[Di Chris Shaw. Originale pubblicato su Center for a Stateless Society il 31 maggio 2016 con il titolo Rethinking Markets: Anarchism, Capitalism, and the State. Traduzione di Enrico Sanna.]
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Generalmente si immaginano i mercati come bastioni del capitalismo, qualcosa che unge le ruote che permettono l’accumulazione e l’organizzazione del capitale, che crea le relazioni di classe tipiche del moderno capitalismo, stabilisce vincenti e perdenti, e tramite il meccanismo della distruzione creativa e della competizione muove lavoratori e padroni come pedine. Tutto ciò rimescola la proprietà concentrandola in un numero di mani sempre più piccolo, mettendo i vincenti in alto in qualità di proprietari di mezzi di produzione e capitali, e i perdenti in basso in qualità di salariati e lumpenproletariat, sottoposti allo sfruttamento e al dominio.
Ma questa visione ignora le potenzialità dei mercati. I mercati non sono necessariamente strutture limitate al capitale o allo stato, ma sistemi formati e determinati da chi ci opera dentro, controllati e distribuiti volontariamente. Ovvero, uniti nella collettività e eterogeneità di un ordine sociale anarchico. Laddove per anarchico intendo “una tendenza ben definita nello sviluppo storico dell’uomo, tendenza che, al contrario dell’autorità intellettuale di tutte le istituzioni clericali e governative, lotta perché si esprimano liberamente, senza costrizioni, tutte le energie individuali e sociali della vita”.
Da questo punto di vista, io considero i mercati un esempio di arrangiamento anarchico, che permette ai suoi attori, in quanto liberi ed eguali, di determinare il proprio futuro e raggiungere obiettivi e valori. Questa definizione, per sua natura, richiede la liberazione dei mercati dai ceppi dello stato e del capitalismo. Questi ultimi offrono una percezione di sé come di qualcosa affine, rispettivamente, al governativo e al clericale. L’istituzione statale comprende il regno della legge e dell’ordine, e il monopolio della forza, essenziali al mantenimento dell’istituto della proprietà privata e delle relazioni di potere del capitalismo. Il capitalismo, al pari delle istituzioni clericali, crea coscienze, patologie e ideologie che permettono il mantenimento delle stesse organizzazioni capitalistiche. Assieme, queste due istituzioni formano la struttura socio-economica del mondo moderno.
Queste due potentissime forze, quella clericale e quella governativa, sono un fenomeno recente. Io spero che nella mia analisi si possa vedere la via verso un cambiamento di questo sistema, qualcosa che permetta di passare da un sistema di sfruttamento ad uno di collaborazione volontaria, ad un’economia che sia parte del sociale. Un’economia eterogenea e decentralizzata. Come dice Paul Mason, “È più che possibile mettere su gli elementi del nuovo sistema, molecola dopo molecola, all’interno del vecchio. Nelle cooperative, nel credito cooperativo, nelle reti da pari a pari, nelle imprese acefale e nelle economie parallele e subculturali questi elementi già esistono.”