Lunga Vita all’Anarchia: Intervista con Robert Anton Wilson (II parte)

[Trascrizione di Chad Nelson. Originale pubblicato su Center for a Stateless Society il 12 ottobre 2016 con il titolo Long Live Anarchy: An Interview with Robert Anton Wilson (PartII). Traduzione di Enrico Sanna.]

Questa è la seconda parte di “Long Live Anarchy!”, intervista con Robert Anton Wilson trasmessa da Pacifica Radio. La trascrizione della prima parte si trova qui. L’intervista si interrompe improvvisamente e purtroppo Pacifica non è riuscita a trovare il seguito nei suoi archivi. –cn.

Hayden: Come risponde all’accusa di chi sostiene che l’anarchismo sia un credo politico sorpassato? Che come teoria sarebbe andato bene per una società agraria, ma che nella nostra società tecnologica e industriale è semplicemente antiquato?

Wilson: Risponderei dicendo semplicemente che non è così. L’idea di anarchismo, secondo me, è particolarmente adatta ad una società industriale. In primo luogo, come notava Marx (mi piace sempre citare il nemico quando posso), la società industriale crea all’interno della classe lavoratrice un senso di solidarietà in modi che non esistevano nei sistemi precedenti. Anche la tecnologia attuale, come si vede dalla cibernetica, tende alla destabilizzazione dell’industria, alla macchina che si regola da sé. L’essenza della cibernetica è la tecnologia che si autoregola, l’omeostasi o ridondanza del controllo, come si dice in gergo cibernetico. Questo implica necessariamente un decentramento dell’intervento umano nell’industria. Mi diverte, poi, vedere che la American Management Association, nelle sue pubblicazioni in cui si parla di cibernetica, è costretta ad usare continuamente il concetto di decentramento. Hanno anche coniato un’espressione, “decentramento dell’autorità e centralizzazione del controllo finanziario”, che è una contraddizione pura e semplice.

Ma è solo così che possono tenere in vita il concetto di centralizzazione del controllo finanziario in un mondo cibernetico. Cercano di stare aggrappati ad un modo di pensare antiquato, che la cibernetica sta gradualmente costringendo il mondo ad abbandonare. La cibernetica porterà il mondo intero verso il decentramento, ed è questo che gli anarchisti hanno sempre voluto.

Hayden: Come si spiega il fraintendimento popolare, come mi sembra di capire, secondo cui gli anarchisti si oppongono a qualunque forma di legge e ordine? Apparentemente, anarchia significa libertà individuale illimitata e incontrollata, ha finito per essere associata… (a sentire le accuse fatte da un americano distinto come il governatore Wallace dell’Alabama, e altri), pare che se dovesse prevalere l’anarchia precipiteremmo nel “pandemonio e nell’olocausto”. Come è accaduto che queste cose abbiano finito per essere associate all’anarchismo? Davvero sono esistiti anarchisti che si opponevano ad ogni genere di legge e ordine o che andavano in giro a generare problemi e caos? Penso in particolare al Haymaker Affair (sic), di cui ho letto poco e che conosco poco.

Wilson: La parola anarchismo è come un drappo rosso sventolato davanti a un toro. A coniare la parola in epoca moderna fu Proudhon, e per quanto lo ammiri devo dire che come altri grandi scrittori francesi tendeva troppo al paradosso. Questa predilezione per il paradosso è un tratto caratteristico dei francesi, e Proudhon scelse la parola anarchismo perché era così scioccante e paradossale per l’uomo della strada che dire “sono anarchista” era come dire, allora come oggi, “sono pazzo”. La scelta di Proudhon, come ho detto, fu dettata dal suo amore per il paradosso.

