Di Eric Fleischmann. Originale pubblicato il 5 luglio 2022 con il titolo Laurance Labadie’s “Superstition and Ignorance versus Courage and Self-Reliance”. Traduzione di Enrico Sanna.
Superstiziosi e ignoranti o indipendenti e coraggiosi
Chiunque abbia un minimo di cultura sa che l’uomo si è evoluto a partire da forme inferiori di vita animale. Tenendo in mente questo processo evolutivo, possiamo immaginare il progresso che ha fatto in fatto di idee e concetti sociali. L’uomo primitivo venerava il sole, un fatto spontaneo dato che è dal sole che vengono la luce e il calore necessari a tutte le forme di vita. Con la scoperta del fuoco, parte di questa venerazione fu trasferita ad esso. Facendo un lungo salto, possiamo postulare che quando le capacità creative dell’uomo gli permisero di servirsi dell’intelletto per sfruttare le forze della natura, creando strumenti e armi, a quel punto le sue idee riguardo le fonti primarie del suo benessere fossero già cambiate profondamente. Fu probabilmente allora che, essendo egli stesso strumentale al controllo del proprio benessere e vedendo che molte cose, nel bene e nel male, avvenivano senza il suo intervento, la percezione e la riflessione lo portarono a credere che tutto ciò fosse opera di un qualche dio antropomorfico. Secondo la bibbia, questo dio aveva tutti gli attributi dell’uomo, ovvero era parte demonio e parte benigno e misericordioso. Ovviamente, gli uomini facevano tutto il loro possibile per propiziarsi questa potente entità e, temendola ma col pretesto del loro amore per essa, trattavano con particolare rispetto chiunque avesse la capacità particolare di procurare la sua benevolenza. Questi primi stregoni operavano fianco a fianco con i potenti che, grazie alla loro forza fisica e astuzia, riuscivano a assumere il controllo, soggiogare e sfruttare le persone meno aggressivamente dotate. È a questo punto che le due entità che noi chiamiamo chiesa e stato si allearono al punto da risultare quasi indistinguibili. Qui è importante notare come gli istinti predatori, quali il furto, l’assassinio e più tardi anche il soggiogamento, fossero in parte giustificabili sulla base della scarsità, del fatto che non c’era abbastanza per tutti. Da notare anche che la ragione di tali comportamenti non è da cercarsi nell’odio o nel voler male, ma nell’istinto di sopravvivenza. Un punto di vista in piena contraddizione con gli insegnamenti della chiesa e dello stato. La prima afferma che l’uomo “nasce nel peccato” e dev’essere redento, preferibilmente, “con il sangue dell’agnello” (qualunque cosa significhi). Quanto allo stato, si autonomina custode di “legge e ordine”. Alla faccia della teoria della depravazione completa. Fino a tempi relativamente moderni c’era inoltre la credenza che il re fosse tale per volere di dio, così che la sua incoronazione diveniva un rituale religioso. La democrazia, successa alla monarchia, ha ovviamente preso molte delle superstizioni e delle usanze dell’epoca precedente.
In tutti i casi, l’uomo soffre sotto il peso di una superstizione sostanzialmente immutata: la fede in qualcosa, una forza, un’entità psichica o un individuo in carne ed ossa, che agisce in favore dell’uomo. Questa è l’essenza sia di dio che del mito politico, che di dio è una variante. È il pio desiderio dell’incompetenza. È la fede in Babbo Natale. E finché nella sua testa esisterà questa fede assurda, l’uomo non avrà nessuna fiducia in sé, nessuna indipendenza, nessuna libertà. È questa fede che fa dell’uomo un vigliacco, un leccapiedi e un ipocrita. È questa fede che distrugge la dignità e l’indipendenza dell’uomo, a trasformarlo in un cretino succube di divinità inesistenti, credulone ingenuo negli imbrogli e nelle promesse dei politici. È questa fede a fare di lui un brontolone, uno sciocco, un credulone. L’uomo potrà emergere dalla sua attuale vergogna solo quando capirà l’importanza di massime come “Dio aiuta chi si aiuta” (mai l’idea di dio è stata rigettata con così tanta dignità e discrezione) e “Se vuoi che qualcosa sia fatto, fallo tu”.
