La Filosofia Libertaria di Henry David Thoreau
Di Darian Worden. Articolo originale: Wild and Free: The Libertarian Philosophy of Henry David Thoreau, del 22 marzo 2013. Traduzione di Enrico Sanna.
Henry David Thoreau: “Tutto ciò che esiste di buono è selvaggio e libero.”
Questa frase compare in Walking, testo di una sua conferenza tenuta più volte a partire dal 1851. Il legame tra mondo selvaggio e libertà è evidente in tutti i suoi scritti. Una buona vita richiede equilibrio tra civiltà e natura. Il suo concetto di natura pervade il suo concetto di libertà.
Per Thoreau, il mondo selvaggio è un bene sia per la società che per l’individuo. È lo spazio in cui l’uomo può scoprire e rinnovare se stesso. È lo spazio della sperimentazione. È dove la società può rigenerarsi radicalmente e addirittura rinascere. La vita trascorsa nel bosco di Walden, per quanto isolata, fu una sorta di esperimento sociale che egli fece su se stesso. Il suo scopo era la propria rigenerazione personale e sociale.
Alla base della sua importante filosofia libertaria c’è il suo concetto di natura e libertà. Che è una filosofia individualista e sociale che affonda le radici nel concetto di natura e nel desiderio di Thoreau di trovarvi il proprio posto. Bisogna agire in base a un principio: è questo che informa il suo atteggiamento pratico nei confronti della violenza politica, che fa di lui una voce autorevole a favore di una rivoluzione pacifica.
Natura
Walking inizia così:
Vorrei dire qualcosa sulla natura, sulla libertà assoluta e sul mondo selvaggio, da opporre a una semplice libertà e a una cultura civili. Perché l’uomo è un abitante, una parte integrante della Natura, non un membro della società. Vorrei fare un discorso estremistico, quelli enfatici li lascio ad altri: per quelli ci sono i ministri e i comitati scolastici.[1]
Nella natura troviamo la libertà assoluta, da non confondere con la semplice libertà civile. È molto importante mantenere qualche elemento del mondo selvaggio.
Non voglio dire che tutti devono essere colti, così come non voglio dire che tutta la terra dev’essere coltivata: aratene un pezzetto, e il grosso lasciatelo a prato e bosco…
Il tentativo di bilanciare cultura e natura risale alla sua prima giovinezza. Nato a Concord, nel Massachusetts, il 12 luglio 1817, da ragazzo Thoreau eccelleva tanto nello studio quanto nel vagabondaggio. In Walden caccia e pesca sono parte della sua educazione. Praticando la pesca, cominciò a capire che la caccia era qualcosa che poteva andar bene per i giovani finché non diventavano troppo grandi.[2] Thoreau si laurea a Harvard nel 1837. Inizia presto a discutere di filosofia con i trascendentalisti, che a Concord ruotavano attorno alla figura di Ralph Waldo Emerson. Esplora la natura assieme al fratello John, fino alla morte di quest’ultimo avvenuta nel 1842.
Per Thoreau il mondo selvaggio è la fonte dell’energia e della forza. “La vita si conserva nel mondo selvaggio,” dice. E poi: “dalla foresta, dal mondo selvaggio viene quel tonico, quella scorza che protegge il genere umano.”[3]
La natura è fonte di studio e di ispirazione, ma soprattutto qualcosa di cui fare esperienza. Dopotutto, il saggio si chiama Walking (camminare, ndt).
In Walden, la natura è qualcosa che soddisfa il bisogno della ricerca infinita.
Se davvero vogliamo esplorare e apprendere ogni cosa, dobbiamo prima far sì che tutto sia misterioso e inesplorabile, la terra dev’essere infinitamente selvaggia, incomprensibile al nostro intelletto perché incomprensibile in sé. Non possiamo mai stancarci della natura. La vista di quell’inesauribile vigore dev’essere per noi un ristoro…
Dobbiamo spingerci oltre i nostri limiti, lasciare che la nostra vita pascoli liberamente laddove non siamo mai stati.[4]
La vita a Walden
Thoreau scelse come dimora nella natura lo stagno di Walden. Doveva essere un esperimento e una fonte di vita nuova.
Alla fine di marzo del 1845 cominciò a costruire una capanna sulle sponde dello stagno di Walden, appena fuori Concord. Il quattro luglio andò a viverci. Ci rimase due anni e due mesi.
