[Di Vishal Wilde. Originale pubblicato su Center for a Stateless Society il 18 dicembre 2017 con il titolo Compulsory Education Fosters Climate Ripe for Sexual Abuse. Traduzione di Enrico Sanna.]
Notizie di abusi sessuali subiti da piccoli calciatori da parte dei loro allenatori adulti continuano a scuotere la Gran Bretagna, e cresce la frequenza e i club coinvolti. È molto importante denunciare i casi di pedofilia ma anche esaminare il ruolo svolto dall’obbligo scolastico. I bambini sono le persone più oppresse della società, quasi mai hanno voce e sono ingiustamente ignorati.
A rendere possibile l’abuso non è solo la natura dei piccoli, più debole di quella degli adulti, ma anche i condizionamenti mentali e sociali a cui sono sottoposti.
Per fare un’analogia, l’abuso sessuale della donna è ancora diffuso nelle società tramite le varie forme di “cultura dello stupro”; ma sempre più donne (vittime ed ex vittime) vengono allo scoperto, denunciando apertamente la loro esperienza. Le denunce erano molto più rare quando le donne non potevano lavorare, istruirsi, votare, e non avevano altri diritti basilari (lo stupro coniugale era legale e ancora oggi continua ad esserlo in molti paesi). Questo nuovo potere è arrivato solo quando molte donne hanno cominciato ad usare la libertà per opporsi, agire e comportarsi come volevano, e questo grazie a predecessori e alleati che hanno sofferto, lottato, dato la vita per queste libertà basilari.
I bambini che vorrebbero denunciare sono in condizioni possibilmente ancora più precarie. Per questo è importantissimo discutere e analizzare apertamente i loro problemi. La “scuola” dell’obbligo può anche vantare la “educazione sessuale”, i “corsi sul rapporto consensuale” o di “morale civica” in genere, ma si tratta di sfacciata ipocrisia. Come possono queste istituzioni, che obbligano l’individuo a conformarsi alle loro richieste, educare seriamente e legittimamente al consenso e alla virtù?
Mentre la scuola cerca di imporre, a chi è preda della sua morsa parassitica, valori e moralità spacciate per oggettive, i suoi piccoli prigionieri sono lentamente condizionati a subire la punizione, indotti con il terrore a non deviare dalle aspettative e dai valori della struttura di potere a difesa dello status quo.
Se fin da piccoli si viene pungolati, obbligati ad obbedire, ascoltare e comportarsi bene, pena il castigo, è il mondo che porta a credere che il consenso non serva e il primato morale della libera volontà non esista. Diventa così più facile per chi ha intenti criminali (in questo caso il pedofilo) assalire piccoli innocenti che in condizioni diverse potrebbero opporsi e denunciare il fatto. Nessuna meraviglia se molte vittime dicono di sentirsi colpevoli, di essere ricattati e costretti ad ulteriori abusi da parte di persone che li tengono in pugno emotivamente e psicologicamente. E la natura dell’obbligo scolastico non fa che rafforzare costantemente e significativamente l’obbedienza cieca alla figura autoritaria.
Più in là nella vita, gli effetti di questo condizionamento ritornano pesantemente su chi subisce abusi sessuali da parte di suoi pari nell’istruzione superiore, di colleghi nel luogo di lavoro, manager, boss e così via, accrescendo così il blocco psicologico. Pur essendo coscienti del male subito, il conflitto mentale è permesso dai condizionamenti che li spingono ad accettare l’ingiustizia e a sottomettersi a pesanti abusi di potere.
Se crediamo in una società in cui le azioni volontarie consensuali, frutto della libera volontà, hanno un’importanza centrale nelle relazioni, l’obbligo scolastico è la strada sbagliata. Se si vogliono indagare le radici della pedofilia e dell’abuso sessuale, occorre riconoscere il ruolo formativo che ha l’obbligo scolastico nel perpetuare questi atti spregevoli.