Di Kevin Carson. Originale pubblicato il 19 dicembre 2018 con il titolo In Memoriam: William Blunt (1933-2018). Traduzione di Enrico Sanna.
All’inizio della sua vita adulta, William Blum era un liberal anticomunista che lavorava come funzionario tecnico presso il Dipartimento di Stato. Finché, deluso dalla guerra in Vietnam, cominciò una carriera come giornalista di estrema sinistra. Tra le altre cose, raccontò il colpo di stato di Pinochet in Cile e collaborò con l’ex agente della CIA, il ribelle Philip Agee, al CovertAction Quarterly e al CovertAction Information Bulletin.
Ma le biografie, pur se intellettuali, mi interessano relativamente poco. Ciò che mi spinge a scrivere è il valore del lascito di Blum, non il percorso seguito. La sua opera di gran lunga più importante è il monumentale Killing Hope: U.S. Military and CIA Interventions Since WWII (in Italia, Il Libro Nero degli Stati Uniti), pubblicato per la prima volta nel 1995. Forse avete sentito parlare del Libro Nero del Comunismo. Immaginate un libro simile che elenca i crimini dell’imperialismo americano a partire dalla seconda guerra mondiale: i golpe, le invasioni, le squadre della morte, le sporche guerre per procura, e il loro strascico di milioni di morti. Metteteci dentro resoconti completi di nomi e luoghi, presi da documenti ufficiali e governativi, nonché memoriali dei protagonisti principali, e avete il Libro Nero degli Stati Uniti.
Gli americani (i bianchi, almeno) ignorano le azioni del proprio paese nel mondo, credono alle buone intenzioni del governo probabilmente più di ogni altro popolo, ad eccezione dei cittadini di una manciata di regimi totalitari schiacciati da una totale censura di stato. Come i cittadini di questi stati totalitari, gli americani assorbono le versioni edulcorate delle guerre e della politica estera americana nonché ciò che dicono i testi scolastici di storia. Quanto ai media, accettano acriticamente qualunque versione ufficiale della politica estera venga offerta loro. A differenza degli altri paesi, però, qui il controllo dell’informazione avviene con una censura pressoché inesistente e con una coordinazione di ampia scala incredibilmente debole.
Secondo la teoria del Modello di Propaganda americano, descritto nel libro di Noam Chomsky e Edward Herman La Fabbrica del Consenso, un insieme interconnesso formato da istituzioni governative e aziendali, dei media e gruppi di esperti, scarsamente coordinati e operanti perlopiù in automatico, tengono in piedi un apparato che funge da filtro ideologico, il cui risultato è un’informazione sulla politica estera americana praticamente uguale a quella che si avrebbe in un regime totalitario.
Qualche esempio, più o meno a caso: Negli anni novanta, un senatore democratico durante una seduta del senato sul conflitto nei Balcani ripresa da CSPAN-2 disse: “A scuola mi hanno insegnato che gli Stati Uniti non hanno mai fatto una guerra per conquistare un solo miglio quadrato di terra o un dollaro di denaro pubblico.” Membri relativamente liberal dell’establishment della politica estera, da Madeleine Albright a Neera Tanden, parlano degli Stati Uniti come della “nazione indispensabile”, o del paese che ha un obbligo morale, o dell’“unico adulto”, a cui spetta il compito di vigilare sul mondo. Nel 2003, all’inizio della guerra in Iraq, MSNBC News incorniciò i notiziari in una ghirlanda digitale rossa, bianca e blu, e mise su un disgustoso “Muro degli Eroi”. Tutte le principali reti d’informazione pubblicarono le immagini della statua di Saddam Hussein che veniva abbattuta, immagini riprese con un angolazione che dava l’impressione di una folla enorme, ingannando il pubblico. Ad agosto del 2008, la CNN pubblicò una serie di programmi di approfondimento in cui vari ospiti discutevano su come rispondere alla “aggressione russa” nel Caucaso, senza preoccuparsi minimamente di specificare che alle origini della crisi c’era l’invasione di una provincia autonoma da parte della Georgia in violazione di un trattato regionale. Durante le primarie democratiche del 2016, la pubblicazione di centrosinistra Politico definiva “riferimento misterioso” la citazione del rovesciamento di Mossadegh, operato dagli Stati Uniti, citazione fatta dal candidato Bernie Sanders ad un dibattito.