L’intento sperimentale è dichiarato nel primo capitolo, “Economia”, dove Thoreau descrive le spese e i bisogni. Il secondo capitolo, “Dove vivevo e perché”, è una risposta al primo.
Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita, e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insegnarmi, e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto.[5]
Voleva vivere con saggezza; per non essere disturbato dagli affari altrui e per occuparsi delle sue cose, certo, ma anche per avere un luogo tranquillo in cui scrivere. Voleva conoscere la vita nella sua essenza: avviare un processo di scoperta. E imparare, capire cosa poteva trovare vivendo vicino alla natura. E vivere; non solo capire la vita, ma anche farne esperienza.
Thoreau vuole conoscere la sostanza della vita trascurando i dettagli. Se la vita “è un male, perché non denunciare per intera la sua genuina malvagità, farla conoscere al mondo? E se è sublime, perché non farne esperienza, così da poterla descrivere dal vivo con la mia prossima escursione?”
Thoreau ricorda l’invito di Emerson ad instaurare “un rapporto originale con l’universo”. Thoreau non voleva tornare alle origini, ma semplicemente prendere i frutti della civiltà e ordinarli diversamente, fare una combinazione originale. Ottenne da Emerson il permesso di utilizzare parte delle sue terre, comprò legname di scarto e finestre usate, tagliò alberi di pino con un’ascia presa in prestito, si costruì una baracca e coltivò poco più di un ettaro, perlopiù a fagioli. Il suo non fu un ritorno alla vita primitiva ma un miglioramento della vita moderna.
Gandhi disse di lui: “Thoreau era un grande scrittore, filosofo e poeta, nonché una persona fondamentalmente pratica: non insegnò mai nulla che lui stesso non fosse in grado di mettere in pratica.”[6]
Semplicità
Per Thoreau la semplicità è importante. Lo aiuta a scoprire i fatti essenziali della vita, a mantenere il controllo della propria vita lasciando spazio alla scoperta.
La semplicità è al cuore della dimensione sociale del progetto Walden. In Walden Thoreau denuncia il lusso, l’eccesso; a volte esagera, ma sempre istruttivamente. La voglia di semplificare compensa la voglia di espandere e accumulare.
Così scrive nel capitolo conclusivo:
Imparai questo, almeno, dal mio esperimento: che se uno avanza fiducioso nella direzione dei suoi sogni, e cerca di vivere la vita che s’è immaginato, incontrerà un inatteso successo nelle ore comuni.
In proporzione a quanto egli semplifica la sua vita, “le leggi dell’universo gli appariranno meno complesse, e la solitudine non sarà tale, né la povertà sarà povertà.”[7]
Per Thoreau, la semplicità ha una dimensione politica. Disobbedienza civile contiene un passo che spiega quanto è più facile vivere una vita di principi quando si ha poco che lo stato può prendere. E aggiunge:
Ma l’uomo ricco – non per fare un confronto offensivo – è sempre venduto all’istituzione che lo rende ricco. In assoluto, più abbondano i soldi, minore è la virtù, poiché il denaro si interpone fra un uomo ed i suoi oggetti, e li ottiene per lui; e certamente non è stata necessaria nessuna grande virtù per ottenere ciò. Esso mette a tacere molte domande alle quali egli sarebbe altrimenti costretto a rispondere; mentre la sola nuova domanda che gli si pone è quella difficile, ma superflua, riguardo a come spenderlo. In questo modo il terreno morale gli viene tolto da sotto i piedi. Le opportunità di vivere sono minori in proporzione all’aumento di quelli che sono chiamati i “mezzi”. La cosa migliore che un uomo può fare per la propria cultura quando è ricco è cercare di attuare i progetti che aveva quando era povero.[8]
Racconta in Walden che non chiudeva mai a chiave la porta di casa, la sua capanna era aperta a tutti i visitatori. Pur stando in casa di rado, sentiva la mancanza di un libricino con le opere di Omero.
Sono convinto che se tutti gli uomini dovessero vivere semplicemente, come feci io, furti e rapine sarebbero sconosciuti. Essi avvengono solo in comunità dove qualcuno ha più di quanto gli basta, mentre gli altri non hanno abbastanza.[9]
L’espressione “come feci io” è significativa, visto il carattere sperimentale del suo vivere.
