Di Anarchismi e “Prove Viventi”

N_u_l_l | @N_u_l_l___. Articolo originale: On “Living Proof” and Anarchism, del 23 settembre 2021. Traduzione di Enrico Sanna.

Mentre per noia facevo lo struscio su Youtube mi è capitato un video di HBomberGuy intitolato “Vaccines: A Measured Response”. Ascolto spesso HBomberGuy perché dice cose intelligenti sull’attualità, e credo che il messaggio finale di questo video in materia di “politica radicale” sia particolarmente azzeccato:

Altra cosa che può cambiare l’opinione della gente è la prova vivente. Se uno pensa che il vaccino contro il coronavirus è pericoloso, una delle migliori prove del contrario è la gente che sta attorno.

[…]

Il fatto è che l’anno scorso era facile avere dubbi su un ipotetico vaccino che nessuno aveva provato ancora, ma ora che metà della popolazione è vaccinata e sta chiaramente bene è molto più difficile avere dubbi.

[…]

Se conosci qualcuno a rischio e che dev’essere convinto, tu potresti essere la prova che serve.

Potete interpretarlo letteralmente come un messaggio sulla sicurezza dei vaccini e su come la gente cambia opinione quando vede che il vaccino non comporta rischi effettivi, ma credo che la stessa logica possa essere estesa ad altri campi, soprattutto la prassi anarchica.

Il sistema della prova vivente può essere applicato a vari ambiti di questa prassi anarchica.

Ciò che può essere definita “prassi efficace” in ambito anarchico è quantomeno fortemente ambiguo e contestato, si va dall’incitazione alla rivoluzione (o, più realisticamente, l’atto di “spianare la strada” alla rivoluzione) all’utilizzo della politica al fine di alleviare la situazione scegliendo il “meno peggio” tra i candidati. In entrambi i casi, come ha dimostrato la storia, la “prassi” fallisce inevitabilmente.

Nel caso della rivoluzione, il fallimento è spesso da imputare a due principali ragioni. La prima è una forte opposizione da parte dello stato, come nel caso della rivoluzione francese o della guerra civile spagnola. La seconda principale ragione è la presena di cerchie ideologiche che, pur stando dalla parte dei rivoluzionari, finiscono per inquinare e distruggere le cerchie anarchiche usurpandone il ruolo. È questo il caso di tante rivoluzioni “comuniste”, in particolare la rivoluzione d’ottobre in Russia e la rivolta di Kronstadt, a cui possiamo aggiungere gli “aiuti” sovietici sotto la guerra civile di Spagna.

Quanto alla politica elettorale, il fallimento del voto in un sistema democratico è evidente ovunque. Soprattutto quando la ragione è la solita: votare per il “male minore” al fine di generare “condizioni migliori per il cambiamento”. Questa era la ragione principale dietro il voto ai democratici (Biden) alle ultime elezioni statunitensi. A parte qualche beneficio in termini sanitari (la distribuzione dei vaccini, ad esempio), il resto lascia a desiderare. Se non altro, perché ogni stato è abbastanza autonomo da poter decidere da sé, anche contro il governo federale. Biden può strillare quanto vuole sulla necessità dei vaccini e delle mascherine, ma questo non impedisce a un governatore locale di avere un suo programma; il presidente ha abbastanza potere e capacità d’azione da imporre cambiamenti drastici, ma è anche troppo debole per influire sulla politica degli stati. Se da un lato questo significa che gli stati sono meno autoritari nell’applicazione delle loro politiche, dall’altro può ben essere il contrario.

Argomento comune a quegli anarchici che vedono nel voto uno strumento di cambiamento è che talvolta il voto produce cambiamenti che rendono la vita “più sopportabile”. Ma questo “cambiamento ora” non è quello che intendo io con “la prova vivente”?

No, perché non è il voto a generare cambiamenti, ma le persone unite.

Negli Stati Uniti, non è stato il voto a portare le otto ore lavorative: a far scattare la scintilla è stata l’insurrezione e l’autonomia individuale esplicitatasi nella rivolta di Haymarket. Né è stato il voto ad allargare l’emancipazione degli afroamericani, ma c’è stato bisogno della scintilla causata dall’insurrezione e dall’autonomia individuale della Rivolta della Settimana Santa, le rivolte di Los Angeles del 1992 e la protesta di George Floyd, tanto per citarne alcune. Parimenti, gli LGBT+ non hanno guadagnato sostegno e autonomia col voto, ma con la rivolta e l’autonomia individuale espressi nelle rivolte di Stonewall.

La logica della prova vivente comporta questo: il cambiamento non passa semplicemente dal voto, che non esisterebbe se non fosse per l’azione di chi lotta per ciò in cui crede. Nessuno pensa al cambiamento finché qualcuno non dice che si può migliorare. E in fin dei conti anche le azioni a livello locale volte al cambiamento, come quelle di Haymarket e Stonewall, possono evolversi in qualcosa di più significativo, far scattare la reazione della gente che capisce che può chiedere di più, può fare di più, può essere di più.

Agire a livello locale fa capire che l’impresa non è ciclopica, come accade invece con gli ideali rivoluzionari e politico-elettorali, dove a mio parere rappresenta uno dei principali problemi. Non si tratta di sovvertire uno stato per “creare” in qualche modo l’anarchia in un determinato luogo, né si tratta di attendere le elezioni per votare “il male minore”. Tra le cose che si possono fare subito c’è il volontariato, dare un pasto ai senza casa, o un tetto ai dimenticati, giusto per fare qualche esempio di prassi a livello locale.

Se c’è un messaggio contenuto in tutto ciò che ho detto, è che non necessariamente il cambiamento deve partire col ruggito della rivoluzione, o terminare col piagnucolio delle elezioni: può avvenire qui e ora. L’interazione anarchica è per molti versi già qui. I rapporti interpersonali avvengono in ogni momento senza l’intervento dello stato, la gente scambia senza lo stato, crea valore senza lo stato, si ama e si riproduce senza lo stato e così via.

Lo stato non fa che creare dipendenza dalle proprie istituzioni, che sono imposte con la forza e finiscono per perpetuare la propria esistenza. Non vi rendono liberi e non vi proteggono. La libertà va conquistata. Dobbiamo proteggerci gli uni con gli altri. E per farlo dobbiamo partire da noi stessi, dimostrare che è possibile farlo senza lo stato, come già è attualmente: dobbiamo essere la prova vivente che l’anarchismo è possibile.

Anarchy and Democracy
Fighting Fascism
Markets Not Capitalism
The Anatomy of Escape
Organization Theory