Di Kevin Carson. Originale pubblicato il 22 maggio 2023 con il titolo On Fracking and Free Lunches. Traduzione di Enrico Sanna.
Amal Ahmed, sul sito Grist, cita uno studio recente di Physicians for Social Responsibility secondo il quale gli impianti che estraggono gas e petrolio per fratturazione fanno largo uso di sostanze polifluoroalchiliche (pfa). Le pfa sono sostanze chimiche persistenti, restano nella terra e l’acqua per un tempo indefinito e finiscono nella catena alimentare, causando “malformazioni del feto, cancro e altre malattie gravi.” Soprattutto, causano spesso inquinamento delle falde acquifere.
Spiega Ahmed che l’uso dei pfa è particolarmente diffuso in Texas: “In questi ultimi dieci anni le compagnie petrolifere e gasiere del Texas hanno pompato non meno di 19 mila chili di prodotti chimici tossici in più di un migliaio di pozzi in tutto lo stato…”
Se sappiamo di questo componente dei cocktail tossici usati è solo per la cortesia dell’industria del settore. FracFocus è “un registro nazionale delle sostanze chimiche usate nella fratturazione”, un’iniziativa di “un gruppo di agenzie normative statali senza fini di lucro” chiamato Ground Water Protection Council. Le informazioni riguardo le sostanze usate vengono tutte dall’industria stessa. Si tratta di dati tutt’altro che completi dato che le miscele usate sono segrete. “2,7 milioni di tonnellate di sostanze pompate nel suolo del Texas sono coperte da segreto industriale…” Alcuni stati hanno addirittura approvato leggi che “vietano ai medici di ottenere o rivelare informazioni sulle sostanze anche solo per fini sanitari”.
Anche da questo si capisce come il settore in particolare, e l’industria dei combustibili fossili in generale, non potrebbe sopravvivere senza un impianto regolatorio che la deresponsabilizza in caso di danni alle popolazioni vicine.
La fratturazione non produce solo sostanze velenose, ma è anche la causa principale di terremoti indotti, assieme ai pozzi usati dall’industria petrolifera per lo smaltimento dell’acqua prodotta durante la trivellazione. Pur essendo appena il due percento in Oklahoma, in totale il numero dei terremoti indotti è rilevante visto che lo stato ne è il paese più colpito. Non dimentichiamo, poi, che il restante 98 percento è causato sempre da attività petrolifere.
A questo si aggiunge il fenomeno della subsidenza, che contribuisce alle alluvioni e si combina con gli uragani lungo la costa. La subsidenza ha aggravato la perdita delle terre paludose per effetto dell’innalzamento del mare, e ha contribuito a intensificare di molto i danni fatti dai grandi uragani come Katrina.
Da non scordare, poi, le leggi che impongono massimali. La legge sull’inquinamento da petrolio del 1990 riguardo i danni causati dalle perdite di petrolio poneva un massimale di 75 milioni di dollari, portato a 134 nel 2014 dall’amministrazione Obama. Per dare un’idea della misura, pensate che secondo le stime la perdita della Deepwater Horizon della BP ha causato danni per otto miliardi. E oltre il danno, la beffa: gli importi sono deducibili.
Detto questo, provate a immaginare cosa accadrebbe se l’industria dei combustibili fossili avesse piena responsabilità civile per i danni alla salute dei prodotti chimici usati nella fratturazione, per i terremoti, per il contributo all’abbassamento del suolo che causa inondazioni e perdita di territorio, e per tutti i danni causati dalle perdite di petrolio (in piattaforme, petroliere e oleodotti). Immaginate gli effetti sui profitti, sul prezzo e sulla quantità prodotta di combustibili fossili.
Io credo che l’effetto sarebbe che le centrali a gas e a petrolio verrebbero sostituite da centrali eoliche e solari in tempi umanamente possibili, il trasporto su strada giusto il tempo di fare l’adeguamento e passerebbe alla rotaia, molti aeroporti diventerebbero piazzali abbandonati e i sobborghi smetterebbero di crescere. Le emissioni zero entro il 2040 sarebbero espressione del peggior pessimismo.
Tutto questo discorso sulla deresponsabilizzazione dell’industria dei combustibili fossili rientra in un principio più ampio: il capitalismo dipende dalle esternalità negative, deve socializzare i propri costi e i rischi scaricandoli sulla popolazione. Questa deresponsabilizzazione è un ulteriore esempio di quanto il profitto capitalista dipenda da due cose: abbassamento artificiale dei costi e abbondanza delle risorse da sfruttare.
C’è un’espressione che ai libertari di destra piace tanto: “non esistono pasti gratis”, che si riferisce alla pratica un tempo comune di certi bar di offrire “tramezzini gratis” ai clienti abituali. Solo che i tramezzini non erano proprio gratis: erano pagati con l’aumento delle bevande che consumavano tutti. Ecco, questo è il pasto gratis dei capitalisti, ed è molto più di qualche tramezzino e uova sode. E provate a indovinare chi paga?
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