Inizia con un avvertimento:
Non vorrei che nessuno adottasse il mio modo di vivere, per nessun motivo; ché, prima che lo avesse imparato a sufficienza, io potevo bene essermene trovato un altro per me, e anche perché desidero che al mondo ci siano tante persone diverse quanto più è possibile; ma vorrei che ciascuno fosse così accorto da trovare e seguire la propria strada, non quella di suo padre, sua madre, o un suo vicino.[10]
Dalla vita trascorsa nei boschi ricava un senso di liberazione e di verità. Ciò rientra nella sua auto-emancipazione dalla disperazione silenziosa del conformismo e del superlavoro. Ma è anche un’opportunità per scoprire il senso di se stessi, per comunicare col resto del mondo: il che offre una prospettiva stimolante.
Individualista e sociale
Gran parte della sua vita, Thoreau la passò con la sua famiglia o con la famiglia Emerson. A Walden trascorse ventisei mesi da solo, ma incontrando spesso altre persone.
Spiega in Walden che la sua capanna era due chilometri circa a sud di Concord. Non una grande distanza per un forte camminatore come Thoreau, che, come nota lui stesso, si recava a piedi al villaggio “ogni giorno o due”.[11] Il libro racconta anche delle persone che incontrava nei boschi: taglialegna, tagliatori di ghiaccio, cacciatori, schiavi fuggitivi e buone amicizie.
La capanna di Thoreau era ai bordi della civiltà, all’incrocio tra cultura e natura. Thoreau era abbastanza vicino ai paesi del circondario da riuscire a partecipare alla vita sociale e abbastanza lontano da poter studiare la natura ed essere considerato un tipo strano dai suoi contemporanei.
Questo è ciò che molti non colgono in Walden. Prevale l’idea di un eremita isolato, forse un misantropo, pronto a cacciar via chiunque si avvicini alla sua dimora solitaria. Quando poi scoprono che non viveva in un luogo sperduto, cosa che lui non nasconde affatto, lo bollano come ipocrita. A volte lo si accusa di mangiare a scrocco presso la famiglia a Concord. Ma questo è un segno della sua socialità e del suo senso di reciprocità, visto che non smise mai di contribuire alla piccola fabbrica di matite della famiglia e vista la sua particolare bravura nelle attività pratiche.
Thoreau era un individualista sociale che sperava che le sue scoperte fossero messe in pratica da chi volesse migliorare la propria vita. È vero che in Walden vedeva un luogo tranquillo in cui scrivere, ma non era sua intenzione tagliare i ponti con la società, bensì trovare il modo di migliorarla. La natura in cui era immerso gli offriva quella libertà, quella chiarezza di idee che gli permettevano di vedere la vita in modo nuovo.
Rabbia
Thoreau esprime rabbia per l’ingiustizia, che lui considera un crimine contro l’umanità e un’offesa contro la natura.
Il quattro luglio 1854, subito dopo la condanna a Boston dello schiavo fuggitivo Anthony Burns, ad una manifestazione antischiavista pronuncia un discorso intitolato “La schiavitù in Massachusetts”.
Ancora una volta vediamo il tribunale di Boston pieno di uomini armati, intenti a giudicare un UOMO in catene, per scoprire se è o no davvero uno SCHIAVO. Qualcuno pensa forse che la giustizia o che Dio aspetti il verdetto del signor Loring? Che quest’ultimo si sieda a formulare un giudizio già formulato dall’inizio dei tempi, un giudizio che questo stesso schiavo analfabeta e tutti gli altri hanno già sentito e approvato, significa rendersi ridicoli. Mi chiedo da chi ha ricevuto l’ordine, e chi è lui per riceverlo, a quali leggi inedite obbedisce, su quali precedenti si basa. Che esista un arbitro simile è già di per sé un’insolenza. Non gli chiedo di fare un esame di coscienza, ma di fare le valigie.[12]
Non è un caso se la schiavitù lo indigna tanto. Thoreau era un uomo di principio che aveva conosciuto personalmente l’umanità degli schiavi quando contribuiva alla Underground Railroad (la Ferrovia sotterranea, organizzazione che liberava e proteggeva gli schiavi negli Stati Uniti. Ndt). Ma è una rabbia basata sul suo concetto di natura. Tutto il processo penale è assurdo. Chi è schiavo si sa già. Lo schiavo analfabeta lo sa e ha già accettato il verdetto, è il giudice che appare ridicolo nella sua negazione. Verso la fine del discorso Thoreau dice che dichiarare schiavo un uomo è stupido, come dichiararlo un salame.
