Di Lucy Steigerwald. Originale pubblicato il 14 novembre 2017 con il titolo Who Are We Burning Flags For? Traduzione di Enrico Sanna.
Il 24 ottobre scorso un giudice ha archiviato l’accusa rivolta contro diversi manifestanti che l’anno scorso hanno bruciato la bandiera americana al congresso nazionale repubblicano. Tecnicamente, i manifestanti non sono stati accusati di aver bruciato la bandiera perché quest’accusa potrebbe costituire una violazione della libertà di parola. Sono stati accusati con una delle tante armi a disposizione dello stato: disturbo della quiete pubblica e ostruzione. Ma il giudice ha visto nell’accusa un po’ di violazione della libertà di parola e l’ha annullata. Meglio tardi che mai.
Intanto una parrocchia della Lousiana, andando contro la sentenza Texas v. Johnson (1989), ha stabilito che bruciare la bandiera va contro la legge. La sezione locale dell’Associazione Americana per le Libertà Civili (ACLU) dissente, e non è la prima volta. Altro inquietante caso recente è quello di Joshua Brubaker, in Pennsylvania, arrestato nel 2014 per aver scritto “AIM” (Movimento Indiano d’America) su una bandiera americana, esposta all’ingresso di casa dopo aver appreso che il sito del massacro di Wounded Knee era in vendita. Già fa spavento che si arrestino manifestanti perché a detta di qualcuno potrebbero fare danni, ma essere arrestati per aver esposto quella che a tutti gli effetti è una bandiera nella propria proprietà è un salto di livello. Dopo il ricorso della ACLU a suo favore, Brubaker ha ottenuto un risarcimento di 55.000 dollari.
Autorità locali e statali continuano ad ignorare la sentenza Texas v. Johnson e approvano leggi per punire chi brucia e profana la bandiera. Negli ultimi anni, politici federali in cerca di visibilità (compresa l’ex senatrice Hillary Clinton) hanno appoggiato leggi o addirittura emendamenti costituzionali per criminalizzare quella che è chiaramente un’opinione.
Il fatto che bruciare e profanare la bandiera sia legale non significa però che la polizia e i politici locali lo considerino come tale, o che la gente non si senta offesa. La protesta in ginocchio del giocatore Colin Kaepernick contro il razzismo americano e la brutalità della polizia era inoffensiva, educata, riservata. A suo vantaggio è il fatto di essere un giocatore di football senza contratto e di essersi lasciato strappare la protesta in una febbrile quanto maldestra azione contro Trump. Troppo onore per quest’ultimo. E però, se Kaepernick è stato inondato di critiche per un atto così innocente, che possibilità abbiamo noi di abbattere il potere di questo simbolo dello statalismo? Noi che sogniamo cambiamenti più grandi di quelli di Kaepernick, da dove cominciamo?
La bandiera ha potere. La definirei una transustanziazione, se la metafora non fosse offensiva. Ogni veterano ha combattuto per la bandiera. Tutte le bandiere americane sono simili, e tutte sono intrise di americanismo. Non di atrocità, come il militarismo o la violenza poliziesca (problemi abbastanza grandi da portare una persona a rifiutarsi di mettere la mano sul cuore o togliere il cappello), ma solo della versione filmica di quella che avrebbe potuto essere, e non sarà mai, una fiaba.
L’adorazione della bandiera ha conseguenze reali. Così scrisse il sito satirico Onion: “La Bandiera Americana Ritirata dalla Circolazione dopo Aver Causato 143 Milioni di Morti”. Nazionalismo significa invariabilmente dimenticare gli abitanti di una nazione, tranne quando si tratta di valutare la loro vita mille volte quella di chi vive altrove. Il nazionalismo si trasmette tramite rituali come la fedeltà alla bandiera o l’attenti in atteggiamento rispettoso durante l’inno. Ne consegue che se sei contro il messaggio insito in questi rituali devi essere iconoclasta. Devi distruggere questi simboli divinizzati che rafforzano l’idea collettiva di stato e la sua superiorità rispetto ai diritti e alle libertà dell’individuo.
Purtroppo, l’atto di bruciare la bandiera raramente genera quel discorso sottile e profondo che può cambiare le menti. A volte vorresti che fosse così; senti Phil Ochs e pensi al complesso industriale-militare e improvvisamente ti viene voglia di dissacrare una bandiera (per esempio). Vuoi sfasciare qualcosa di sacro per lo stato perché pensi alle guerre e pensi che non la smetteranno mai. Ma per quanto l’atto di bruciare la bandiera per un anarchico significhi stima e empatia verso gli altri, per qualcuno, per tantissimi, quest’atto appare carico d’odio reazionario, è socialista o comunista (nel senso sovietico più diretto e spregiativo).
Ironicamente, l’atto può non convincere. Se credete che bruciare la bandiera significhi sputare sulla più bella località geografica al mondo, disprezzando gli americani che hanno sofferto in inferni di guerra negli ultimi due secoli, vedere la bandiera che brucia non cambia la vostra opinione. Ma è il numero delle persone che vorrebbero vietare quest’atto a renderlo importante in sé. Secondo un sondaggio del Cato Institute, il settanta per cento dei repubblicani vuole una legge contro l’oltraggio alla bandiera. Oltre il cinquanta per cento è d’accordo con l’idea spasmodica, espressa in un tweet dal presidente Trump, che chi brucia la bandiera deve essere privato della cittadinanza.
Chi pensa che l’oltraggio alla bandiera significhi più della distruzione di un oggetto dovrebbe capire che si tratta di un’opinione, dovrebbe accettare il fatto che quando si esprimono le proprie opinioni in questo modo non succede niente di orribile.
Moralmente, e forse anche filosoficamente, bruciare la bandiera è come salire su una cassetta di sapone e parlare in pubblico, con la differenza che non illumina quelle complessità che le persone con gli occhi e le orecchie tappate sono in grado di capire. Chi ha visto gli attivisti che bruciavano le bandiere al congresso repubblicano, o i poliziotti impiccioni oltraggiati dalla bandiera del Movimento Indiano Americano di Joshua Brubaker, non può capire, o si rifiuta di capire, il messaggio. Ci vede un attacco contro tutte le persone a lui care, non un grido d’accusa contro un sistema che schiaccia vite umane.
Non si può cambiare il nazionalismo con un grande atto purificatore, anche se a volte sembra che basti far saltare in aria le statue dei presidenti, bruciare tutte le bandiere tranne quelle nere, arcobaleno, viola o rosa, per liberare tutti quanti. Avverrà, ma molto più lentamente, molto più gradualmente, e serviranno molte più parole. Bisogna sgobbare. Bisogna parlare con persone che, nel migliore dei casi, pensano che noi abbiamo disperatamente torto e siamo terribilmente naif. Bisogna lasciarli strillare e poi spiegare che le cose possono essere altrimenti. Non dobbiamo rispettare il significato della bandiera, non ne abbiamo bisogno. Dobbiamo distruggere quel significato, ma per quanto ci tenti l’idea di distruggerlo col fuoco o la vernice, è improbabile che il meglio dell’anarchismo e dell’antistatalismo nasca così.