Di Spooky. Originale: Why “No Gods” – How to Avoid Atheist Zealotry, del 29 ottobre 2022. Traduzione italiana di Enrico Sanna.
Parlare di “cristianesimo” è difficile; il cristianesimo è la religione più diffusa, comprende una miriade di confessioni, varianti locali e progetti politici, ognuno con le sue storie complesse e contesti specifici. Per questo analisi e conclusioni che riguardino “il tutto” o “la gran parte”, anche nelle discussioni più sfumate, mancano di qualcosa. Ammetto questo limite in principio del discorso non solo per ridurre le accuse di mistificazione, ma anche per contrapporle al mio obiettivo primario: il nazionalismo cristiano bianco. Per quanto sembri facile confutare l’ideologia delle celebrità di culto di QAnon e del terrorismo di destra, molto rimane da fare per riuscire a controbattere l’evidente pericolo che rappresentano. Cominciamo parlando di Dio.
Il Dio di chi?
Jacques Ellul, sociologo e teologo scomparso, noto anarchico cristiano, così commenta il Dio della bibbia:
“Il Dio della bibbia è un Dio che ci sfugge completamente, un Dio che non possiamo in alcun modo influenzare o dominare, men che meno punire. Un Dio che si rivela quando vuole, che è spessissimo dove non ce l’aspettiamo, un Dio inarrivabile. Da qui un senso di insoddisfazione insito nel sentire religioso… Dio discende su di noi e si unisce a noi dove noi siamo.”
Il discorso delle “vie misteriose” [del Signore] è stato abusato a non finire, e giustamente viene criticato quando serve a giustificare atrocità di massa e tragedie personali. Se davvero crediamo che “Dio agisce per vie misteriose”, abbiamo davanti la tesi principale di Ellul: questa cosa onnipotente e onnipresente è un mistero completo, totale, un essere di cui, il più delle volte, non riusciamo a predire, immaginare o anche solo percepire l’interesse e il volere. Noi, che dei non siamo, non possiamo penetrare il mistero di Dio, il mistero di ogni “entità” individuale non è conoscibile se non dall’entità stessa. L’oggetto di Dio è divino, il nostro è nostro, nessuno dei due può essere generalizzato; ognuno è unico.
Non voglio dire che Ellul abbia oggettivamente ragione sulla “questione Dio”, credo che nessun elluliano serio lo direbbe. La citazione serve due propositi: primo, offrire prove per rispondere a chi in malafede sostiene che ogni concetto di Dio è di per sé gerarchico (un concetto facile da smontare); secondo, porre le basi per sfidare direttamente, in senso teologico, chi si autoproclama cristiano.
Un esempio: se le vie del signore sono inconoscibili, com’è che la sua posizione in fatto di aborto, omosessualità, matrimonio e diritti civili può essere ridotta ad una netta disapprovazione? Come si fa a sapere per certo cosa vuole Dio?
Queste questioni sono molto più profonde delle solite questioni sulla reale esistenza di Dio perché trattano i credenti come pari livello ma in disaccordo, non come seguaci illusi o consci imbroglioni. E no, questo non serve se si sta cavillando per tirar fuori una persona da un credo in cui non sono entrati con i cavilli, ma non è questo il punto; noi trattiamo i credenti come persone con una complessa impalcatura di pensiero, sentire e impegno che, anche se insensata o incoerente secondo l’attuale consenso scientifico, è degna di considerazione.
È questo l’assunto di base della libertà di religione: l’individuo può fare le sue scelte, purché queste non urtino la libertà altrui. Aggiungiamo la libertà di associarsi e abbiamo le basi dell’organizzazione, che si tratti di monasteri buddisti o di circoli di atei razionali. Senza favoritismi fiscali, aiuti finanziari o favori politici per gruppi particolari, il rischio di militanze, dominionismi o consolidamenti è relegato ai margini; data una condizione di base anarchica.
Il nazionalismo non scaturisce da questo genere di libertà religiosa e i nazionalisti lo sanno bene. Gary North, figura di spicco nel panorama ricostruzionista cristiano, lo conferma in un’intervista per Reason:
“Detto senza peli sulla lingua… dobbiamo usare la dottrina della libertà religiosa per renderci indipendenti dalle correnti cristiane finché non avremo cresciuto una generazione che sappia che non esistono neutralità religiose, giurisprudenziali, educative o governative. Solo allora potranno edificare un ordine sociale, politico e religioso che sia basato sulla bibbia e che possa rinnegare la libertà religiosa dei nemici di Dio.”