E non esita ad accusare lo stato del Massachusetts tra le cause della sua indignazione.
Il Massachusetts ha aspettato il verdetto del signor Loring, come se il fatto potesse in qualche modo influenzare la criminalità dello stato. Il cui crimine, il crimine più grande e fatale, è di avergli consentito di essere giudice in un caso del genere. In realtà, ad essere sotto processo era il Massachusetts. Che era colpevole quando esitava a liberare quest’uomo, ed è colpevole ora che non fa ammenda.
L’indignazione di Thoreau riaffiora durante le sue passeggiate.
Il ricordo del mio paese mi assilla mentre cammino. Faccio riflessioni omicide sullo stato, mi ritrovo involontariamente a complottare.
Thoreau congiura la morte dello stato. Ma poi, essendo Thoreau, gli torna il buonumore quando vede un certo fiore, e vede nel bianco giglio acquatico quel simbolo di purezza e dolcezza che nasce dal fango e il letame.
Coscienza
Le sue idee politiche affondano le radici nella coscienza, che è individuale ma che è spesso evidente nel trattamento subito. Disobbedienza civile, la sua opera politica più influente, è profondamente individualista e si basa sulla responsabilità e la giustizia sociali.
Deve il cittadino – anche se solo per un momento, od in minima parte – affidare sempre la propria coscienza al legislatore? Perché allora ogni uomo ha una coscienza?[13]
Ancora una volta, Thoreau si richiama alla natura per appoggiare la propria causa: tutti abbiamo una coscienza, non c’è ragione per non servirsene lasciando che sia il legislatore a decidere al suo posto. Qui l’autore non dice che rientra nella “natura umana” agire in un certo modo, ma più semplicemente incoraggia l’uditorio a utilizzare una dote che fa parte della loro stessa natura.
Ma per fare cosa?
Di fatto, non è dovere di un individuo dedicarsi all’estirpazione del male, anche del più grande; giustamente, egli potrebbe avere altre faccende che lo occupano; ma è suo dovere, almeno, tenersene fuori e, se non vi pensa oltre, non dargli il suo supporto praticamente. Se mi dedico ad altri scopi e progetti, dapprima devo almeno verificare che non li sto perseguendo stando seduto sulle spalle d’un altro uomo. Prima di tutto devo scendere da lì, affinché anch’egli possa perseguire i suoi obiettivi.
Ebbe solo un’occasione d’incontrare lo stato: le tasse.
Il mio civile vicino, l’esattore, è proprio colui che devo affrontare, – poiché, dopotutto, è con gli uomini e non con la pergamena che litigo, – ed egli ha volontariamente scelto di essere un rappresentante del governo. Come potrà sapere precisamente chi è, e cosa fa, come ufficiale del governo o come uomo, finché è obbligato a chiedersi se dovrà trattare me, suo vicino, per il quale egli nutre rispetto, come un vicino ed un uomo ben disposto, o come un pazzo ed un disturbatore della pace, ed a capire se può superare questo intralcio alla sua affabilità senza bisogno d’un pensiero o un discorso più insolente o impetuoso che corrispondano alla sua azione?
L’individuo deve essere libero di agire secondo coscienza: questo il cuore dell’ideale rivoluzione pacifica di Thoreau.
Se mille uomini non pagassero quest’anno le tasse, ciò non sarebbe una misura tanto violenta e sanguinaria quanto lo sarebbe pagarle, e permettere allo Stato di commettere violenza e di versare del sangue innocente. Questa è, di fatto, la definizione di una rivoluzione pacifica, se una simile rivoluzione è possibile. Se l’esattore delle tasse, od ogni altro pubblico ufficiale, mi chiede, come uno ha fatto, “Ma cosa devo fare?” la mia risposta è, “Se vuoi davvero fare qualcosa, rassegna le dimissioni”. Quando il suddito si è rifiutato di obbedire, e l’ufficiale ha rassegnato le proprie dimissioni dall’incarico, allora la rivoluzione è compiuta.