Che appaia “misterioso” non meraviglia. Gli Stati Uniti hanno probabilmente invaso paesi, rovesciato governi e/o addestrato e finanziato squadre della morte come ogni altro impero nel corso della storia. E hanno fatto tutto ciò soprattutto per soffocare riforme fondiarie, garantire la continuazione dello sfruttamento occidentale delle risorse minerarie e petrolifere razziate con la politica coloniale e postcoloniale, tenere in piedi regimi favorevoli allo sfruttamento del lavoro e nemici delle associazioni dei lavoratori, e più in generale per creare un ambiente favorevole agli interessi del capitale occidentale.
E l’americano medio, candidamente, si chiede: “Ma perché ci odiano così tanto? Il nostro è il paese più generoso al mondo, facciamo così tanto per mantenere la pace e promuovere la libertà ovunque, e loro sono così ingrati!” Quanto alla storia nazionale, l’americano medio, anche bianco, ha una vaga nozione della schiavitù e del genocidio degli indiani come grossi crimini legati alla nascita del paese, anche se poi aggiunge: “tutti quegli ‘errori’ appartengono al passato, dobbiamo ‘andare oltre’.” Quanto alla politica estera, però, conosce solo il Piano Marshall e il marine grande e grosso ma dal cuore generoso che regala cioccolato.
Confesso di aver vissuto anch’io gran parte della mia vita nell’ignoranza. Credevo, perlopiù acriticamente, alla versione ufficiale della “sicurezza nazionale americana”. Anche dopo aver cominciato ad investigare il ruolo dello stato nel capitalismo, e la dipendenza delle aziende dagli aiuti di stato, cose che mi hanno poi portato a diventare anarchico.
Entrai in contatto con la critica di estrema sinistra della politica estera americana nei primi anni 2000, grazie a Deterring Democracy, di Chomsky. Passai mesi a divorare le sue opere principali. Setacciai le note a piè pagina alla ricerca di ulteriori letture.
Lessi molti libri che parlavano dei crimini americani contro l’umanità, delle guerre americane in corso che servivano a garantire un ambiente sicuro al capitalismo, a proteggere i padroni del mondo da quelli che ci vivevano e lavoravano. I due libri di gran lunga più importanti, però, quelli che non esiterei a raccomandare a chiunque sia interessato a conoscere la vera storia dell’interventismo americano, sono The Politics of War di Gabriel Kolko e Il Libro Nero degli Stati Uniti di William Blum. Il primo è un resoconto dettagliato di come Stati Uniti e Gran Bretagna, alla fine della seconda guerra mondiale, pianificarono l’ordine politico ed economico sotto l’egemonia corporativa occidentale. Spiega come le Forze Alleate privarono i movimenti di liberazione antifascisti di sinistra della posizione guadagnata nei territori dell’Asse appena liberati, installando al loro posto governi provvisori con a capo perlopiù collaborazionisti dell’Asse.
Il secondo libro, come ho detto all’inizio, è praticamente un Libro Nero dell’Imperialismo Americano, che racconta i milioni di vittime della guerre americane contro le popolazioni locali a partire dal 1945. Come la Storia del popolo americano dal 1492 ad oggi di Edward Zinn, ma in dimensioni globali. Chomsky ha scritto da qualche parte che la guerra fredda può essere considerata, approssimativamente, una guerra degli Stati Uniti contro il Terzo Mondo e dell’Unione Sovietica contro i suoi stati satellite. Il Libro Nero dell’Imperialismo analizza il fronte americano di questa guerra.
Anche i migliori liberal, quelli che sanno della detronizzazione di Arbenz in Guatemala, di Mossadegh in Iran, di Allende in Cile, nonché del vecchio sostegno americano a criminali come Somoza e Marcos, inconsciamente considerano questi fatti come anomalie, errori isolati, il risultato di un’erronea paura del “comunismo”, cose estranee al “cuore dell’America”. Questi liberal, come tante altre persone, condividono la fede di cui parlava Blum ad una tavola rotonda all’inizio di quest’anno:
Consciamente o no, [gli americani] condividono una certa fede di base riguardo gli Stati Uniti e la loro politica estera… Alle origini c’è, credo, il fatto di credere fermamente che, a prescindere dalla politica estera, non importa quanto sporca, non importa quanto raccapricciante, il governo americano è sempre guidato da buone intenzioni.
Il Libro Nero semplicemente distrugge l’illusione che il governo americano sia mosso da buone intenzioni. Man mano che Blum descrive le atrocità, le democrazie soffocate una dopo l’altra, capitolo dopo capitolo dopo capitolo, ecco prendere corpo davanti a noi il crimine in tutta la sua nuda enormità. Capisci allora che Arbenz, Mossadegh e Allende non furono incidenti isolati o deviazioni dalla normalità ideale. Al contrario, sono l’obiettivo ultimo, il carattere della politica estera americana.