La maggioranza degli anarchisti usa questa parola solo per un senso di solidarietà e fratellanza verso i grandi anarchisti del passato, molti dei quali sono morti da martiri. Penso a Sacco e Vanzetti, a Joe Hill, Landauer, e molti altri. Ma credo che sia anche un tributo ai grandi pensatori che hanno contribuito alla crescita del movimento, a quelli che hanno scritto tanti grandiosi trattati filosofici, uomini come Tolstoi, Benjamin Tucker, Josiah Warren, Bakunin e Proudhon. Visto che tutti questi usavano la parola anarchista, mi sembra molto disonesto non usare quel termine se si condivide il loro pensiero. Poi ci sono anarchisti che nel corso degli anni hanno abbandonato la parola. Hanno scelto altri termini, come socialista libertario, o mutualista, e per qualche tempo ci fu una persona, [Francis Dashwood] Tandy, che cercò di rendere popolare l’espressione socialismo volontario. Per quanto appaia scioccante, io preferisco continuare ad usare il termine originario, come tributo ai grandi che l’hanno usato in passato. Per quanto riguarda Haymarket Affair, il governatore [John Peter] Altgeld ha riconosciuto che fu una montatura. Lui stesso in seguito amnistiò gli anarchisti ancora in galera. Non poteva amnistiare quelli che erano già stati impiccati, ma la sua indagine ha dimostrato che questi uomini furono vittime di una montatura. Quello che accadde fu che i lavoratori di Chicago stavano per proclamare uno sciopero, quando ad uno degli incontri qualcuno lanciò una bomba. Furono arrestati e condannati per l’attentato diversi anarchisti, anche se successive prove dimostrarono come nessuno di loro poteva essere implicato nel confezionamento o nel lancio della bomba. Tra l’altro, nel corso degli anni si sono accumulate numerose prove che dimostrano come a lanciare la bomba fu un agente provocatore della polizia.

Hayden: Com’è che gli anarchisti in generale (credo, confesso, di avere forse idee popolari sbagliate riguardo l’anarchia e l’anarchismo)… Come può un anarchista che dedica la sua vita alla libertà individuale e di tutti cercare soluzioni in un sistema politico come il socialismo? A me pare che se esiste una filosofia politica o economica che possa associarsi all’anarchismo, questa debba essere di destra, come il capitalismo, o anche il fascismo. Qualcosa che non implichi come concetto generale l’idea di gruppi che collaborano tra loro, o altro simile, come fa il socialismo.

Wilson: Qui andiamo ad approfondire la teoria anarchista, che poi è quello che voglio fare. Forse, se dovessi andare troppo in profondità, temo che lei mi interromperebbe per dirmi che il ragionamento sta diventando troppo astratto. Ad ogni modo, il movimento anarchista è parte di un antico cammino verso quella che, in assenza di termini più adatti, chiameremo la dignità comune. Le origini dello stato moderno e della divisione in classi risalgono a cinquemila anni fa. Ciò che esisteva prima, vaghe confederazioni tribali, è talvolta chiamato anarchismo. Sono d’accordo con Benjamin Tucker, che considera improprio questo termine. Tucker definisce l’anarchismo come la libertà nelle mani dei libertari. Le tribù che formavano queste confederazioni erano libere in senso ampio, ma non erano abbastanza sofisticate da capire cosa avevano tra le mani, e dunque non si può parlare di vero anarchismo. Ad un certo punto è nato lo stato nazione che, come ha dimostrato il sociologo tedesco Manheimer (sic) esaminando la genesi degli stati di cui si conoscono le origini, è il prodotto di una conquista militare.

È qui che nascono le classi sociali, un sistema in cui la stragrande maggioranza della società lavora non per sostenere se stessa, ma per mantenere una minoranza di parassiti. La sua forma classica è quella dello stato schiavista comune in tutto il mondo antico. Con il passare dei millenni, questo si è evoluto nello stato feudale e poi in quello capitalistico, ma il meccanismo di base resta lo stesso. Il meccanismo della proprietà terriera, ad esempio, è lo stesso dello stato schiavista. Una piccola minoranza possiede le terre. La giustificazione originale è che si tratta di persone unte o scelte da Dio, o che il re governa per diritto divino. È stato Dio ha scegliere il monarca affinché regni sugli altri. Gli altri componenti della famiglia rappresentano la nobiltà, possiedono le terre perché sono parenti dell’uomo scelto da Dio. Il resto della società è formato dai diseredati di Dio, noialtri poveracci, che non possediamo terre.