Insomma, North crede nella libertà religiosa ma solo come cavallo di Troia al fine di acquisire autorità contro i “nemici di Dio”. Il tentativo di basare i propri fini reazionari sulla libertà individuale viene dritto dritto dal manuale del buon paleocristiano: usare le premesse del libertarismo per realizzare fini reazionari spiegando che questi rappresentano l’unica conclusione possibile della libertà. Esempio perfetto, il “libertarismo”, una parola le cui implicazioni radicali sono state a lungo offuscate dall’uso che ne fa l’estrema destra, che rende difficile liberare il potenziale di una posizione davvero liberatoria. Per questo i reazionari amano descrivere i loro ideali in termini di “libertà”: sono tanti a prenderli in parola, a credere che “libertà” comporti finalità inquietanti. Un vero anarchico riconoscerebbe la bugia. In realtà, la pratica della libertà individuale per i reazionari è una minaccia, da qui la loro tendenza a soffocarla.
È pericoloso credere al mito secondo cui la “libertà” porta a un ordine sociale tradizionale, ma lo è ancora di più credere con i nazionalisti cristiani che la libertà di religione genera teocrazia; se non altro perché è palesemente falso. Il nazionalismo cristiano bianco non porta nessun vantaggio ai milioni di cristiani omosessuali, disabili, neri e migranti oggi vittime di sforzi genocidi portati avanti nel nome di Cristo. L’unico fine di una simile politica è il dominio, il controllo, la fedeltà alla nazione. Combattere il nazionalismo cristiano dicendo che il problema è il cristianesimo in sé significa accordare ai cristofascisti il diritto di rappresentare tutti i cristiani, un pericoloso errore che tante, troppe persone oggi stanno commettendo.
Antiteismo: un caso di depistaggio
Se l’intolleranza nel neoateismo è un semplice sottinteso, nell’antiteismo è dichiarato. Il problema dell’antiteismo è che ritiene la fede in una religione o nel “sovranaturale” una minaccia alla libertà di per sé, e questo costringe qualunque programma liberatorio alla pura laicità, al materialismo, al razionalismo, bisogna escludere il credo della religione se non si vuole che ne nasca inevitabilmente una teocrazia. Se l’ateo ammette un dominio in cui la fede può esprimersi a livello individuale, l’antiteista denuncia ogni espressione di fede come via al fascismo, come fanno oggi gli Stati Uniti apparentemente per la stessa ragione. Per un antiteista, la religione non è qualcosa che l’istituzione religiosa distorce per i propri fini, bensì la logica conclusione dell’istituzione stessa, qualcosa che impone la conversione del credente in un non credente tramite la rieducazione. Questo non spiega pienamente tutto l’antiteismo, ma da quel che ho capito parlando con sedicenti antiteisti, e vedendo il panorama generale, è una definizione possibile.
Io credo che questo punto di vista sia sbagliato, ma la cosa non mi preoccupa: gli errori sono diffusi, è una conseguenza della libertà di pensiero con cui dovremo avere a che fare a meno che non si arrivi all’estinzione o alla singolarità (che arrivi prima l’una o l’altra). Mi preoccupa invece la mancanza di curiosità: il richiamo retorico alle scienze empiriche non viene da una profonda valutazione della ricerca meticolosa, ma dal disprezzo per le istituzioni e le persone che si oppongono all’estetica della scienza e della ragione. Forse è per questo che gli antiteisti faticano a definire la “religione” in termini che non si riferiscano principalmente agli evangelici, ai cattolici, o agli adepti di QAnon.
Non sorprende che tanti socialisti radicali, anarchici e studiosi di religione abbiano difficoltà a dialogare profondamente con gli antiteisti, dato che solitamente è evidente come questi ultimi non siano affatto interessati a una lettura attenta delle testimonianze storiche, dello studio religioso o dell’antropologia. Spessissimo l’antiteismo è una violenta e impertinente reazione contro le violenze commesse dalla Chiesa, la corruzione ecclesiastica e le crociate in varia forma. L’antiteismo non accusa le istituzioni o le persone coinvolte, ma il Dio che sarebbe alla base. Verrebbe allora da pensare che tutti i cristiani credono nello stesso identico dio. Che sarebbe come dire che tutti gli anticapitalisti hanno lo stesso concetto di capitalismo; il che è palesemente falso perché, portato agli estremi, significherebbe esporre una tesi senza mai dover interagire con qualcuno.
Gli antiteisti fanno l’errore madornale di prendere in parola i fanatici reazionari quando dichiarano di conoscere la bibbia a menadito e di star compiendo il volere di Dio… Basta pensare al rapporto esistente tra laici reazionari da una parte e televangelisti e i giovani predicatori della Nuova destra: cambia il modo di esprimersi, ma tutti sostanzialmente parlano di un’America bianca e cristiana messa sotto assedio da un Altro anti-bianco e anti-cristiano. Religione o no, non ci stanno dicendo in cosa credono. Non gl’importa di proteggere i cristiani, né di fare la volontà di Dio; vogliono solo che le persone a cui importano queste cose credano alle loro tesi, che si convincano che spetta a loro eliminare i “nemici di Dio”. Accentuare lo scollamento tra religione e sinistra non fa che servire la causa razionaria a spese dei veri credenti.