Una rivoluzione pacifica, se è possibile. L’azione diretta che Thoreau apprese con la pratica. Disobbedienza civile è stato scritto in seguito al suo rifiuto di pagare una tassa che andava a sostenere la schiavitù e una guerra di aggressione che intendeva ampliare la schiavitù al territorio messicano invaso dagli Stati Uniti. Fece un giorno di carcere, fu rilasciato dietro cauzione pagata probabilmente da un parente.
Aggiunge in Disobbedienza civile:
Ma supponiamo pure che debba scorrere il sangue. Non c’è forse del sangue versato quando la coscienza è ferita? Attraverso questa ferita scorrono via la vera umanità e l’immortalità di un uomo, ed egli sanguina fino ad una morte eterna. Vedo questo sangue scorrere ora.
Accettando la violenza, Thoreau si mantiene coerente con la sua difesa spassionata dell’insurrezione fallita di John Brown nel 1859.
Non voglio né uccidere né essere ucciso, ma posso immaginare circostanze in cui l’una o l’altra cosa sarebbero inevitabili. Nella nostra comunità manteniamo la pace con piccoli atti violenti quotidiani. Pensate al poliziotto con il manganello e le manette! Pensate alle carceri! Pensate alla forca! Pensate al cappellano del reggimento![14]
Thoreau difese l’azione violenta di Brown in un momento in cui molti, compresi tanti abolizionisti, vedevano in Brown un estremista, se non un pazzo, e si dissociavano da lui. Thoreau paragonò l’esecuzione di Brown al martirio di Cristo. Meno ammirevoli gli apparivano eroi rivoluzionari come Ethan Allen e John Stark, perché “sfidarono con coraggio i nemici della patria”, mentre Brown “ebbe il coraggio di sfidare il suo stesso stato che era dalla parte del torto.”
Credeva peculiarmente che un uomo avesse il pieno diritto di sfidare con la forza lo schiavista al fine di liberare lo schiavo. E io la penso allo stesso modo… Non esagero se dico che liberare uno schiavo con metodi spicci è la via giusta.
Anche in Walden troviamo riferimenti alla violenza, anche se in forma ironica.
Quanto alle Piramidi, ciò che sorprende di più è che tanti uomini fossero così degradati da dar via la loro esistenza per uno sciocco ambizioso, sarebbero stati più saggi se l’avessero annegato nel Nilo per dare il corpo in pasto ai cani.
È questo l’abbrutimento che il tonico della natura dovrebbe prevenire. È più facile perdere la propria libertà quando questa non cresce in un mondo selvaggio.
Da non ignorare anche i riferimenti alla virilità e alla mascolinità. Ci sono sicuramente alcune buone analisi femministe delle opere di Thoreau, ma sono poco conosciute. Ignoriamo la sua opinione sulle donne, soprattutto considerato che la madre e la sorella erano coinvolte nell’attività clandestina di liberazione degli schiavi.[16] Una risposta è forse contenuta nei suoi voluminosi diari. In Camminare leggiamo: “Come facciano le donne a sopportare di stare confinate a casa, loro che ne soffrono ancora più dell’uomo, non lo so.”[17] Forse la donna, ma anche l’uomo, dovrebbe seguire la propria strada, non quella del padre, della madre o dei vicini, come Thoreau consiglia in Walden.
Verso la violenza il suo atteggiamento è pratico: la violenza è da rigettare ma non sempre è un male. Tra i suoi contributi più persistenti al pensiero politico troviamo l’ideale della rivoluzione politica e il modo in cui dovrebbe essere realizzata: i cittadini dovrebbero rifiutare la fedeltà allo stato e i funzionari dimettersi. Thoreau non fu certo il primo filosofo a sostenere una rivoluzione pacifica tramite il rifiuto del consenso, ma ebbe il merito di introdurre l’idea presso il pubblico anglofono rafforzandola con esempi concreti tratti dalla sua esperienza personale.[18] Forse fu proprio il suo atteggiamento pratico, nonché l’esposizione teorica ricavata dall’esperienza, a farlo apparire così convincente.
Politica
Dove espone più diffusamente i suoi ideali politici è Disobbedienza civile, un saggio del 1849 che originariamente aveva per titolo Resistance to Civil Government (Resistenza allo stato).
L’incipit è una dichiarazione profondamente libertaria.
