La natura lovecraftiana dei mari che si sollevano
Di Eric Fleischmann. Originale pubblicato l’undici aprile 2019 con il titolo ‘The Land Shall Sink’: The Lovecraftian Nature of Sea Level Rise. Traduzione di Enrico Sanna.
Nel 1917, H.P. Lovecraft così scrive nel racconto Dagon: “Sogno un giorno in cui [le cose senza nome] sorgeranno dalle onde per schiacciare con il loro terribile tallone ciò che resta della patetica umanità sfinita dalla guerra, sogno un giorno in cui la terra sprofonderà, e l’oceano oscuro si solleverà nel caos universale.” Oggi, in questo ventunesimo secolo, è come se queste terribili immagini, dopo essere evase dal mondo della finzione lovecraftiana, siano entrate nel mondo della realtà. Come nota GlobalChange.gov, si prevede che il livello dei mari salirà da 30 a 120 centimetri entro il 2100, per poi continuare ad una velocità uguale o superiore per i secoli seguenti. Anche piccole variazioni di livello possono avere effetti disastrosi. Come nota Marine Insights, questa è una grossa minaccia per le aree costiere, dove risiede quasi il 40% della popolazione americana. Si calcola che la frequenza delle inondazioni crescerà da tre a nove volte rispetto alla media di questi ultimi cinquant’anni.
Tolti i recessi più remoti dello spazio, niente è più misterioso, niente è più terribilmente sconosciuto dell’oceano. Scrive il National Ocean Service che oltre l’80% del regno acquatico, che copre circa tre quarti del nostro pianeta, “non è conosciuto, studiato o esplorato.” Storicamente, il mare rappresenta l’infinitamente grande; ha ispirato leggende come quella di Cariddi, raccontata da Omero nell’Odissea, e poi il biblico leviatano e l’oscuro kraken. Tutto ciò (oltre allo spazio profondo) è sicuramente alle origini dell’interesse di Lovecraft per le profondità marine, che hanno ispirato entità come Cthulu, il mostro a forma di polipo che vive nella defunta città sommersa di R’lyeh.
Detto drasticamente, quando la nostra azione causa l’aumento del livello marino, significa che stiamo scherzando con forze che non capiamo pienamente. Dire nostra, però, è una generalizzazione fuorviante, come noterebbe qualcuno a sinistra. Anche se molti di noi hanno un certo impatto sull’ambiente, gran parte dei problemi è riconducibile ad una minoranza capitalista. Citando il già citato, appena cento aziende sono responsabili del 70% delle emissioni di gas serra, gas che causano aumento delle temperature e conseguente crescita del livello marino. Tornando a Lovecraft, questi capitalisti ricordano Obed Marsh in The Shadow over Innsmouth, che, pur di arricchirsi con l’oro e “strani gioielli sconosciuti”, arriva ad aiutare i mostri delle profondità marine ad infiltrare e infettare geneticamente la città. La tendenza del capitalismo globale a cavare fino all’ultimo centesimo di ricchezza dalla natura sta portando l’oceano dentro casa nostra, come se noi fossimo gli abitanti, in parte complici ma anche vittime, della città dannata di Innsmouth.
Il nesso, di cui dicevo prima, tra il riscaldamento della terra e la crescita del livello marino è dato, nello specifico, dall’espansione dell’acqua quando si riscalda e dal degrado delle calotte polari, ma il processo più conosciuto è certamente lo scioglimento dei ghiacciai. Si tratta di fatti ben noti a tutti. Tanto per fare un esempio, il ghiaccio antartico più antico risalirebbe a un milione di anni fa, mentre quello della Groenlandia supera i centomila anni. Non sono solo forze profonde, ma anche antiche; e forse nessuno come Lovecraft ha rimuginato su ciò che accadrebbe se si risvegliassero antiche entità ibernate. At the Mountains of Madness, uno dei suoi romanzi brevi, è ispirato al geologo William Dyer e al suo incontro con gli shoggoth, entità dall’esistenza passiva che si trovavano sotto l’artico. Con questo libro, l’autore sperava di scoraggiare le esplorazioni. Queste creature, come i 260 miliardi di tonnellate d’acqua rilasciate annualmente dai ghiacciai tra il 2003 e il 2009, ad un certo punto vengono riportate alla luce e minacciano l’esistenza dell’umanità.
Molti sono quelli che spiegano i cambiamenti climatici in termini di minaccia cosmica, antiumana secondo la nostra visione antropocentrica del mondo. Eugene Thacker, in In the Dust of this Planet: Horror of Philosophy (Volume 1), riflette sull’impossibilità di concepire “il mondo come qualcosa di assolutamente inumano, insensibile alle speranze, ai desideri e alle lotte degli individui e dei gruppi.” Nei media ritroviamo questo “pessimismo cosmico” sotto forma di immagini che illustrano “gli effetti catastrofici dei cambiamenti climatici.” In Hyperobjects: Philosophy and Ecology after the End of the World, Timothy Morton parla degli iperoggetti, oggetti massicci diffusi nello spazio e nel tempo, collega in particolare il riscaldamento globale con oggetti ad impatto ambientale come i bicchieri di polistirolo, le buste di plastica e le radiazioni. Spiega Morton che “con la comprensione degli iperoggetti, il pensiero riconduce entità di tipo Cthulhu allo spazio sociale, psichico e filosofico. L’ossessione della contemporaneità con il mostruoso fornisce una confortevole via d’uscita dal pensiero su scala umana.” Ghiacciai e oceani sono sicuramente iperoggetti e vederli sciogliersi e crescere dà un’idea viva di ciò che intende Thacker; ma il sollevamento dei mari è lovecraftiano in un senso particolarmente vivo, visuale. L’oceano rappresenta una porzione aliena del pianeta, perlopiù sconosciuta, mentre l’acqua dei ghiacciai rappresenta una forza primordiale liberata dopo un sonno durato ere geologiche.
In un video di qualche mese fa, il sito accademico ContraPoints nota come uno dei problemi principali degli ambientalisti è il fatto che manchino gli antagonisti dei cambiamenti climatici. Aggiungiamo a Morton ciò che James Bridle scrive in New Dark Age: Technology and the End of the Future, ovvero che i cambiamenti climatici sono un qualcosa di così vago che è impossibile inquadrarli, quantificarli, concepirli nella loro interezza. Bridle arriva a prendere il titolo di una sua opera da un passo di The Call of Cthulhu, citato nel libro: “Noi viviamo in una placida isola d’ignoranza circondata dall’infinità dei mari oscuri, ma non avremmo mai dovuto andare così lontano.” Nel contesto di questo articolo, significato metaforico e realtà convergono. Tenendo in mente tutto ciò, forse un’adeguata strategia mentale ambientalistica passa dall’identificazione di questa immensa, indefinibile e impensabile cosa chiamata cambiamenti climatici. Se riusciamo a rivelare la natura orribile, lovecraftiana, almeno dalla crescita del livello dei mari, forse possiamo anche suscitare una reazione simile a quella che si avrebbe se un’entità come Cthulhu risorgesse dagli abissi.