Se vogliamo lavorare la terra, seminare una piantagione o altro, aprire un’attività di ciabattino o fare una qualunque altra cosa, dobbiamo acquistare quel pezzo di terra a rate da uno dei proprietari. In un regime feudale, il padrone della terra, il parente del re, governa sulla base della giustificazione sovrannaturale; nonostante la sbornia teologica del mondo moderno, non credo che, se qualcuno si alzasse e dicesse che il proprietario terriero governa per diritto divino, non credo che sarebbe preso sul serio. Se le persone oggi continuano a pagare l’affitto di un terreno è solo perché non riflettono. Se riflettessero, si accorgerebbero che l’unica giustificazione del proprietario terriero è la sua teoria del diritto sovrannaturale, e non credo che verrebbe tollerato.

Hayden: Gli anarchisti si oppongono a (dalle parti di New York c’è un anarchista con un distintivo che dice “Sono un nemico dello stato”)… Dicevo, gli anarchisti si oppongono all’esistenza dello stato e delle autorità locali? E come si sentirebbe un anarchista nei confronti di un incipiente governo mondiale, magari l’ONU ma con poteri più estesi e via dicendo?

Wilson: Ovviamente, per un anarchista un governo mondiale sarebbe un po’ peggio di uno nazionale, perché [sarebbe] più centralizzato, e anche più onnipotente.

Hayden: Come applicherebbe i controlli internazionali, come riuscirebbe a regolare cose come la salute e le malattie? Come risolverebbe problemi come: chi ha diritto a sfruttare l’acqua del fiume Colorado? Come gestirebbe le complessità crescenti del commercio internazionale senza alcun genere di controllo governativo che funzioni su scala altrettanto ampia?

Wilson: La risposta è che l’idea che tutto ciò si possa fare soltanto con il controllo governativo è un errore della mente umana paragonabile a quello di chi pensava che la terra fosse piatta. È radicato nella testa di ognuno. Si dà il caso che l’anarchista sia l’unico a mettere in dubbio questa idea. In breve, l’opinione di un anarchista è che tutto ciò che si può fare con un’associazione coercitiva si può fare anche tramite un’associazione volontaria, se c’è la convenienza a farlo. Questa è l’unica funzione dello stato. Lo stato non ha bisogno di obbligare le persone a fare qualcosa di vantaggioso per se stesse se quelle persone possono farlo volontariamente e senza obblighi. Non occorre lo stato per fare ciò. Semmai, lo stato vuole che si facciano cose che nessuno farebbe di propria iniziativa. Come proteggere gli interessi delle classi di governo e tenere a bada le classi sfruttate.

Hayden: Ma (lei parla anche in termini di socialismo) la maggior parte o molti dei concetti inerenti al socialismo, quello che io considero stato sociale, non necessariamente richiedono costrizione o obbligo; intendo dire l’assistenza medica per gli anziani, l’obbligo per il personale medico di assistere i malati poveri, norme edilizie che obbligano il proprietario a riparare un immobile, che controllano i canoni d’affitto, che prevengono gli incendi, i disastri, e via dicendo. A me sembra che tutte quelle norme che vanno nell’interesse dell’individuo debbano avere il supporto di una grande agenzia governativa che obblighi chi non vuole seguire le norme, o anche chi non è abbastanza scrupoloso, a rispettare le leggi approvate nell’interesse della popolazione. Crede che questo possa avvenire tramite le associazioni volontarie? E se i proprietari immobiliari formassero un’associazione con più denaro, o più armi o altro, rispetto alle associazioni anarchistiche o di cittadini?

Wilson: Questo va alle radici dell’anarchismo. Prima di tutto, per un anarchista tutte le forme di coercizione riscontrabili nel mondo moderno, anche quelle con intenti di sinistra, sono dovute al fatto che non si riconosce la natura della classe di governo, e dunque non si sa come agire. Queste sono tutte mezze misure, e l’anarchista si oppone a tutti questi metodi coercitivi perché pensa che non affrontino il problema reale. La previdenza sociale, ad esempio, anche se personalmente non vorrei che fosse abolita, nelle attuali circostanze, con l’attuale tirannia di classe, rappresenta una necessaria protezione per le vittime.

Pubblicato con il permesso di Pacifica Radio Archives.

Anarchy and Democracy
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