È esagerato dire che l’attuale antiteismo e il movimento neoateo sono un’intenzionale guerra psicologica che mira a trasformare gli atei in mostri (è meschino anche scriverlo), ma vista la facilità con cui lo “scettico razionale” dei primi anni 2010 scivolava nel populismo conservatore, io attribuirei queste intenzioni ai cospirazionisti. L’amara realtà è che non c’è alcuna forza dall’alto ma solo un depistaggio dei giusti risentimenti verso un ateismo che incorpori entusiasticamente ciò che vorrebbe distruggere, ovvero un movimento evangelico che vuole imporre la dittatura del bene sul male.
Perché “nessun Dio”
Detto questo, cosa c’entra l’espressione “Nessun Dio, nessun padrone”? Dev’essere riformulata?
Prima facciamo una contestualizzazione e poi spieghiamo perché non è necessario. “Nessun Dio” non dev’essere inteso come “aboliamo Dio”, così come “nessun padrone” non è una mancanza di rispetto verso le personalità dominanti, i padri di famiglia o la “padronanza” di una certa abilità. “Nessun padrone” esprime il desiderio di un mondo senza dominatori, un’economia priva del privilegio capitalista, una vita vissuta senza sistemi di potere. Il più delle volte è questo che s’intende con lo slogan: l’impegno esplicito al ripudio del dominio e del potere sugli altri. Concettualizzare e arrivare a questo obiettivo va oltre l’accettazione fedele dello slogan, coinvolge numerose disussioni subordinate sull’economia, la filosofia e le strutture istituzionali, e potrebbe, se interpretata alla lettera, contraddire le nostre superficiali banalità. Non c’è bisogno di ripetere quanto sangue, sudore e fatica si spendono per spiegare che “anarchia” non significa “caos e disordine”. Dovrebbe bastare questo per afferrare l’importanza del contesto se si vuole capire in cosa crediamo.
Considerando l’uso attuale che ne fanno gli anarchici, e con particolare attenzione al contesto, “Nessun Dio, nessun padrone” appare come una dichiarazione contro l’autorità, religiosa o laica, da cui deriva la richiesta di totale autonomia per tutti, la fine dello stato e la liberazione da ogni sistema di dominio. Non ne deriva però che tutte le religioni sono autoritarie. Come dicevo, una totale libertà di religione, così come la libertà di parola e di associazione, è un assunto di base dell’anarchismo, se attuata in coerenza con altri principi mina l’autoritarismo e il potere.
Tra -archia laica e -archia religiosa, un anarchico non vede differenze se non il linguaggio usato dal potere per giustificarsi e le vittime della repressione operata dal potere piramidale. In nessun caso abbiamo un’ammissione delle proprie intenzioni, si tratta solo di potere.
L’armatura della solidarietà
L’attuale ondata di nazionalismo cristiano bianco negli Stati Uniti ha già fatto vittime: il diritto all’aborto è stato ribaltato neanche un anno fa e il matrimonio omosessuale sarà la prossima vittima, mentre una coalizione di nazisti dichiarati, forze paramilitari e fanatici teocratici monopolizzano la scena sulle principali reti d’informazione. Più che una coscienza di classe, la gente ha trovato dio; non un Dio con la maiuscola, ma una mediocre imitazione fatta da chi gestisce le campagne elettorali, da opinionisti di grido e dalla macchina dei media reazionari col proposito di sostenere il potere. Non credo che siano in molti a credere nel vangelo dei blogger della destra alternativa, dei cospirazionisti di QAnon o, devo sottolineare, dei nazisti espliciti. Per quanto spesso sembri il contrario, la gran parte dei cristiani non è composta da suprematisti bianchi; quando i cristofascisti e i loro complici dicono “Dio è dalla mia parte”, mentono e scaricano la responsabilità del loro odio su tutti i cristiani. Questo è qualcosa che i nazisti, vecchi e nuovi, hanno sempre fatto: appropriarsi di simboli culturali, testi religiosi e posizioni politiche, eliminarne il contesto originario e incorporarli nella loro concezione totalitaria della realtà. Per quale ragione pensate che si definiscono nazionalsocialisti? Ora che il nazionalismo cristiano è la nuova stella polare di noti personaggi conservatori, la gente può identificarsi in un’opposizione alla teocrazia. Non un’opposizione del tipo “maledetto cristianesimo, uccideteli tutti, al rogo le chiese”, a meno che non si voglia consegnare i propri alleati cristiani a una morte lenta per mano di uno stato che noi, erroneamente, consideriamo loro amico. Il nazionalismo bianco, cristiano o no, è una minaccia per tutti, compresi i nostri pari credenti. Non possiamo sperare di vincere la battaglia da soli.