: Una bella sera, perfettamente ubriaco, sfondate un’area recintata dalla polizia con la vostra auto. Immaginate che l’area sia davanti alla Casa Bianca. E che sia stata recintata perché si sospetta che sia la scena di un crimine, una possibile bomba, e voi avete mandato tutto all’aria.
Gli agenti corrono subito verso la vostra auto. Che possibilità avete di evitare l’arresto, se non peggio?
Oh, dimenticavo di dire che voi siete un agente dei servizi segreti. Per questo non vi sparano, non vi colpiscono con il manganello elettrico, non vi maltrattano, né mandano in galera, e neanche vi tengono in stato di fermo. Semplicemente tornate a casa vostra.
Questo è ciò che è accaduto il quattro marzo, quando due agenti segreti, apparentemente ubriachi, hanno sfondato una barriera davanti all’ingresso est della Casa Bianca, e per poco non hanno arrotato un oggetto sospetto, che la polizia stava ispezionando pensando che fosse una bomba.
La polizia avrebbe voluto arrestare i due, o sottoporli all’alcolimetro, ma un loro superiore ha dato l’ordine di lasciarli andare. I due sono stati “esonerati dal comando e messi in posizione non operativa” (presumibilmente pagati) in attesa di ulteriori indagini. Sarebbe accaduto lo stesso a voi o a me?
Come è facile immaginare, dopo l’incidente c’è stato chi ha invocato una profonda riforma dei servizi segreti. Ma questo sistema di due pesi e due misure, indulgenza per i rappresentanti delle élite e severità per gli altri, è inerente al sistema e non può essere corretto con semplici riforme.
Implicito nel concetto di un corpo di polizia statale, dai servizi segreti al poliziotto di quartiere, è la diseguaglianza dei diritti. La polizia, per definizione, deve avere diritti che altri non hanno: Il diritto di fermare, perquisire o arrestare persone pacifiche, e di usare la forza letale contro chi oppone resistenza.
Finché queste doppie misure restano inerenti al sistema di pubblica sicurezza, ogni tentativo di riforma è destinato al fallimento, che si tratti di Staten Island, Ferguson, o i servizi segreti. Finché il potere potrà corrompere e attirare persone corruttibili, in qualunque sistema caratterizzato da diseguaglianza dei diritti l’abuso è inevitabile. Quelle riforme che prendono di mira solo i sintomi (gli abusi) e non le cause profonde (la diseguaglianza dei diritti) hanno, nella migliore delle ipotesi, un successo limitato.
Il diritto di usare la forza per difendere se stessi o altri è un diritto umano fondamentale e universale. Ma il diritto che la polizia avoca a sé va oltre. Sbattere qualcuno in galera perché fuma uno spinello, o spararlo quando oppone resistenza al suo rapimento, non può essere fatto passare per difesa personale.
E tutto quello che è permesso ad un poliziotto e allo stesso tempo vietato ad un cittadino normale, come portare un’arma, arrestare qualcuno e altro, viola la fondamentale eguaglianza di diritti sancita dalla Dichiarazione di Indipendenza (“tutti gli uomini sono creati uguali”) e la Costituzione (“la legge protegge tutti allo stesso modo”).
Se non vogliamo perpetuare un sistema giuridico a due livelli, ogni presunto diritto deve essere o esteso a tutti o negato a tutti.
Non c’è niente di male se alcune persone scelgono di dedicare la propria carriera alla protezione dei diritti. Ma non ha alcun senso dotare queste persone di diritti speciali, diritti negati a tutti gli altri, non più di quanto ne abbia dire che un panettiere ha il diritto di vietare agli altri di farsi il pane in casa. Una società libera non può riconoscere un diritto speciale ad alcune persone e allo stesso tempo negarlo a tutti gli altri.
Finché tollereremo questo sistema dei due pesi e delle due misure nella polizia di stato, gli abusi continueranno e le riforme falliranno.