Nota: il testo originale ha alcuni errori ortografici e di punteggiatura.
Commento di Eric Fleischmann
Questo pezzo del Laurance Labadie Archival Project, presentato inizialmente come pamphlet con lo stesso titolo nel 1934, e successivamente (apparentemente col titolo “Superstition and Ignorance, Courage and Self-reliance”) in un’edizione del 1935 di Man!: A Journal of the Anarchist Ideal and Movement, è disponibile presso The Anarchist Library. Io lo ripropongo così come appare (con le dovute correzioni) tra i documenti della Joseph A. Labadie Collection della biblioteca dell’università del Michigan sia perché non sapevo che fosse tra i pochi pezzi di Labadie già disponibili online ma anche perché intendo parlare delle sue idee in materia di religione. In un altro articolo definisco Labadie “un antimorale alla stregua di Max Stirner”, non sorprende quindi vedere che qui fa suo il commento ateistico, comune a tanti anarchici, sulle religioni istituzionali. Molti sono invece gli anarchici credenti, soprattutto cristiani, come Lev Tolstoi, Dorothy Day e Simone Weil. Cito dalla prefazione a God is an Anarchist di Cam Rea, scritta da Gary Chartier:
Nelle tradizioni abramitiche… è chiaro come, ad esempio, la fede nella trascendenza divina abbia finito per indebolire la feticizzazione dell’autorità politica; come la fede in un accesso individuale a Dio e alla verità divina abbia rafforzato la fede delle persone normali nella capacità di fare scelte politiche autonome; e come infine la celebrazione della pace di Gesù abbia ispirato il ripudio della guerra di stato e la ricerca di una società fondata su un vero consenso. Religione e autorità talvolta si alleano, ma la storia è così ondivaga che ricavarne una regola è difficile.
È però diffuso il detto “niente divinità niente padroni” e, come Labadie, tanti pensano che “finché nella testa delle persone permarrà questa assurdità, non potranno esserci né fiducia in sé né autonomia né libertà.”
Un nesso specificamente ateistico-anarchico può essere rintracciato in Mikhail Bakunin e Labadie, il quale ultimo è probabilmente l’ultimo erede diretto di Benjamin Tucker e del suo particolare anarchismo individualista. Dopo aver sostenuto che l’anarchismo è inerentemente ateo, è Tucker a dichiarare: “la storia futura metterà [Bakunin] in prima fila tra i grandi salvatori della società”, colui che fu tra i primi a presentare negli Stati Uniti “un ritratto fedele del fondatore del nichilismo”. Non è senza ragioni storiche, pertanto, che metto l’ateismo di Labadie accanto a quello di Bakunin: le somiglianze tra i due pensieri sono indubbiamente tante. Labadie in particolare ipotizza una relazione coevolutiva tra religione e statalismo, con “lo stregone di un tempo che agisce fianco a fianco con i potenti, i quali a loro volta usavano il proprio potere fisico e l’astuzia per controllare, dominare e sfruttare chi non aveva le stesse qualità aggressive. In passato, quelli che noi oggi chiamiamo chiesa e stato erano alleati fedeli e pressoché identici.” Gli fa eco Bakunin: “da dieci secoli il cristianesimo, armato dell’onnipotenza della chiesa e dello stato, potere incontrastato senza concorrenti, corrompe, svilisce e confonde il pensiero degli europei”, è stato usato per giustificare il ‘diritto divino’ dei regnanti e “distrarre le masse con la ricerca della grazia divina, mentre in silenzio le classi di potere si accontentavano di spartire tra loro (molto imparzialmente e sempre dando di più a chi aveva di più) la miseria dei beni terreni e ciò che rubavano al popolo, comprese le loro libertà politiche e sociali.” In conclusione, “[n]on esiste e non può esistere uno stato senza religione.” È quindi evidentissimo che, nonostante le differenze riguardo certe specificità storiche, sia Labadie che Bakunin, mediati da Tucker, vedono nella religione, in particolare quella cristiana, un piano di lungo temine finalizzato a soggiogare le popolazioni sotto lo stato e le sue varie istituzioni. Possiamo vedere qui uno dei nessi più evidenti tra l’anarchismo individualista negli Stati Uniti e l’originale (perlomeno nella sua incarnazione formale, occidentale) anarchismo europeo.