Accetto di tutto cuore l’affermazione, – “Il governo migliore è quello che governa meno”, e vorrei vederla messa in pratica più rapidamente e sistematicamente. Se attuata, essa porta infine a quest’altra affermazione, alla quale pure credo, – “Il miglior governo è quello che non governa affatto”, e quando gli uomini saranno pronti, sarà proprio quello il tipo di governo che avranno.[19]
Thoreau non pianifica un governo non-governante, ma dai suoi ripetuti appelli alla coscienza si intuisce che ciò che vuole è un cambiamento profondo nei principi. Vivere la natura, ovviamente, è parte importante del miglioramento della società e dell’individuo. All’uscita dalla prigione, Thoreau va a una festa di raccoglitori di frutti di bosco. Un attimo dopo è “in mezzo ad un campo di mirtilli, su una delle nostre colline più alte, a due miglia di distanza; ed allora lo Stato non poteva più essere visto da nessuna parte.”[20]
Lo stato è “un espediente mediante il quale gli uomini potrebbero tranquillamente lasciarsi in pace a vicenda.” Invece interferisce spessissimo con le persone e con i loro affari; le uniche cose positive in America sono frutto del carattere della società americana.
Tuttavia, per parlare in modo pratico e da cittadino, a differenza di coloro che si definiscono anarchici io non chiedo che si abolisca immediatamente il governo, ma chiedo immediatamente un governo migliore.[21]
Che lo stato scompaia all’istante o no, è da apprezzare il suo atteggiamento pratico: sarebbe meglio non avere uno stato, ma visto che esiste sarebbe già una buona cosa se non facesse guerre, se non rimandasse agli schiavisti persone innocenti e se non minacciasse di morte tutti i suoi oppositori.[22]
Questo suo sincero radicalismo potrebbe ispirare i libertari, che siano antistatalisti o meno. La resistenza fiscale è già un esempio pratico di azione diretta. La lotta contro la schiavitù era un’attività della famiglia Thoreau, e il fatto che Henry conoscesse a fondo i boschi del posto, unita alle sue qualità marinare, gli erano probabilmente di grande aiuto nel guidare gli schiavi verso nord.
In Slavery in Massachusetts (Schiavitù nel Massachusetts, ndt), Thoreau critica chi parla di possibili mali distanti ignorando quelli reali e vicini. Lo sconcerta il fatto che si parli tanto della possibilità che il Nebraska diventi uno stato schiavista ma si faccia così poco per evitare che i fuggitivi siano presi dalle milizie del Massachusetts e dall’esercito degli Stati Uniti e riconsegnati agli schiavisti.
Denuncia come ipocrita la celebrazione della libertà conquistata nella battaglia di Concord mentre un uomo viene catturato e riconsegnato alla schiavitù.
Tre anni fa, appena una settimana dopo che le autorità di Boston si erano riunite per riconsegnare agli schiavisti una persona del tutto innocente, e della cui innocenza erano a conoscenza, gli abitanti di Concord hanno fatto suonare le campane e tuonare i cannoni per celebrare la propria libertà, nonché il coraggio e l’amore per la libertà dei loro antenati combattenti.
Thoreau invita il pubblico a non limitare l’azione politica al voto.
Il destino del paese non dipende da come si vota, che è un gioco in cui il migliore vale quanto il peggiore. Non dipende da quello che scrivete sulla scheda una volta l’anno. Dipende invece dall’uomo che ogni mattina fate uscire dalla vostra casa.[23]
Lavoro
Rientra nel suo ideale di libertà anche la libertà dal troppo lavoro.
In Life Without Principle (Vita senza principi, ndt), Thoreau condanna l’eccesso di lavoro e l’ossessione per gli affari.
Se una persona ama fare una passeggiata nel bosco ogni giorno per mezza giornata, corre il rischio di passare per un fannullone; se passa tutto il giorno a fare speculazioni in borsa, radendo al suolo quello stesso bosco e comportandosi come Attila, allora è una stimata persona industriosa, un cittadino intraprendente. Come se l’unico interesse di una città fosse il taglio dei propri boschi![24]
In un capitolo di Walden dedicato alle sue fatiche Thoreau, spaventato dalle condizioni dei lavoratori, critica il sistema industriale.
