Di Conner Martínez. Originale pubblicato il 25 maggio 2018 con il titolo Racial Bias in America. Traduzione di Enrico Sanna.
Ci sono stati di recente numerosi casi in cui persone spinte da pregiudizio razziale sono ricorse alla polizia contro persone innocenti dalla pelle scura. È importante che queste storie si sappiano, e che le persone di colore che ne sono state vittime abbiano l’opportunità di raccontare i fatti. Ancora più importante è far sapere che noi, come americani, riconosciamo in questi fatti una lunga storia fatta di odio razziale, una storia sfociata in una realtà fatta di incarcerazioni di massa e di un numero sproporzionato di neri innocenti uccisi delle forze dell’ordine.
Lo scorso aprile hanno fatto notizia diversi casi di pregiudizio razziale. Presso uno Starbucks di Filadelfia, due neri lì per un appuntamento sono stati prima molestati e poi arrestati senza aver fatto nulla. In un negozio Nordstrom Rack, nei dintorni di Saint Louis, qualcuno ha chiamato la polizia per tre neri che stavano acquistando vestiti, due dei quali per un ballo studentesco. I dipendenti di un golf club hanno chiamato la polizia perché cinque donne giocavano troppo lentamente. Gli incidenti degli scorsi mesi non sono una novità. L’odio razziale è nel tessuto culturale degli americani. Il passato razzista riaffiora in ogni pregiudizio presente, uccide neri innocenti o inermi per mano della polizia, e va ad aggiungersi al piano razzistico dell’incarcerazione di massa.
Quando la polizia è arrivata allo Starbucks di Filadelfia, Rashon Nelson e Donte Robinson, entrambi innocenti, sono stati arrestati con l’accusa di violazione di proprietà privata e turbamento dell’ordine. L’accusa è caduta, ma resta il messaggio: essere neri genera sospetto e può portare all’arresto. Nelson e Robinson hanno scelto educatamente di non citare lo stato. Hanno ricevuto un pagamento simbolico di un dollaro e il diritto ad un corso superiore da 200.000 dollari per aspiranti imprenditori. “La cosa più importante è l’istituzione,” ha detto Nelson a Good Morning America, “il fatto che possiamo sederci ad un tavolo e discutere di riforme e di pregiudizi razziali. Speriamo che altre aziende seguano l’esempio di Starbucks.” L’incidente ha avuto una vasta eco sui media e Starbucks ha chiuso 8.000 negozi per fare corsi sul pregiudizio razziale. Anche se l’attenzione dimostrata da Starbucks è sincera e va nella direzione giusta, non basta ad affrontare il problema razzismo in America.
Bryant Marks, insegnante di pregiudizio implicito e docente di psicologia presso il Morehouse College, dice che i corsi sono iniziati nel 2014 in seguito all’assassinio da parte della polizia di un giovane nero, Michael Brown, a Ferguson, nel Missouri. Non tutti credono all’efficacia dei corsi. Molti pregiudizi sono inculcati ad un’età molto precoce, e anche quando vengono riconosciuti sono difficili da soffocare, soprattutto con un corso di 75 minuti come quelli offerti da Marks. Secondo uno studio del Journal of Applied Psychology del 2015, i corsi di pregiudizio razziale potrebbero dare risultati negativi, e indurre qualcuno a rafforzare i propri pregiudizi. Costringere le persone a riconoscere i propri pregiudizi può generare rancore e rifiuto. I pregiudizi nascono da una storia americana fatta di odi razziali diffusi, nascono dalle abitudini, dalle tradizioni. Per molti americani, rinunciare ai propri pregiudizi impliciti significa cambiare ciò che per loro è un fatto.
Anche se in questi ultimi casi che hanno avuto vasta risonanza non è stata usata la forza letale, molti altri incidenti hanno visto la morte impunita di persone di colore. Molte di queste storie non sono riportate dai giornali. I pregiudizi che hanno portato a questi ultimi incidenti avrebbero potuto sfociare nella morte violenta per le persone di colore coinvolte, ed è bene sottolineare il loro coraggio nel gestire la situazione.
Dara Lind, di Vox, leggendo le statistiche dell’Fbi nota l’enorme sproporzione tra neri e non neri uccisi dalla polizia. Nel suo studio dimostra come, benché rappresentino il 13% della popolazione, i neri rappresentino il 31% delle persone uccise dalla polizia senza una provocazione. Cresce anche la probabilità di arresto per droga, pur essendo la percentuale di neri che prendono droghe la stessa dei bianchi.
Come già in passato, l’attenzione dei media sui pregiudizi razziali non durerà e non porterà ad un cambiamento serio. I corsi non possono affrontare il problema alla radice. E la radice del problema è il tessuto sociale che ha veicolato il razzismo strutturale fino al presente. Se si vuole un’America migliore per i neri, occorre prima riconoscere la storia per quello che è: una brutta storia di violenza che gran parte degli americani ancora non ammette. Una storia importante se si vuole capire perché oggi abbiamo ancora a che fare con seri problemi razzistici.
Secondo un rapporto del Southern Poverty Law Center, intitolato Teaching Hard History: American Slavery (Insegnare la storia nuda e cruda: la schiavitù americana, ndt), occorre riformare seriamente il modo in cui viene insegnata la storia della schiavitù a scuola. Il rapporto intende assistere gli insegnanti che insegnano la storia della schiavitù, spiegare agli studenti che la schiavitù non era una “peculiare istituzione” ma parte dell’edificazione del paese. Dal rapporto emerge un dato sgradevole: su mille studenti intervistati, quasi la metà non sa che la schiavitù era la causa della secessione del sud. Spesso si insegna la storia della schiavitù facendola apparire un problema esclusivo del sud, così come i pregiudizi sociali di oggi sono visti come un problema di poche mele marce. Entrambi i concetti sono sbagliati. La schiavitù era un problema nazionale, e la questione razziale non è un problema a sé, ma è parte di noi.
Mentre le vicende recenti diventano storia, dobbiamo ricordarci che è proprio l’incapacità di affrontare il passato per quello che è che ha creato le attuali condizioni di vita dei neri in America. Il peso della schiavitù non può più essere addossato unicamente sui neri, costretti al silenzio nel degrado, costretti ad una morte senza giustizia, costretti a piangere una persona amata mentre il suo assassino è libero. Gli americani devono ammettere il proprio passato, condannarlo, ammettere che è ancora presente nelle chiese, nelle scuole, nella polizia e nelle carceri. Soltanto allora si potranno affrontare i problemi culturali del razzismo, dando avvio ad una società più giusta.