Agorismo per la Palestina

Di Logan Marie Glitterbomb. Originale pubblicato il 3 maggio 2025 con il titolo Agorism for Palestine. Tradotto in italiano da Enrico Sanna.

Ultimamente sui social mi è capitato di vedere delle pubblicità interessanti. Di solito le ignoro, e anzi arrivo anche a bloccarle, ma queste mi hanno incuriosito, tanto che ho preso nota della marca per fare ulteriori ricerche. E per fortuna, dato che si tratta di due aziende di proprietà palestinese che donano i propri profitti alla Palestina.

Il primo prodotto è la Palestine Cola. Gestita da una famiglia di palestinesi residenti in Svezia, la Palestine Drinks dona il 100% dei profitti della Palestine Cola alla Fondazione Safad, attiva con programmi scolastici e sanitari, nonché sulla sostenibilità e la conservazione della cultura palestinese. Attualmente negli Stati Uniti si può ordinare solo la cola, ma, promettono, presto arriverà la versione senza zucchero, l’aranciata, la limonata e la Palestine Energy Drink.

La seconda azienda è la Palestinian Coffee Company, di proprietà di palestinesi americani di prima generazione. Dona il 20% dei profitti a HEAL Palestine e al fondo di aiuto per i bambini palestinesi. L’azienda offre un’ampia scelta di miscele arabiche tostate e macinate nel New Jersey, sia in busta che in capsule, oltre ad accessori come tazze e caraffe.

Sì, si tratta di comuni aziende capitaliste che fanno donazioni. Ma non sono solo attività benefiche. Sono attività di beneficienza create da palestinesi per la causa della libertà. Finanziare cause liberatorie è una forma di controeconomia. Che lo sappiano o no, partecipano all’agorismo.

E non è l’unico esempio di una controeconomia a sostegno della Palestina. Dal boicottaggio e disinvestimento del movimento BDS all’invito a comprare olio d’oliva palestinese, fino alle criptovalute usate in alternativa alla moneta israeliana per ricevere donazioni istantanee da tutto il mondo eludendo i controlli, il movimento pro Palestina non manca di tattiche agoristiche. Che lo faccia coscientemente o meno.

Anche chi non ha abbastanza da fare donazioni per la causa palestinese può avere potere e farsi sentire collettivamente tramite la spesa. La Boycat app, ad esempio, in collaborazione ufficiale con il movimento BDS, consente di evitare l’acquisto di prodotti israeliani. Oppure si possono acquistare prodotti palestinesi, cola, caffè, olio d’oliva; o fare donazioni dirette tramite criptovalute o altre valute; infine si può optare per una combinazione di tutto ciò, l’importante è che tutto serva alla causa. Non sto dicendo che ciò che si acquista è prodotto secondo principi etici, né sto raccomandando una qualche forma di consumo etico (che ovviamente in un mondo capitalista non esiste); dico solo che si possono usare tattiche agoristiche per cercare di fermare un genocidio. E allora usiamole.

Le nostre traduzioni sono finanziate interamente da donazioni. Se vi piace quello che scriviamo, siete invitati a contribuire. Trovate le istruzioni su come fare nella pagina Sostieni C4SS: https://c4ss.org/sostieni-c4ss.

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