Non posso credere che l’attuale sistema degli abiti in serie sia il modo migliore per ottenere i nostri vestiti. La condizione dei nostri operai diventa ogni giorno sempre più simile a quella degli operai inglesi: e non c’è alcuna meraviglia che sia così, ché — per quanto ho udito e osservato — lo scopo principale non è tanto che l’uomo sia vestito bene e acconciamente, ma, senza dubbio, che le corporazioni si arricchiscano.[25]
In Walden Thoreau augura una vita più semplice ad un immigrato irlandese che lavora in una fattoria dei dintorni.
[I]n un’ora o due, senza fatica, ma per divertimento, potevo, volendo, prendere tanto pesce che potesse bastarmi per due giorni, o guadagnare tanti soldi da potere vivere per una settimana. Che se lui e la sua famiglia volevano vivere con semplicità, avrebbero potuto andare a raccogliere sorbe selvatiche, per divertimento, durante l’estate.[26]
Varie e molteplici erano le sue attività. Nella fabbrica di matite di famiglia faceva ogni cosa, dal tuttofare al sorvegliante. Vedeva con favore il lavoro onesto, ben fatto, che dà soddisfazione al lavoratore e gli lascia molto tempo per altre attività. Thoreau aveva scoperto il valore del tempo libero molto prima di sindacalisti e sociologi. La sua ricerca di un lavoro utile e ben fatto, opposto al sistema industriale, è forse da ricollegare ai primi umori popolari diffusi tra gli artigiani che lottavano contro la “proletarizzazione”. In Walking, Thoreau esprime ammirazione per l’artigiano che riesce a stare seduto tutto il giorno al banco di lavoro.
La questione della terra
Come ci si può godere una vita semplice e indipendente, come fece Thoreau a Walden, se non si ha un pezzo di terra in cui piantare i propri fagioli? Thoreau sapeva che la terra che utilizzava gli era stata prestata da un amico, conosceva la questione della terra, ma non la analizzò mai a fondo. In Walden fa capire che è meglio vivere in una scatola piuttosto che subire le angherie di un proprietario terriero.[27]
In Walking critica quei proprietari terrieri che impediscono il passaggio.
Attualmente, in questa zona le parti migliori non sono proprietà privata: il paesaggio non ha padroni e chi cammina gode di libertà relativa. Ma un giorno potrebbero farci le cosiddette località amene, luoghi per il piacere esclusivo di pochi, allora spunteranno recinzioni e trappole umane e diavolerie varie inventate per confinare le persone nella strada pubblica. E camminare sulla terra che Dio ci ha dato diventerà una violazione del domicilio di qualche borghese. Avere l’esclusiva di qualcosa spesso significa non poterne godere veramente. Approfittiamone prima che arrivi quel brutto giorno.[28]
Conclusione
Il sei settembre 1847, Thoreau lasciò la capanna di Walden e tornò a vivere a Concord.
Io lasciai i boschi per una ragione altrettanto buona di quella per cui mi ci ero stabilito. Forse mi pareva d’avere altre vite da vivere, e di non potere dedicare altro tempo a quella sola.[29]
Una volta fatto quello che si era prefisso di fare a Walden, Thoreau riprese la sua vita di studio e impegno. Riprese la sua vita spontanea, facendo lunghe passeggiate, studiando più a fondo la natura, tenendo conferenze contro la schiavitù, l’ipocrisia e il conformismo. Nel corso degli ultimi anni cominciò a studiare le popolazioni native, scrivendo numerose pagine sull’argomento. Alla fine degli anni 1860 si ammalò di bronchite, che andò ad aggiungersi alla tubercolosi aggravando la sua salute. Ma non per questo smise di esplorare e studiare la natura. Morì il sei maggio 1862 lasciando in eredità un tesoro letterario per le generazioni presenti e future.
Secondo il Mahatma Gandhi e Martin Luther King, alla fonte di Disobbedienza civile, opera a cui si ispirarono anche loro, c’era l’autenticità della vita di Thoreau. La sua vita e la difesa della natura gli sono valsi il giusto appellativo di “padre dell’ambientalismo” che qualcuno ha voluto dargli. Oggi il significato profondo degli scritti e della vita di Thoreau ci spingono ad esplorare noi stessi, a capire il mondo che ci circonda, e a vivere una nostra vita di libertà.
Le nostre traduzioni sono finanziate interamente da donazioni. Se vi piacciono i nostri testi, siete invitati a contribuire. Trovate le istruzioni su come fare nella pagina Sostieni C4SS: https://c4ss.org/sostieni-c4ss.
