[Di Kevin Carson. Originale pubblicato su Center for a Stateless Society il 14 maggio 2017 con il titolo Flint: Enclosure of the Water Commons. Traduzione di Enrico Sanna.]
La crisi idrica della città di Flint è nuovamente sulle cronache nazionali. Dopo il diciannove maggio, oltre ottomila residenti potranno vedersi ipotecata la casa per bollette non pagate, con il rischio di confisca se non pagano tutto l’ammontare arretrato. Già il mese scorso a molti residenti è stato chiuso il rubinetto per il mancato pagamento della bolletta. Il tutto mentre l’acqua è contaminata dal piombo e non si può bere senza prima filtrarla.
Gli organi d’informazione parlano di ipoteche per “residenti” e “famiglie”, non aziende. È la solita storia. Nel 2014, quando il “Gestore dell’Emergenza” si trovò ad affrontare gli stessi tagli di massa, Homrich (l’azienda capitalista clientelare incaricata di gestire la pratica) perseguì solo le utenze domestiche morose. La politica dei tagli non fu applicata alle utenze aziendali, alcune delle quali erano in arretrato di centinaia di migliaia di dollari, nonostante costituissero oltre la metà dei pagamenti. E ricordate che, come spesso accade, le aziende avevano tariffe agevolate.
Se la città di Flint avesse fatto pagare fin da subito le stesse tariffe a residenti e attività industriali/commerciali, e avesse seguito la stessa politica riguardo gli arretrati, è facile indovinare che oggi i residenti in arretrato e con la casa a rischio sarebbero molti di meno.
Caso simile è la California del governatore Jerry Brown, che ha emesso un ordine esecutivo per il cosiddetto “razionamento dell’acqua”, che però non vale per le grandi imprese agricole consumatrici di enormi quantità d’acqua per l’irrigazione.
È poi il caso di notare che sia il Michigan che la California permettono a grosse aziende capitaliste come la Nestle di pompare milioni di galloni d’acqua a costo quasi zero per poi rivenderla imbottigliata.
Riunite il tutto e cosa viene fuori? L’acqua, le falde, i bacini e altre riserve, sono un bene comune. Anche le infrastrutture che servono a portare quest’acqua nelle case e nelle aziende, essendo state realizzate a spese dei contribuenti, sono un bene comune. E come innumerevoli altri beni comuni del passato, anche l’acqua è stata recintata dallo stato, il cui scopo primario consiste nel fornire infrastrutture sovvenzionate alle imprese capitalistiche. In alcuni casi, queste infrastrutture vengono poi vendute o cedute in leasing alle imprese, che ne ricavano un profitto a spese dei consumatori.
Quando il bene comune acqua viene chiuso a beneficio del capitale, o è il capitale stesso a gestirlo, il risultato ovvio è l’aumento dei prezzi e i trattamenti di favore per le imprese. Il processo, in ogni sua parte, è caratterizzato da collusione e abuso di posizione dominante. Questa è la natura dello stato capitalista: sovvenzionare i costi iniziali, socializzare costi e rischi e favorire la privatizzazione dei profitti.
Nel diciassettesimo secolo, un gruppo di contadini senza terra autodefinitisi Zappatori abbatté le recinzioni a St. George Hill, costruì case sui terreni e cominciò la coltivazione in comune. Oggi, l’unica soluzione ultimativa è la stessa: riprendere i beni comuni. L’acqua e altri beni comuni devono essere organizzati come proprietà comune (né privata né statale) sotto il controllo diretto degli stessi utenti.