Come ho detto, il liberal medio forse ha qualche nozione del rovesciamento di Arbenz, Mossadegh e Allende, e del sostegno americano a Marcos e Somoza. Può anche darsi che sappia qualcosa di Suharto, Mobutu e l’Operazione Condor. Anche così, però, è molto probabile che ci veda solo un’eccezione ai “principi americani” fondamentali, l’opera di mele marce come Kissinger.
E per ognuno di questi fatti noti, Blum ne racconta una dozzina che sono meno noti. E ognuno ha dietro decine o centinaia di migliaia, talvolta milioni, di morti. Uno tra tutti: il rovesciamento di Arbenz fu il colpo iniziale che diede vita ad un regno del terrore in cui centinaia di contadini guatemaltechi furono torturati o uccisi, o semplicemente “scomparvero”, per proteggere le grandi piantagioni dalla minaccia della riforma fondiaria. La guerra contro la popolazione fu condotta dagli squadroni della morte, e continuò per decenni in tutta l’America Centrale, fino ai tempi della Guardia Nazionale di Somoza e la guerra dei Contra negli anni ottanta. Morirono milioni di persone. Aggiungete le centinaia di migliaia massacrate da Suharto, molte delle quali erano in un elenco fornito dal capo della CIA di Giacarta, o i milioni massacrati da Mobutu dopo il rovesciamento di Lumumba, o le decine di migliaia massacrati dai regimi militari di tanti paesi sudamericani, dal Brasile al Cile. L’effetto psicologico cumulativo è paragonabile a quello che si avrebbe vedendo un singolo quadrato della AIDS Quilt per poi zumare e vedere tutte le migliaia di metri quadri del progetto; o come leggere l’elenco dei morti del Memorial della Guerra di Vietnam o di Auschwitz. La storia del male esemplificata.
Questa non è opera di funzionari benintenzionati che credevano erroneamente di “combattere il comunismo” o di “difendere il Mondo Libero”. Si tratta di persone che, caso dopo caso, difendevano coscientemente il bisogno del capitale globale di esportare eccedenze produttive e capitali verso il sud del mondo, di controllare l’accesso a buon mercato alle risorse, e più in generale di garantire che i paesi in via di sviluppo fossero integrati nell’economia aziendale mondiale e ne servissero gli interessi senza scosse. Quando l’instabilità minacciava gli interessi di questa egemonia capitalista, come quando un popolo reclamava il diritto di vivere in un mondo giusto, la risposta degli Stati Uniti era la morte. Milioni di morti, se necessario.
E in ognuno di questi casi, la propaganda inventata dalle élite statali e capitaliste per giustificare gli interventi agli occhi degli americani non era altro che una serie di bugie deliberate e ciniche. Ogni attacco contro il führer di turno viene giustificato sempre allo stesso modo. “Dittatore”? Sì, messo sul trono dagli Stati Uniti, e la sua dittatura andava bene finché eseguiva gli ordini di Washington. “Ha usato armi di distruzione di massa”? Lo sappiamo, l’America conserva ancora lo scontrino. “Ha attaccato lo stato confinante”? E l’America ha fornito intelligence e consiglieri militari. “Ha ripulito narcodollari sporchi”? Traduzione: Ha dato una mano a spostare denaro dal traffico di droga appoggiato dagli Stati Uniti alle forze speciali come le squadre della morte, cosa che farà il nuovo governo non appena gli Stati Uniti lo installeranno al potere.
Ripeto: più di ogni altro popolo di ogni altra democrazia rappresentativa, gli americani sono piagati dal miraggio delle “buone intenzioni” del loro governo. Viviamo in un sistema capitalista corporativo globale, la cui sopravvivenza dipende dall’uso massiccio di morte, razzia e violenza contro le popolazioni di tutto il mondo. Questa criminale guerra in corso contro l’umanità, così come il sistema di potere globale di cui rappresenta il supporto, ha il suo tallone d’Achille nella capacità di opporsi e fare danni della popolazione che sta al centro dell’impero. Ma perché ciò accada occorre che la popolazione si liberi delle illusioni prodotte dal sistema scolastico e dai media. Mettere una copia del Libro Nero degli Stati Uniti nelle loro mani rappresenta un grosso passo nella direzione giusta.