Note
Nota del traduttore: le citazioni di Walden sono state prese da: Henry D. Thoreau, Walden, Vita nei boschi, BUR, edizione epub, 2012.
Questo saggio è un adattamento degli appunti di una conferenza di presentazione tenutasi presso l’Alternative Expo il 23 febbraio 2013 a Nashua, New Hampshire.
1. Thoreau, Henry David, Walking. The Atlantic, June 1862. http://www.theatlantic.com/magazine/archive/1862/06/walking/304674/ Thoreau, Walking – With Annotated Text. https://www.thoreau-online.org/walking.html
2. Thoreau, Henry David, Walden; Or, Life in the Woods, ed. Jonathan Levin. New York: Barnes and Noble Classics, 2003. 192.
3. Thoreau, Walking. https://www.thoreau-online.org/walking-page10.html
4. Thoreau, Walden, 286.
5. Thoreau, Walden, 85.
6. Gandhi, M. K. For Passive Resisters, Indian Opinion, 26 October 1907.
7. Thoreau, Walden 291-292
8. Thoreau, Civil Disobedience. Part 2 of 3. https://www.thoreau-online.org/civil-disobedience-page8.html
9. Thoreau, Walden, 158. “Non fui infastidito da nessun’altra persona se non dai rappresentanti dello Stato.”
10. Thoreau, Walden, 67.
11. Thoreau, Walden, 81,154. In Walking Thoreau parla della parola “saunterer” (vagabondo) e esamina ammirato la possibile etimologia.
12. Thoreau. Slavery in Massachusetts. https://www.thoreau-online.org/slavery-in-massachusetts.html
13. Thoreau, Civil Disobedience. https://www.thoreau-online.org/civil-disobedience-page2.html
14. Thoreau, Henry David, “A Plea For Captain John Brown.” https://www.famous-trials.com/johnbrown/618-thoreauplea
15. Thoreau, Walden, 55.
16. “Was Thoreau involved in the Underground Railroad?” The Writings of Henry D. Thoreau. About Thoreau: Frequently Asked Questions. http://thoreau.library.ucsb.edu/thoreau_faq.html
17. Thoreau, “Walking.” https://www.thoreau-online.org/walking-page2.html
18. Sappiamo che Étienne de la Boétie scrisse un Discorso sulla servitù involontaria, ma ci sono ragionevoli dubbi riguardo il fatto che sia proprio lui l’autore. http://aaeblog.com/2008/08/14/who-wrote-the-discourse-on-voluntary-servitude/
19. Thoreau, “Civil Disobedience.” Part 1 of 3. https://www.thoreau-online.org/civil-disobedience.html
20. Thoreau, “Civil Disobedience.” Part 3 of 3. https://www.thoreau-online.org/civil-disobedience-page12.html
21. Thoreau, “Civil Disobedience.” Part 1 of 3. https://www.thoreau-online.org/civil-disobedience.html
22. Sarebbe interessante studiare fino a che punto la lettura di filosofia cinese abbia influito sulla scelta della parole in Disobbedienza civile. L’espressione governo che non governa affatto ricorda i consigli di Laozi ai governanti affinché lascino che il popolo si governi da solo il più possibile. È possibile che Thoreau fosse a conoscenza degli scritti taoisti. Vedi Tao Te Ching, Chapter 57 (https://tao-in-you.com/lao-tzu-tao-te-ching-chapter-57) and David T.Y. Ch’en, “Thoreau and Taoism” (https://transcendentalism.tamu.edu/thoreau-and-taoism).
23. Thoreau, Slavery in Massachusetts. The Thoreau Reader. https://www.thoreau-online.org/slavery-in-massachusetts-page8.html
24. Thoreau, Henry David, “Life Without Principle.” The Thoreau Reader. https://www.thoreau-online.org/life-without-principle-page2.html
25. Thoreau, Walden, 28.
26. Thoreau, Walden, 187.
27. Thoreau, Walden, 30.
28. Thoreau, “Walking.” Part 1 of 3. https://www.thoreau-online.org/walking-page6.html. Nota: nella tradizione svedese esiste un concetto noto come allemansrätten, ovvero il diritto di tutti di passeggiare anche in terreni privati, con dei limiti intesi a evitare danneggiamenti.
29. Thoreau, Walden, 291.